Alcuni risultati della ricerca medico-scientifica, ottobre 2003

Data: 01/10/03

Rivista: ottobre 2003

Stati Uniti, dipendenze

Lo stress può spingere alla tossicodipendenza anzi, secondo una ricerca americana portata a termine dal neurofisiologo italiano Antonello Bonci, esiste un legame diretto: sulla rivista Neuron lo studioso ha mostrato il meccanismo neurologico che spinge chi è, oppure si sente, sotto stress a cercare sollievo nell’alcol o nella droga ed i meccanismi per cui poi continua a farlo, senza riuscire a smettere. Si instaura, infatti, una memoria cellulare, che lancia continui inviti allo stordimento. Lo stress usa una specie di corsia preferenziale, per arrivare a stimolare una specifica area del cervello, la cui attività è legata ai comportamenti di dipendenza, le caratteristiche dell’area in questione sono note ma solo ora si è capito come viene attivata.
Bonci fa un esempio: “La cocaina dopo un’unica interazione lascia una memoria di una settimana in queste cellule. Il particolare è cruciale perché ci dice che anche a livello cellulare la memoria può durare nel tempo. Non deve pertanto stupire se chi ha reagito allo stress cercando sollievo con qualche sostanza, torna a farlo rispondendo agli inviti lanciati dalle cellule Vat, anche una volta superato lo stato di stress.”

Parigi, AIDS

Messo a punto un farmaco efficace contro il virus dell’Aidse tollerabile per l’organismo umano. Secondo due serie di test clinici, sperimentati per periodi di 24 e 48 settimane, il farmaco appartenente alla famiglia degli inibitori della fusione (già noto come T-20) riesce a contenere la presenza del virus nel sangue a livelli non rilevabili. L’efficacia del medicinale era nota finora solo per il breve termine ma ora è dimostrata la sua capacità di tenere a bada sistematicamente il virus anche per un periodo di almeno un anno.

Philadelphia, sbadigli

E l’empatia a non farci resistere a sbadigliare quando vediamo qualcuno farlo. Lo psicologo Steven Platek della Drexel University (USA) spiega sulla rivista Cognitive Brain Research, che immedesimarsi in maniera inconscia nell’altra persona, quindi imitare l’altro, è il risultato della capacità di identificarsi nel suo stato mentale. Platek hastudiato lo sbadiglio reclutando un gruppo di individui cui ha fatto guardare una serie di video mostranti persone nell’atto di sbadigliare. In breve tempo, dal 40 al 60% dei soggetti al test non resistono e cominciano a sbadigliare a loro volta. Coloro che sono immuni al contagio sonoindividui con scarsa capacità di mettersi nei panni altrui, individui privi della caratteristica umana di mostrare empatia per il prossimo.
Per Ronald Baenninger, altro esperto di ricerche sugli sbadigli, i risultati della ricerca trovano una spiegazione dal punto di vista evolutivo: lo sbadiglio può infattiaver aiutato i nostri antenati a coordinare i periodi di attività e di riposo. È importante che tutti i membri di un gruppo – sostiene lo studioso- siano pronti a fare la stessa cosa in maniera contemporanea.
Nemmeno questa ricerca però è riuscita a chiarire del tutto le cause dellosbadiglio. Baenninger ritiene più verosimile pensare ad esso come ad un atto involontario volto a mantenere sveglio il cervello.Lo conferma il fatto che si sbadigliaquando si lottacontro il sonno o quando dobbiamo continuare a svolgere un’attività.

Leida: Uomo-mucca e topo col mal di testa

Panayiotis Zavos esperto cipriota di clonazione operante negli Usa è riuscito a creare embrioni ibridi di uomo e mucca che “avrebbero potuto essere impiantati” nelle tube di una donna. Il ricercatore sostiene che mai avrebbe avuto l’intenzione di impiantare quell’embrione su un utero umano. Creare questi ibridi è servito solamente a perfezionare le tecniche per la clonazione umana. Gli embrioni, sostiene Zavos, si sono divisi in diverse centinaia di cellule e sembrano aver sviluppato un DNA normale. Hanno quindi superato la fase iniziale della differenziazione, quando cioè le cellule mostrano i primi segnali per procedere verso lo sviluppo di tessuti ed organi. Invece nel Centro Medico dell’Università olandese di Leiden è nato un topo “col mal di testa” che aiuterà gli scienziati a svelare i misteri dell’emicrania scritti nel nostro DNA. Si tenterà anche di capire come certi fattori esterni, stress, carenza di sonno, ansia, assunzione di particolari sostanze, facciano scattare la molla del mal di testa.

