Archè

Come nasce la cooperativa sociale Archè e con quali finalità sociali?

La cooperativa sociale nasce dall’idea di uno dei soci fondatori che, già conoscente dell’importanza delle pratiche sportive utilizzate come strumento per molteplici finalità in ambito sociale e assistenziale, ha “scommesso” sull’avvio di un impresa sociale che potesse erogare servizi in tale ambito. Servizi che potessero essere coadiuvati da personale con competenze tecniche sia in ambito sportivo che in ambito socio-assistenziale ed educativo, tramite strumenti, mezzi ed attrezzature per quanto più possibile accessibili anche a persone con disabilità motorie. 
Le principali finalità che si andavano a concorrere erano e sono finalizzate a creare ampi e reali contesti di inclusione sociale, di miglioramento complessivo della qualità della vita e di coadiuvare i classici percorsi terapeutici per tutte le tipologie di persone con fragilità. 

Che tipo di attività svolgete e verso quale categoria di persone?

Le attività svolte possono essere riassunte in due macro-categorie: 1) attività inclusive, educative e ludico-emozionali che fanno capo a diverse pratiche sportive come la vela, il sup surfing, il canottaggio, lo skateboard e 2) attività educative rivolte a minori con difficoltà sociali e famigliari e con bisogno educativi speciali, sia in ambito scolastico sia tramite specifici progetti in accordo con i servizi sociali di alcune Comunità di Valle  e Comuni del territorio trentino. Al fine di creare rete e sinergie sul territorio provinciale, la cooperativa organizza inoltre ogni anno alcuni eventi specifici, sempre volti ad integrare persone fragili con tutta la cittadinanza. 

Quali sono oggi, secondo lei, le principali attività e i servizi su cui una cooperativa come la vostra deve puntare?

L’educazione e l’assistenza ai giovani, puntando a strategie innovative. Sempre più spesso emergono nuovi bisogni e problematicità nella fascia d’età giovanile che, associate a quelle già conosciute ed esistenti, offrono talvolta un panorama in cui il patto tra scuola, famiglie e sociale fa molta fatica a reggere. Riteniamo che la forza della nostra cooperativa sia coniugare l’attività sportiva con la parte educativa, offrendo contesti molto centrati sul fare che comunque offrono molteplici possibilità per assumere da un lato competenze trasversali e dall’altro un “regime” in cui è necessario seguire le regole per ben far “funzionare” le diverse attività sportive praticate.

Quali difficoltà si possono riscontrare nel proporre servizi innovativi tesi a migliorare la qualità di vita delle persone?

Inevitabilmente ogni novità porta a delle piccole-grandi diffidenze. Sia da parte delle organizzazioni a cui ci si rivolge che ai famigliari delle persone fragili. Questo aspetto è comunque superabile dimostrando nel tempo la capacità di esprimere qualità nei servizi e professionalità. Più difficile è far accogliere le novità a livello istituzionale che spesso è fossilizzato su una tipicità di servizi socio-assistenziali e che sempre più si scontra con un calo delle risorse economiche disponibili. Spesso la pratica sportiva e l’organicità che può fornire per il miglioramento della vita, seppur positivamente valutato, non rientra nella logica dell’essenzialità. Motivo per cui solo nei casi in cui si incontrano dirigenti e funzionari  diciamo “illuminati” a tali esperienze viene data paritetica dignità che per altre situazioni assistenziali. 

Ci piacerebbe conoscere il progetto che più di altri, negli ultimi anni, vi ha visto più attivi e motivati e da cui secondo lei possono nascere esperienze e sinergie interessanti.

I progetti di ricerca sperimentale Sup & Sail Ability rivolti a persone con Disturbi dello Spettro Autistico, svolti in collaborazione con le Università di Trento e Verona e con il Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione di Rovereto, l’ODFLab. Per Trento con il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive di Rovereto per Verona con il Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento. Da questi progetti stanno già nascendo alcune sinergie a livello extra-provinciale, ma la velleità della cooperativa sarebbe quella di poter effettuare della formazione a tutti quelle organizzazioni ed enti che in ambito nazionale riconoscono la pratica sportiva come importante leva per agire per migliorare la qualità delle persone con diverse fragilità. 

In questo momento storico il mondo del sociale si trova ad un bivio, con la riforma del terzo settore alle porte, che guarda sempre più al concetto d’impresa sociale, quali scenari si aspetta per il futuro e quale energia sarà sempre più fondamentale per rendere il tutto sostenibile?

Questa la possiamo definire  “la domanda del secolo” in quanto il panorama legislativo è ancora molto fluido, soprattutto per quanto concerne le linee guida che porteranno poi all’applicazione della  legge stessa. Con buona sicurezza posso affermare che una delle armi vincenti delle organizzazioni del terzo settore sarà quella di “ristrutturarsi culturalmente” per affrontare le nuove sfide cercando di investire anche in personale giovane e motivato. Avere una visione ampia e complessiva del cambiamento in atto è un esercizio difficile ma, nel bene e nel male, andrà comunque affrontato. Credo che uno degli elementi costitutivi per reggere il cambiamento sarà formato da due componenti: la capacità di essere flessibili e la volontà di intraprendere e proporre innovazione, sia verso il proprio interno che verso l’esterno. 

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