Apriamo il carcere agli affetti

Data: 01/02/15

Rivista: febbraio 2015

Il 1 dicembre 2014 si è tenuto presso il carcere padovano Due Palazzi il convegno “Per qualche metro e un po’ di amore in più”, un’occasione per riflettere sulla situazione di profondo disagio che si viene a creare quando un componente del nucleo famigliare viene ristretto.

Il convegno, organizzato da Ristretti Orizzonti, ha permesso di approfondire la questione degli affetti in carcere grazie al contributo e all’intervento di esperti e rappresentanti delle istituzioni, di detenuti e famigliari che vivono ogni giorno sulla loro pelle la distanza incolmabile di un fratello, un figlio o marito che deve scontare una pena in prigione.

Permettere a chi è stato privato della libertà personale di coltivare gli affetti anche da dentro, passando un po’ di tempo con i propri figli e compagni, è un importante investimento per il futuro, in quanto questo legame affettivo spesso è l’unica cosa che collega ancora il detenuto al mondo esterno, e l’unico punto di riferimento una volta libero.

Durante il convegno sono stati individuati diversi punti di criticità riguardanti l’attuale sistema di visite e di comunicazione con la famiglia, ed è stato quindi stilato un elenco di misure auspicabili dirette a migliorare questi aspetti della vita dietro le sbarre.

Un primo punto molto importante sollevato durante il convegno riguarda le telefonate, concesse oggi esclusivamente su telefono fisso, previa domandina scritta e per non più di 10 minuti a settimana. Un’evoluzione augurabile riguarda quindi la possibilità di contattare più spesso l’esterno, permettendo anche le telefonate ai cellulari.

Molto sentita è stata anche la proposta di raddoppiare le ore di visita mensili, da 6 a 12. Questo è un punto cardine della detenzione in quanto la famiglia rappresenta la rete di salvezza, il punto da cui ripartire una volta liberi, e se questo rapporto viene meno è probabile che il detenuto, una volta uscito, si ritrovi nuovamente senza alternative al reato.

Condivisa dagli esperti è anche la proposta di riforma per introdurre le visite intime; in Italia non sono previste visite riservate senza controllo visivo e della durata di alcune ore, come invece succede in gran parte del mondo. Poter passare del tempo da soli con il proprio compagno o compagna è forse il modo migliore per preservare e consolidare quei rapporti che rischiano di rompersi a causa di un lungo periodo di separazione forzata e poter coltivare i rapporti coniugali anche dietro alle sbarre aiuta a migliorare e spesso a ristabilire quei legami che la lontananza rischia di indebolire, nonché a vivere più serenamente la permanenza lontano da casa.

Durante la conferenza, sperando in una riforma di questi aspetti, è stato stilato un elenco di misure immediatamente attuabili da parte dell’Amministrazione penitenziaria, senza bisogno di ricorrere ad una riforma legislativa. Aumentare le telefonate e la durata di esse, allestire postazioni per permettere ai detenuti di comunicare via Skype, abbattendo così anche i costi delle comunicazioni, o anche solamente migliorare le sale colloqui e permettere i pranzi con i parenti. Tutte queste misure potrebbero rendere la permanenza dietro le sbarre meno logorante per i detenuti e per i loro cari, cercando di mantenere saldi quei rapporti così importanti per il reinserimento nella società. Cercare di rendere il carcere un luogo più vivibile è possibile, tutelando i legami e aiutando la famiglia in quell’opera di rieducazione che le pene detentive non riescono ad attuare.

 

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