Martina incrocia la storia di Angelito l’8 luglio 2015. Mentre cerca informazioni per la sua tesi di laurea sul sito del quotidiano nicaraguense El Nuovo Diario, due immagini sullo schermo attirano la sua attenzione. Nella prima, un bambino sorridente con una maglietta rossa e il disegno di un cartone animato stampato sulla pancia. Nella seconda, lo stesso bambino sdraiato a terra, stretto tra le braccia di un uomo in lacrime.
Martina apre l’articolo e scopre che il fanciullo in questione si chiamava Ángel Escalante Pérez, aveva 12 anni, sognava di diventare architetto ed era stato scaraventato giù dal ponte Belice, il più alto di tutto il Guatemala, da sei coetanei. La sua colpa era quella di essersi rifiutato di sparare a un autista che i ragazzini, affiliati a una banda di strada, volevano costringerlo ad uccidere come rito d’iniziazione per reclutarlo a forza tra le loro fila.
Per giorni l’autrice spera che i media occidentali raccontino la storia di Angelito, contribuendo con penne e microfoni a spezzare la logica del mata o mueres. Purtroppo, però, niente.
Martina non ci sta, si arrabbia e comincia a raccontare la storia di Angelito alle persone che ama. Un modo di rendergli giustizia inizialmente confuso, ma che presto si struttura fino al punto da intraprendere una vera e propria indagine per mettersi in contatto con la famiglia. Cercando informazioni sugli Escalante, la scrittrice scopre che a Città del Guatemala un bambino su due aveva paura di andare a scuola, perché proprio lì era più alto il rischio che venisse notato dai mareros e costretto ad arruolarsi tra i loro ranghi.
A febbraio 2017 Martina riesce a contattare Luis, il padre di Angelito. Al telefono, Luis le confida che il tragico lutto che aveva colpito la sua famiglia non aveva niente di speciale, perché in Guatemala casi simili sono la norma. Aggiunge poi che il suo bambino l’avevano ucciso due volte: la prima buttandolo dal ponte, la seconda non iscrivendo nessuno nel registro degli indagati. Andava impedito che lo uccidessero una terza volta, con l’indifferenza e l’oblio. Da quel momento, Martina si mette #InViaggioconAngelito.
Arrivare in Guatemala con contatti sicuri non è semplice, ma ad agosto 2017 la scrittrice riesce finalmente a conoscere di persona Luis Escalante. L’incontro avviene nell’unico luogo dal quale i mareros si sarebbero tenuti alla larga: una biblioteca. Qui Martina incontra un uomo costretto dalla vita a rinunciare alla giustizia per suo figlio, ma che mai avrebbe potuto rinunciare – ultimo desiderio rimastogli – alla speranza che ad altri bambini, ad altri Angelitos, venisse evitata una simile sorte.
Una storia vera, cruda, ma che nella sua durezza lascia qualche traccia di speranza. La violenza va combattuta con la testimonianza e con la cultura.