48° Convegno Nazionale SEAC

Data: 01/12/15

Rivista: dicembre 2015

Il 6 e 7 novembre si è tenuto a Roma l’annuale Convegno Nazionale del SEAC, il Coordinamento degli Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario. I temi centrali di questa edizione sono stati il volontariato e gli Stati Generali sull’esecuzione delle pene, istituiti lo scorso maggio con una legge delega al Governo al fine di definire un nuovo modello di esecuzione penale, più dignitosa per chi è ristretto e per chi lavora in questo ambito.

A introdurre la prima sessione, svoltasi presso la Casa Circondariale di Regina Coeli, è stata la presidente del SEAC Luisa Prodi, che ha ricordato l’imminente chiusura degli Stati Generali al termine dei sei mesi di consultazioni.

Ospiti del Convegno alcuni dei più importanti esperti di diritto penitenziario del Paese, la maggior parte dei quali coinvolti attivamente all’interno dei 18 tavoli istituiti.

I temi scelti nascono da un’approfondita analisi delle criticità e delle possibili aree di intervento

individuate dagli addetti ai lavori.

Sei mesi di tempo, 18 temi da discutere e decine tra operatori e tecnici coinvolti per produrre importanti linee guida di una possibile riforma penitenziaria.

Argomenti sensibili che necessitano di profonde revisioni e aggiornamenti, dalla detenzione femminile a quella minorile, dall’architettura penitenziaria alla mediazione penale, fino all’affettività e alla responsabilizzazione del detenuto.

All’apertura dei lavori lo scorso maggio, il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva annunciato “Gli Stati Generali devono diventare l’occasione per mettere al centro del dibattito pubblico questo tema e le sue implicazioni, sia sul piano della sicurezza collettiva sia su quello della possibilità per chi ha sbagliato di reinserirsi positivamente nel contesto sociale, non commettendo nuovi reati.”

A 40 anni dall’entrata in vigore dell’Ordinamento Penitenziario è giusto chiedersi se una legge tanto avanzata quanto disattesa debba essere riscritta o se sia sufficiente applicare nella prassi ciò che per molto tempo è rimasto solo sulla carta.

Negli ultimi anni la situazione delle carceri ha registrato miglioramenti positivi, dovuti purtroppo quasi esclusivamente a misure straordinarie di emergenza emanate per far fronte alle gravissime condizioni in cui versavano i detenuti. Il raggiungimento delle 70 mila unità a fronte di una capacità di accoglimento di poco superiore ai 50, e la condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno obbligato le istituzioni ad arginare le falle del sistema, favorendo misure volte a diminuire e abbreviare la carcerazione, rientrando così temporaneamente nella legalità.

Ma rientrata un’emergenza non si può attendere la prossima per portare avanti il necessario processo di riforma. Dalle parole di molti relatori presenti al Convegno del SEAC, coinvolti anche nei 18 tavoli degli Stati Generali, si percepiva un velato senso di sfiducia, giustificato dalle tante iniziative di simile portata proposte negli ultimi anni, mai convertite in legge dal Governo.

Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti e neo eletta presidente della Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, pur sottolineando l’importanza di una consultazione di ampia portata come quella svolta negli ultimi mesi, ha espresso il suo scetticismo riguardo al rischio che i risultati di tanto lavoro finiscano per restare inapplicati.

Alcune critiche hanno riguardato invece il mancato coinvolgimento nei tavoli di figure chiave del sistema penitenziario, quali gli assistenti sociali e i detenuti stessi, diretti interessati nonché nucleo centrale di questo sistema.

Ornella Favero ha anche voluto rispondere al Ministro Orlando, che si auspicava un dibattito che coinvolgesse l’intera opinione pubblica, dichiarando: “Il dibattito non può aprirsi semplicemente mandando gli esperti a parlare “in giro per la società”. Anche su questo terreno il Volontariato può dire delle parole nuove, dal momento che tante associazioni ogni anno, nel progetto A scuola di libertà, incontrano in carcere e nelle scuole migliaia di studenti, e organizzano un lavoro di sensibilizzazione sulle pene e sul carcere nelle università, nei quartieri, nelle parrocchie.

Attraverso queste esperienze hanno imparato a parlare “alla testa e al cuore” dei cittadini, anche in tempi in cui la paura rende tutto più drammaticamente complicato”.

 

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