Alunni con bisogni educativi speciali: servono collaborazione e continuità

Data: 01/06/10

Rivista: giugno 2010

Saperi Condivisi: scuola e cooperazione sociale in dialogo è il convegno che si è svolto il 15 maggio a Trento, per presentare la ricerca condotta da Con.Solida. e dalle cooperative sociali impegnate in percorsi di educazione scolastica, in una sala don Guetti riempita soprattutto da giovani educatori, ma anche da genitori, insegnanti e dirigenti scolastici. Sono loro, infatti, alcune delle oltre 70 persone ascoltate con interviste e focus group nel corso della ricerca, con l’obiettivo di creare una rete consolidata e partecipata da tutti i coinvolti nell’inclusione scolastica. Uno studio che nasce “per interrogarci sul futuro della cooperazione sociale nella scuola e per guardarci attraverso gli occhi dei nostri interlocutori”, dice Francesco D’Amico, responsabile Area Scuola di Con.Solida. L’educatore è un ruolo senza confini che dall’inizio degli anni ‘90, con i primi interventi delle cooperative sociali a scuola, ha dovuto ampliare le proprie competenze verso ambiti di intervento non più legate solo all’assistenza, ma che includono patologie neuropsichiatriche, disturbi dell’apprendimento e disagio sociale. Nelle scuole primarie e secondarie di primo grado gli alunni con bisogni speciali rappresentano circa il 6 % e sono seguiti da oltre 300 assistenti educatori, di cui più della metà provenienti da 10 cooperative sociali aderenti a Con.Solida. Di fronte al mutare dello scenario, “anche la scuola si trova di fronte a problemi che non sa come fronteggiare – sostiene Silvia Fargion, professoressa dell’Università di Bolzano che ha condotto la ricerca – e il fatto di non avere soluzioni precostituite genera incertezza, mettendo in crisi tutte le figure professionali che operano per l’inserimento scolastico degli alunni con bisogni speciali”. Le risposte a questo cambiamento, emerse dalle interviste, si orientano sia verso la delega ad altri ritenuti più esperti, sia verso la negazione stessa del problema. Tuttavia, sembra esserci una terza strada che si riflette nella disponibilità da parte di tutti gli attori a mettersi in discussione per cercare insieme la soluzione e costruire una rete di conoscenze condivise. A concordare con questa visione anche le quattro persone – un educatore, una mamma, una referente BES e la direttrice di una cooperativa sociale – che al convengo hanno testimoniato la necessità di stabilire un linguaggio comune e imparare dagli sbagli per costruire un modello di inclusione che favorisca il benessere di tutti. Fra le voci intervenute alla tavola rotonda, e coordinate da Franco Floris di Gruppo Abele, anche quella dell’Assessore all’Istruzione Marta Dalmaso, che ha concluso ricordando: “alla complessità delle situazioni non si può rispondere semplificando le risposte, ma occorre capire come affrontare la situazione e trovare insieme il modo per rendere più inclusiva questa scuola trentina”.

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