Quest’anno si è rinnovata la partecipazione al Trentino Book Festival di Apas, Associazione Provinciale di Aiuto Sociale, che ha allestito nel centro di Caldonazzo la “cella in piazza”, struttura itinerante realizzata dall’Associazione La Fraternità per sensibilizzare le persone sul tema della detenzione.
Ospite d’eccezione il senatore Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, invitato a presentare il suo ultimo libro “Abolire il carcere – una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini”. Quella che potrebbe sembrare una provocazione è invero un’analisi accurata e minuziosa delle maggiori criticità che permeano l’attuale sistema sanzionatorio italiano, proponendo un graduale abbandono della detenzione come principale risposta al reato.
Assieme a Valentina Calderone, direttrice di A Buon Diritto, Manconi ha spiegato ai presenti quanto dannoso e controproducente possa essere oggi la privazione della libertà personale; in più di 50.000 affollano le case circondariali e di reclusione, costretti a condividere spazi angusti con persone di culture diverse e che hanno commesso i reati più disparati.
Chi entra in contatto con questa realtà, soprattutto se per una pena di breve o brevissima durata, resta segnato dall’ambiente, dai ritmi serrati e inflessibili e dalla convivenza con criminali di ogni tipo. Manconi definisce questa situazione la “cosizzazione” del detenuto, privato non solo della libertà, ma anche dell’autonomia e dell’indipendenza, costretto a sottostare a regole rigide che scandiscono la vita in carcere, e a doversi rivolgere agli agenti per qualsiasi necessità.
Grazie alla collaborazione di Apas e dell’Associazione “La Fraternità”, durante i tre giorni della rassegna letteraria, in molti hanno avuto l’occasione di mettere piede nella realtà quotidiana di migliaia di reclusi, che ogni giorno si svegliano, mangiano, si lavano e convivono in quei 3 metri per 4. La cella, riproduzione fedele della Casa Circondariale di Montorio (VR), realizzata dai volontari e da alcuni detenuti, consiste in una struttura di appena che rappresenta lo spazio in cui sono costrette a vivere quattro persone. Due letti a castello, quattro sedie, dei piccoli armadi dove custodire quei pochi vestiti e oggetti personali consentiti, un bagno/cucina.
In poco più di un metro quadro si trovano la doccia, il wc o la turca, un piano dove poter cucinare sul fornelletto e un lavandino.
Durante la presentazione del suo libro, l’On. Luigi Manconi ha invitato più volte i presenti ad entrare anche solo per un istante nella cella in piazza, per rendersi conto davvero di che cosa significhi scontare una pena privativa della libertà in queste condizioni, che definisce senza mezzi termini disumane.
Basta un passo all’interno e ci si rende conto immediatamente dell’innaturale ristrettezza in cui sono costrette a convivere le persone negli Istituti di pena, sempre che non venga raggiunta e superata la capienza massima, perché in tal caso gli spazi si riducono ulteriormente, e i detenuti vengono letteralmente ammassati in stanze non atte ad accoglierli.
L’idea di portare uno scorcio di carcere nelle piazze italiane per far conoscere questa realtà permette di compiere un’opera di sensibilizzazione di grande impatto, in quanto ci mette di fronte qualcosa che solitamente è nascosto da alte mura di cinta, quindi difficilmente conoscibile dal mondo esterno.
Il Senatore Manconi sostiene non solo la scarsa utilità del carcere come pena, ma soprattutto il suo essere uno strumento controproducente e dannoso, per chi è costretto a viverlo e per la società intera. La proposta non è certo quella di chiudere gli istituti di pena da un giorno all’altro, bensì di spostare gradualmente l’attenzione e le risorse verso pene alternative, più costruttive e sicuramente più in grado di rispondere alle esigenze rieducative cui la privazione della libertà non ha saputo far fronte.