Alan Cattin Cosso

Data: 01/04/17

Rivista: aprile 2017

Categoria:Interviste

Ciao Alan, mi piacerebbe iniziare questa intervista con una tua frase guida, che ci aiuti meglio a introdurre chi sei e dove stai andando..

Ciao Lorenzo, la mia frase guida è questa:“Un giorno finirà, succede a tutti, ma non ho più voglia di sprecare i miei giorni ad aver paura di questo. Una volta vivevo passivamente, ora voglio disegnare il mio cammino con un incredibile arcobaleno di colori e di esperienze”.

“La vita è bella, una gran avventura. C’è chi è fortunato e chi no, e chi cerca la fortuna nella sfortuna. Io ero un ragazzino spaventato dalla vita. I medici avevano detto ai miei genitori che difficilmente avrei superato i 14 anni, invece per un motivo che ancora non riesco a spiegarmi ne ho 33 e ho fatto e continuerò a fare cose di cui ogni giorno mi stupisco.

Tu mi hai detto senza timore che la malattia è certamente ancora parte di te, e a chi afferma che tu voglia usarla come scusa, cosa ti senti di rispondere?

Una malattia può essere vista come una condizione di disagio, di difficoltà, essa sia organica o psicologica, comunque, manifesta una condizione per la quale bisogna sempre fare i conti con se stessi.
C’è chi la affronta partendo già sconfitto, attribuendosi deficit verso chi è “apparentemente sano”, e chi, come me, talvolta ne fa una forza e la “strumentalizza” come oggetto di riconquista di se stesso e di tutto ciò che avrebbe voluto fare, ma non ha potuto farlo.

Mi hanno insegnato i dottori a essere sempre consapevole del mio stato di salute, mi hanno fortemente sensibilizzato nell’adottare comportamenti consapevoli verso la mia malattia, ad esempio il prendere il farmaco immunosopressore ogni 12 ore esatte, cercando di non sgarrare.
Sono piccole regole che dopo un po’ diventano la tua quotidianità, come il lavarsi i denti o chiedere “per favore”.

Ci sono persone sane o meno, che giudicano senza pensare o sapere cosa può esserci dietro ad una condizione di malattia cronica, non mi sono mai considerato una persona migliore o peggiore di nessun altro, io vivo le mie difficoltà e cerco di affrontarle da solo, questo può sembrare un po’ egoistico a volte, ma sono cresciuto così e non mi sembra di aver mai anteposto la mia malattia, semmai ho anteposto le mie paure.

Qual’è la tua filosofia nel superamento del limite? E cosa hai maturato intraprendendo questa sfida che pare essere prima di tutto con te stesso?

E’ scorretto rispondere ad una domanda con un altra domanda, ma credo che sia necessario capire una cosa prima di parlare di “limiti”. Cos’è un limite?

Io credo che la mia definizione di limite sia quel momento in cui abbandono una condizione mentale vecchia, per entrare in una nuova, una condizione in cui il mio atteggiamento cambia, non è più protettivo verso me e le mie paure, ma costruttivo verso quello che per me è inesplorato, il tutto ovviamente fatto con consapevolezza.
Quando supero il mio limite mi sento orgoglioso, felice, Vivo, perché ho dato prova a me stesso che le cose in cui credevo, le ho superate.
Superare il mio limite è dare una riprova a me stesso che tutto è possibile, se lo si vuole davvero.
Vivo la mia vita, con me stesso, e la persona con la quale passo più tempo sono io, per tanto io ho bisogno di sfidarmi, di autoconvincermi ogni giorno che la malattia è uno stato mentale.
Il mio limite 8 anni fa era camminare per più di un ora in montagna, ora lo è per più di 20 ore, prima del trapianto il mio limite, era fare le scale di casa mia dopo una seduta di dialisi senza avere il fiatone.

Mi dicevi che sei una persona che quando si appassiona di una cosa, vi si immerge completamente, in cosa sei concentrato in questo momento?

La passione è amore, se è vero amore, cosa non si farebbe per esso?
In questo momento della mia vita io sono totalmente innamorato della montagna in tutte le sue sfaccettature, se potessi ci passerei tutti i giorni a camminare su e giù, sfidare creste e ghiacciai, correre in mezzo ai boschi e perdermi nei suoi tramonti.

