Adozione: istituto giuridico o atto di amore? Strumento che permette ad una coppia di completarsi oppure iter complesso? Affrontando un tema così delicato questi, e molti altri, sono gli aspetti da tenere in considerazione. Dal punto di vista giuridico la normativa in proposito è stata affinata notevolmente negli ultimi vent’anni, mettendo in primo piano il diritto alla famiglia di ciascun bambino. La Convenzione de l’Aja, siglata il 29 maggio 1993, rappresenta in tal senso uno spartiacque fondamentale in materia di adozione, con riferimento particolare a quella internazionale; costituisce infatti la base istitutiva sulla quale si fonda il corpus normativo in materia di adozione e cooperazione internazionale, volto a tutelare in primis i diritti del minore, riconoscendoli come superiori, e anche quelli della famiglia adottante.
Nel medesimo lasso di tempo ci sono stati cambiamenti significativi a livello sociale talmente profondi da mettere in discussione il concetto tradizionale di famiglia. Il dibattito concernente la stessa e le tematiche ad essa connesse è sempre aperto, molto spesso acceso; ci si interroga su quale possa essere innanzi tutto una definizione attuale del nucleo famigliare. Tale problematica si è inserita anche in ambito di adozioni in quanto si è presentata, ed è tutt’ora in discussione anche in Italia, la richiesta di coppie conviventi, eterosessuali ed omosessuali, di adottare un bambino. In altri paesi la questione è già stata affrontata e, in alcuni, risolta.
Molte sono le preoccupazioni e i timori che spesso provano le coppie che intraprendono questo percorso per diventare genitori. Possono sussistere per il soggetto adottato delle difficoltà di inserimento nel nuovo contesto sociale e famigliare, indipendentemente da quanto questo sia valido, soprattutto se si tratta di un bambino in età scolare con una già formata cognizione del proprio ambiente di origine. Un’altra paura ricorrente dei potenziali genitori potrebbe essere quella di riuscire ad incidere meno nel processo formativo del proprio figlio adottivo rispetto a quello di uno naturale, dovendo confrontarsi con un background pregresso comunque imprescindibile. Preoccupazioni del tutto legittime vista la portata di una scelta di questo tipo. Tuttavia ciò non deve scoraggiare dal sostenerla poiché, una volta ponderata, ha il fine nobile di dare una famiglia ad un bambino già esistente, con tutto ciò che questo comporta: amore, educazione, istruzione, possibilità di sviluppo completo del soggetto in questione. Inoltre il rapporto tra genitori e figli, uno dei più importanti nella vita di ognuno, non si esaurisce ovviamente analizzando parametri ereditari. Non solo: non ci sarebbero evidenze scientifiche volte ad attestare la trasmissione genetica dei caratteri comportamentali, come testimoniano le dichiarazioni del Prof. Renato Dulbecco, Premio Nobel per la medicina nel 1975. Ricercatore eccelso in microbiologia recentemente scomparso, durante un’intervista rilasciata a Corrado Guzzanti sosteneva: “Non esiste una trasmissione di caratteri comportamentali. Non nego che possa passare qualche frammento genetico. Ma diversamente da quel che si crede sono briciole. […] Se Bach avesse adottato un trovatello questi avrebbe potuto sviluppare una musicalità nettamente superiore alla media.”
La nascita di un bambino è sempre un evento lieto, o così dovrebbe essere. Rispetto ad altre strade percorribili per diventare genitori l’adozione annovera un plusvalore, quello di regalare una chance ad un minore in difficoltà che a sua volta donerà la propria infanzia e oltre ad una coppia, facendo di questa due genitori. In tal senso può essere letta, e soprattutto vissuta, come opportunità di fare coesistere due diritti fondamentali: quello di due persone che si amano ad avere un figlio e quello di un bambino ad avere una famiglia che si prenda cura di lui.