Toronto: Scoperto
gene dell’epilessia

Ricercatori canadesi hanno portato a termine uno studio fondamentale nella lotta alla malattia di Lafora, grave forma di epilessia che colpisce durante la prima fase adolescenziale e causa la morte del colpito in meno di dieci anni dai primi sintomi.
Nei laboratori dell’Università di Toronto è stato infatti scoperto il gene NHLRC1, coinvolto nell’insorgere di questa malattia. Sono anche giunti alla conclusione che la sua presenza, unita a quella del gene EPM2A (identificato nel 1998), scongiura l’epilessia: grazie alla loro unione, infatti, si evita l’accumulo di troppi carboidrati nel cervello. Questa scoperta, oltre a spiegare il 90% dei casi ed incrementare le conoscenze sulle varie forme di epilessia, potrà aiutare gli scienziati nello studio delle normali funzioni del cervello.

Genova, anca

Una nuova protesi d’anca a conservazione di collo femorale, ideata dal dottor Francesco Pipino di Genova, permette il recupero dell’arto operato in tempi più brevi rispetto alle protesi tradizionale e con un danno estetico minimo. Meno una protesi è invasiva, meno vengono disturbati muscoli e tendini, più la protesi ripristina fedelmente l’anatomia e la biomeccanica dell’articolazione. Dieci anni di controlli clinici, radiologici e di laboratorio lo hanno confermato anche nella pratica. Nella protesi tradizionale viene asportata la testa femorale danneggiata dall’artrosi e il collo del femore mentre la nuova protesi prevede invece la sola asportazione della testa femorale e la conservazione del collo. Si tratta di pochi centimetri di osso che vengono risparmiati dalla sega, ma di grande importanza per la stabilità dell’impianto protesico e per la trasmissione fisiologica del peso corporeo dal bacino al femore.
Il recupero postoperatorio è rapido: il giorno dopo l’intervento il paziente può appoggiare l’arto a terra e muovere i primi passi con l’aiuto di un girello. Inizia subito gli esercizi di mobilizzazione articolare e di rinforzo muscolare. Superati i primi due o tre giorni durante i quali è necessario somministrare farmaci antidolorifici, il paziente non avverte più i dolori dell’anca artrosica che prima lo tormentavano all’inguine e alla coscia.

New York, Parkinson

Il primo test di una nuova terapia genica per il trattamento del morbo di Parkinson, è stato eseguito alla Cornell University di New York da Michael Kaplitt su un volontario di 55 anni I ricercatori hanno immesso nel suo cervello il gene che stimola la produzione del neurotrasmettitore Gaba, trasportato da un virus parente di quello del raffreddore. Nel cervello sono state inserite 3.5 miliardi di particelle virali, ognuna con una copia del gene che dovrebbe ridurre i principali sintomi della malattia, come il tremore e i movimenti incontrollabili.
Il test è in fase clinica 1 (mira solo ad assicurare che non insorgano danni alla salute) ed è stato autorizzato su 12 pazienti colpiti dal morbo in forma grave. Altri esperti giudicano però l’esperimento troppo pericoloso: si teme che le particelle virali usate possano danneggiare il cervello e distruggere grandi quantità di neuroni. I primi esiti sulla sicurezza del trattamento si avranno tra 23 mesi. La terapia mira a bloccare il processo di degenerazione delle cellule nervose innescato dal Parkinson e fermare così una progressione finora ritenuta inesorabile. Non sostituisce geni malati ma si serve di un gene per resettare le cellule dell’area del cervello poste a controllo dei movimenti, rese iperattive dal morbo.

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