In questi ultimi anni mi sono un po’ allontanato dall’idea di montagna che avevo, un po’ trascurandola, mi ero spostato verso una visione più atletica e “prestazionale”, ma per fortuna crescendo e maturando, sto cercando di ritrovare un po’ quella vena poetica che mi riporta verso una montagna più statica, fatta si di imprese ma più atta a conquistare una cima che a correre per km guardando “per terra”.

Andare per montagna è una passione che inizi a maturare dopo il trapianto e a 26 anni, dalle tue parole e dai tuoi occhi sa di un amore a prima vista, cosa rappresenta oggi per te e quale esperienza più delle altre ti è rimasta nel cuore?

“L’andar per monti”, mi ha fatto diventare una persona nuova, con meno paura, con più consapevolezza di me stesso.

Riconosco che ci sia ancora molto da lavorare, ma in questo momento mi godo il presente.
E’ come un fulmine a ciel sereno, lo si ripropone tutte le volte che indosso un paio di scarpe da trail running o un paio di scarponi da alpinismo o scialpinismo.

E’ una sensazione viscerale ed è difficile per me farne a meno, se non posso andare mi incanto a guardarla o a seguire le gesta di chi in quel momento lo sta facendo al posto mio.

In questa storia d amore che sto vivendo è difficile poter selezionare un solo episodio in particolare accaduto in montagna.
Probabilmente perché più recente e perché sa più da impresa alpinistica vera e propria, la scalata alla Cima Tosa dal Canalone Neri effettuata quest’anno il 26 dicembre è e rimarrà come una delle ascensioni più belle fatte finora, ma non escludo che ce ne siano altre, tante altre.
Quest’anno ho anche percorso la traversata integrale del gruppo del Lagorai, “Translagorai”, la catena montuosa che più amo in Trentino e che posso dire sia quella che ho percorso di più in tutti questi anni.

La tua voglia di vivere la montagna è bene rappresentata nel tuo forum ricco di belle immagini e storie di montagna. Hai in mente qualche progetto per il futuro?

Non vorrei che fosse una frase retorica, ma sono un convinto sostenitore del fatto che quando sei in montagna “diventi un altra persona”, e questo lo posso sentire personalmente sulla mia pelle.

Il mio blog è semplicemente il risultato di tutte le emozioni che provo in montagna, ovviamente non scrivo un diario, ma ne descrivo diciamo le esperienze più importanti e significative per me.
Si può anche dire che è uno strumento che mi serve per raccontare le mie emozioni e a tenerle bene impresse, nel caso un giorno avessi voglia di farmi una bella ubriacata di ricordi.
Qualche progetto in futuro lo ho in mente, ho talmente tanta voglia di fare in montagna che ho l’imbarazzo della scelta sulle conquiste che vorrei portare a termine, quest’anno vorrei tornare in alta quota, magari cercando di tornare sopra i 4000m, ma ho anche progetti di trekking o diciamo corse di più giorni, sempre e solamente in solitaria o massimo in 2 persone.

Come tradizione quest’ultima domanda è libera, la puoi dedicare ad una riflessione personale, un pensiero che senti di condividere o un messaggio che vorresti trasmettere.

Io, come tanti, vivo quotidianamente una vita molto frenetica, spesso non ho il tempo di fermarmi e osservare i piccoli dettagli delle cose, sono sempre alla ricerca di qualcosa, come se non fossi mai contento di quello che ho e di quello che ho avuto finora.

Sento un gran traffico nella mia testa e questo a volte confonde le mie idee sulle cose e sulle persone, a volte avendo davvero difficoltà a capire chi si accorge di me in modo positivo e chi invece lo fa in modo negativo.
Credo che ora sia giunto il momento di fermarsi un po’, di godere di ciò che si ha, sopratutto cercando di trasmettere il proprio io agli altri, senza avere paura.
Sono sempre stato un gran acerrimo nemico di me stesso, per convinzioni mie magari ereditate dai famigliari o da esempi sbagliati conosciuti durante la mia crescita adolescenziale.
Cerco di non farmi influenzare dal passato anche se so che è difficile, tenendo sempre lo sguardo verso il presente e godendomi quel che ho in questo momento.

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