Accettare i limiti per superare le barriere

Non è un tempo semplice per parlare di abbattimento di muri, confini, ostacoli per una migliore convivenza umana. Tutto sembra dire il contrario. Eppure la nostra società, il nostro benessere, forse la nostra stessa vita dipendono dalla capacità di aprirsi agli altri. A livello esistenziale, come vorremmo comportarci di fronte al futuro, alle nuove generazioni? Che cosa vorremmo trasmettere? L’opposto di una certa mentalità contemporanea che oggi sembra vincente. Vorremmo insegnare la solidarietà e l’accoglienza; l’uguaglianza e la dignità per tutti; la partecipazione e l’impegno. Vorremmo sognare una vita in grado di avere tante relazioni costruttive, a prescindere dalle condizioni della persona che abbiamo davanti. Nessuno è così povero da non poter dare nulla, nessuno è così ricco da bastare a se stesso. Non è buonismo.

Molte barriere ce le costruiamo noi, pensando di essere realisti. Pensando che gli altri siano quasi sempre nemici, pensando che per difendersi occorra affidarsi agli eserciti o alle polizie. Pensando che la realtà è questa: i forti (meglio, i violenti) prevalgono, i deboli soccombono. Le barriere devono rimanere, perché in fondo è impossibile cambiare qualcosa.

Chi frequenta il mondo della disabilità (utilizziamo qualsiasi altra parola, ma ci riferiamo alla stessa cosa) sa benissimo che la realtà è diversa da quella che appare. La conosce più in profondità. Riesce ad andare oltre le barriere dell’apparenza, le gerarchie consolidate. Perché sa che oltre le difficoltà, oltre la sofferenza, ci sono persone desiderose di dare qualcosa al prossimo, alla comunità. Di dare quel poco che hanno. E che di colpo, improvvisamente, diventa tanto, tantissimo.

Un tempo i disabili venivano tenuti chiusi in casa. Anche esteticamente era meglio non vederli. Il progresso civile della società ha accompagnato “l’uscita” dei disabili dall’ambiente asfittico che prometteva di proteggerli. Il cammino compiuto verso una possibile piena cittadinanza dei disabili dimostra che è possibile superare ogni tipo di ostacolo.

Ma ci vuole prima un passo interiore. La consapevolezza di essere uomini implica necessariamente l’accettazione dei propri limiti. Fin dalla nascita, fin dal sorgere della nostra esistenza, dipendiamo da qualcuno. Nessuno è un’isola. Nessuno può rivendicare una libertà assoluta. Siamo limitati. Questo è il vero realismo: pensare che soltanto in compagnia degli altri possiamo diventare noi stessi. In questo sta il primo, inevitabile, superamento della barriera mentale che ci fa credere di poter essere soli al mondo. Accettare il limite della nostra costitutiva incompletezza è la condizione per rompere il guscio che ci tiene prigionieri. Per vivere dobbiamo uscire, scavalcare appunto le barriere. Aiutare gli altri a farlo insieme a noi.

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