Per tirarsi su, come si suole dire, una costola (per far soldi insomma…) l’associazione Prodigio aveva contattato Pierangelo Bertoli per un concerto a Trento: lui aveva accettato senza indugio ed a gennaio scorso eccolo all’auditorium. Poco prima dell’esibizione avevamo chiesto al suo entourage un incontro con il cantautore, richiesta peraltro immediatamente accolta.
All’ora fissata eccoci lì puntuali. Lui ci stava aspettando sul palco ma per una questioni di scalini (incredibile no?) invece di spostarci per l’intervista in camerino, avevamo dovuto ripiegare in uno spazio angusto e gelido (era gennaio…) dietro l’entrata degli artisti. Dopo le presentazioni, chiacchiere in libertà per un’ora: ne era venuta fuori un’intervista in cui Pierangelo, reso ancor più simpatico da una parlata dal forte accento emiliano, aveva parlato di tutto mentre si infilava in bocca una sigaretta dietro l’altra.
Naturalmente non potevamo partire che dal handicap in generale sul superamento del quale aveva delle idee precise, a volte forse fin troppo estreme ma tant’è… lui sapeva difenderle molto bene… Era piuttosto pessimista sulla qualità del mondo d’oggi, detestava i compromessi (da qui il suo farsi largo a “muso duro”) e rimproverava ai giovani la mancanza di valori anche se ci teneva a ricordare che il futuro non può essere costruito che da loro, generazione dopo generazione.
Finita la chiacchierata, si era spinto verso il palco con la sua carrozzina per regalare ai mille del S. Chiara un concerto davvero emozionante andato avanti per quasi tre ore tra canzoni, musica, aneddoti e applausi.
A fine spettacolo, incontrandoci per i saluti, aveva ammesso di essere rimasto meravigliato dall’accoglienza ricevuta dal pubblico e di essersi commosso per la partecipazione con cui accompagnava ogni pezzo. Avevamo “approfittato” di questo suo attimo di debolezza per farci promettere un suo “bis” a Trento: siamo certi che avrebbe mantenuto il proposito…
Ricorda Pino che l’aveva contattato per il concerto: Lo avevamo chiamato a Trento per sensibilizzare la comunità sulla reale possibilità di superare le barriere fisiche e psicologiche che le disabilità creano. Lui aveva accettato senza indugio anche per la grande voglia di continuare a salire sul palco “i concerti mi danno sempre qualcosa di unico, con la musica che diventa un tramite per arrivare al cuore della gente”.
Ero stato a casa sua lo scorso anno e da allora ci eravamo sentiti diverse volte. Quest’estate mi aveva detto che stava bene ma evidentemente non era così. Ora ci mancheranno soprattutto le sue canzoni, ma anche il suo forte impegno in favore dei disabili. Quel cantautore sul palco, con la sua carrozzella, a causa di una paralisi causata dalla poliomielite, era diventato un simbolo per molti, anche grazie a canzoni di rabbia e di amore come la splendida «Eppure Soffia» e «Pescatore».
Il suo scontro con ogni forma di disagio e di ogni ipocrisia o negligenza con cui esso viene affrontato, era di lunga data e lo aveva portato ad un intransigente e ben dichiarato impegno politico. Prima di venire a Trento infatti, aveva cantato il 10 novembre 2001 per i detenuti del carcere di Sant’Anna a Modena.
Pierangelo in verità, non ha mai ottenuto i riconoscimenti che il suo coraggio e il suo talento meritavano. Entrato a pieno diritto a far parte di quella scuola emiliana che da Lucio Dalla a Gianni Morandi attraverso Francesco Guccini, Vasco Rossi arriva fino a Ligabue e ai gruppi del nuovo rock.
Breve biografia
Nato nel 1942, a Sassuolo (Modena) aveva cominciato ad impegnarsi attivamente nel sociale prima ancora che nella musica. Costretto su una sedia a rotelle, era stato portato alla ribalta nazionale da Francesco Guccini, suo amico da sempre. Il suo esordio ufficiale risale al ‘76 con un album dichiaratamente polemico intitolato «Eppure soffia». Negli anni ’80 il suo momento di maggior popolarità grazie ad alcuni dei pezzi più conosciuti come «Pescatore».
Ha pubblicato anche un album antologico in cui tra l´altro rende omaggio a colleghi come Paolo Conte e Fabrizio De Andrè.
Alla fine degli anni ’80 incontra Ligabue (lo scorso novembre a Trento) del quale inserisce nella sua raccolta «Tra me e me» un pezzo «Sogni di rock and roll» che ne segnerà il lancio.
Probabilmente la sua scelta più sorprendente è stata quella di partecipare al Festival di Sanremo, lui sulla sedia a rotelle ed impegnato a sinistra quando non era comodo esserlo, sul palco che rappresenta da sempre «la tradizione». Eppure, insieme ai Tazenda, pescò nel suo repertorio uno dei suoi maggiori successi, «Spunta la luna dal monte».
Testimonia della sua popolarità il gran numero di e-mail ricevute da pro.di.gio. (vedi quella riportata a fondo pagina) con richiesta di informazioni su dischi, in particolare “Roca Blues” e concerti futuri. Ricordiamo anche «Eppure soffia», «Sera di Gallipoli» e «Per dirti t´amo» (1976), «A muso duro» (1979), «Maddalena» (1984), «Una strada» (1989), «Spunta la luna dal monte» (presentata al Festival di Sanremo del 1991 insieme al gruppo sardo Tazenda).
La sua fine è giunta improvvisa ed inattesa nel Policlinico dove era ricoverato da una settimana ed in cui era già sottoposto ad un periodo di cure pochi mesi fa.
Viveva a Sassuolo con la moglie Bruna e i tre figli, Emiliano di 22 anni, Alberto di 21, anche lui cantante e Petra di 16, alla cui nascita aveva dedicato una canzone col suo nome. Era molto legato alla sua terra (il fratello gestisce un ristorante a Sestola, nota stazione turistica dell’Appennino) e spesso ai concerti amava cantare in dialetto “sassuolese”.
Un mese è trascorso dalla morte: privo di ricordi di chi il medesimo mestiere pratica. Cantautore indocile, voce poderosa ed irritata, carattere irritante.
Attualità di pensiero, valore e monito di libere opinioni. Sapeva bene che lequità e la giustizia non devono essere esclusiva di pochi, che leconomia presenta dei vantaggi sebbene in materia la vedesse in termini di critica combattiva.
Tante idee, ognuna con i suoi pregi e i suoi difetti, in grado comunque di evitare il confortevole qualunquismo, la supina accettazione di posizioni di potere.
La tecnologia lascia tracce di suoni e parole: per scombinare lacquisito, senza forzosamente doversi subordinare alle trappole di luce, alla vanità, al varietà ed alla pochezza dei Gianni Morandi…
Alberto Castoldi – Trento