Riproponiamo questa allarmante news letter inviata alla nostra redazione dall’Associazione Tremembè. L’Acre, la regione più occidentale ed elevata dell’Amazzonia sita tra Perú e Bolivia, è in fiamme. La foresta amazzonica, il polmone del mondo, sta bruciando. La situazione è terribile, e non solo per gli incendi. Di fronte ad un silenzio generalizzato ed agghiacciante da parte dei più potenti mass-media, ci sentiamo particolarmente in dovere di contribuire alla divulgazione di una notizia che dovrebbe interessare e preoccupare tutta l’umanità.
“Da lunedì qui in Acre, gli occhi ardono, i bambini svengono e le scuole chiudono. L’Amazzonia è in fiamme”. Padre Massimo vive a Rio Branco, capitale dello stato amazzonico dell’Acre, da più di 25 anni ed è ormai abituato ad assistere a incendi improvvisi che pian piano si mangiano, ettaro dopo ettaro, il polmone verde dell’intero pianeta. Sin da subito, ha assistito alla fuga di intere famiglie,scacciate dalle fiamme che i grandi proprietari appiccano per crearsi spazi adatti al pascolo, all’allevamento di vacche. Ed è proprio in mezzo a quella gente spaventata e senza più un passato che il missionario lucchese ha creato il suo centro parrocchiale. Da allora lavora ogni giorno per loro, con loro. E a salvaguardia della foresta. Ma oggi il suo grido si fa ancora più forte.
Il peccato capitale. “Da giorni il polmone del mondo sta letteralmente asfissiando e si contano già le prime vittime: un centinaio di bambini – racconta il missionario. Le autorità non riescono più a debellare le fiamme. È un disastro. Neppure i piccoli agricoltori sanno controllare le fiamme che arrivano a distruggere le piantagioni di banane, caffé, riso, fagioli, arance, pascoli e addirittura le loro case. Lunedì, la Segreteria della Sanità della Stato ha chiesto a tutte le parrocchie di collaborare a una campagna d’emergenza contro il Rotavirus, la peggiore delle conseguenze della siccità, del fumo e della polvere, che minaccia bambini, adulti e anziani in situazione di scarsa alimentazione e igiene. Ogni giorno mille bambini sono portati al pronto soccorso per diarrea, vomito e febbre, che portano disidratazione e quindi morte. Le strutture sanitarie stanno rivelando la loro debolezza: infrastrutture fragili, incompetenza degli infermieri e poca assistenza per i più poveri.
Sono già morte decine di bambini e tutti appartenevano a famiglie indigenti – sottolinea padre Massimo. L’umidità relativa dell’aria si è abbassata troppo e respirare sta diventando impossibile. Il calore è infernale. Tutto intorno è fumo, denso e intenso. Qualcuno gira con le mascherine bianche per tentare di difendere le vie respiratorie. Gli aerei non decollano né atterrano da tre giorni per la visibilità inferiore ai 300 metri, nonostante i radar, quindi gli aeroporti sono chiusi. Nella zona rurale, sono state distrutte dal fuoco incontrollato una cinquantina di piantagioni, una dopo l’altra. È stato chiamato l’esercito per controllare l’incontrollabile. Gli agricoltori a turno si stanno organizzando per vigilare. Anche gli allevatori di bestiame si disperano, assistendo inermi alla morte di vacche e vitellini. A fuoco lento. Ma senza confessare però il loro peccato capitale contro la natura, che da decenni stanno distruggendo impunemente”. È emergenza. L’Acre ha decretato lo Stato di emergenza che gli da’ il diritto di chiedere al governo di Brasilia aiuti economici, rinforzi, medicinali, medici e infermieri,e pene più rigide per chi accende fuochi. “Anche la nostra parrocchia è in allarme e stiamo lavorando giorno e notte. I settanta responsabili della Pastorale del Bambino stanno visitando casa per casa ogni famiglia, in modo da dare loro le informazioni di base, semplici ma efficaci per arginare l’emergenza – riprende il parroco. I nostri inviati insegnano loro come rendere potabile l’acqua esponendola al sole in bottiglie di plastica; come lavare bene le mani e pulirsi le unghie per garantire l’igiene; come preparare in casa la soluzione fisiologica per bloccare i primi sintomi della diarrea e suggeriscono a ogni genitore di portare il bambino al Pronto Soccorso sin dai primi sintomi di aggravamento. Si cerca di impartire loro anche raccomandazioni alimentari, ma la situazione è disperata: in alcuni quartieri più della metà dei bambini è sottoalimentata”. Sempre peggio. “La pioggia è prevista solo tra una ventina di giorni, a meno che una processione con potenti preghiere non cambi il meteo. Avremo tutto il tempo per ripensare la nostra educazione ambientale, la nostra politica forestale e la nostra responsabilità globale. Ma come è difficile senza l’onda di Chico Mendes, svegliare le coscienze addormentate del Pianeta Terra. Purtroppo oggi non esistono più quei grandi movimenti che richiamavano l’attenzione del mondo, con discorsi e articoli veementi di politici ecologisti, che decretano norme per difendere l’Amazzonia dalla distruzione a garanzia del futuro dell’umanità. Per ironia del destino la situazione si aggrava sempre di più. La distruzione della foresta registrata da foto di satelliti è grandiosa e le fiamme bruciano alberi secolari in centinaia di migliaia di incendi in tutto il territorio amazzonico. Soltanto in Acre sono diecimila gli incendi registrati. Intere città spariscono dietro al fumo nero, favorito dalla siccità e dall’egoismo insano dell’uomo”. Eppure, per la legge sarebbe proibito abbattere anche un solo albero per almeno i prossimi due lustri e si dovrebbe invece imporre l’impianto di un milione di alberi, distrutti negli ultimi trenta anni. Come se non bastasse. L’Acre è la parte più occidentale ed elevata dell’Amazzonia, tra il Perù e la Bolivia. Il suo territorio è solcato dall’alto corso di alcuni fiumi del bacino del Rio delle Amazzoni ed è ricoperto da estese foreste ricche di arbusti pregiati, tra cui l’albero della gomma. La popolazione, in maggioranza amerinda, vive prevalentemente ammassata nelle periferie delle città o lungo il corso dei fiumi. Il centro urbano di Rio Branco ha strade asfaltate e servizi funzionanti, ma come ci allontaniamo di qualche centinaio di metri, possiamo trovare un contesto sociale molto più precario, con baracche e pessime condizioni igieniche. Per la vicinanza alla Bolivia e al Perù, Rio Branco è la porta di ingresso della droga in Brasile, con tutte le conseguenze che questo può comportare: è molto comune l’alcolismo, il traffico di droga, la prostituzione, la disoccupazione e l’instabilità delle famiglie. A questo quadro già precario si aggiungano gli incendi. E il dramma è servito.»
da “Peacereporter” 23.9.2005