Intervista a Ginevra Bocconcelli, presidente e project manager Associazione Culturale Fedora
Se accosto a parole come “innovazione”, “cultura” e “accessibilità”, se penso ad esperienze che le raccolgano tutte quante, una delle prime che mi vengono in mente – e che racconterò in questa conversazione – è Associazione Fedora. Ho conosciuto Ginevra nel luglio del 2015 in occasione di quel che oggi è il Pergine Festival, allora ancora Pergine Spettacolo Aperto. Sono passati ormai cinque anni, e da due Ginevra con altri due soci ha avviato a Milano questa realtà che si occupa di sensibilizzazione sulla disabilità sensoriale e offre consulenza per l’accessibilità culturale. E che dallo scorso gennaio collabora in stretto dialogo con il Pergine Festival. Ma non sveliamo oltre e andiamo all’intervista.
Come nasce Fedora?
Nasce da un’idea mia e della mia amica Valeria La Corte. Ci siamo conosciute all’Università a Bologna: entrambe facevamo la specialistica in Discipline dello spettacolo dal vivo. Nel frattempo, Valeria stava facendo un percorso di accompagnamento di studenti con disabilità, mentre io ho un papà cieco da vent’anni. Un giorno parlavamo del fatto che persone con disabilità sensoriali simili non avessero la possibilità non solo di accedere ad un posto da un punto di vista fisico, ma soprattutto di fruire di prodotti culturali. Abbiamo ragionato su quante realtà in Italia si occupassero di accessibilità del prodotto culturale, e iniziato a lavorare su quest’idea. Ritornate a Milano, abbiamo conosciuto l’altro nostro socio Luca Falbo, che ha genitori sordi segnanti. Da lì, nel 2018 abbiamo fondato Fedora.
Come mai questo nome ripreso da una de Le città invisibili di Italo Calvino?
Fantastico! Qualcuno che se ne accorge! Fedora è la città che ognuno di noi desidera. Ci piacerebbe vivere in un mondo in cui non ci fossero cittadini di serie A e di serie B, ma dove tutto possa essere fruibile da tutti.
Qual è la vostra mission?
Promuovere l’accessibilità in ambito culturale per persone con disabilità sensoriali, sviluppando attività di sensibilizzazione attraverso corsi e iniziative. Nell’ultimo anno, facendo uno step in più, ci stiamo occupando di offrire consulenza per lo sviluppo di attività accessibili, soprattutto per educare le realtà culturali (festival, cinema, teatri, musei…) a rendersi accessibili dal punto di vista della struttura, del personale, della comunicazione, dei contenuti. È una cosa molto delicata: non esistono veri e propri percorsi di studi che lo insegnano. Quel che facciamo è frutto dei nostri studi e delle nostre competenze formative, ma anche della pratica e delle competenze “involontarie”. Dunque, in sintesi, le nostre mission sono sensibilizzazione e consulenza per l’accessibilità.
Parliamo della sensibilizzazione sul tema delle disabilità sensoriali.
Abbiamo iniziato a fare sensibilizzazione attraverso corsi di lingua dei segni. Oltre a dare le basi, mandiamo avanti anche una parte teorica attraverso la quale vogliamo portare le persone in un mondo che non è il loro, a conoscerlo, comprenderlo, criticarlo anche, alle volte. Questo è sensibilizzare: non solo insegnare una lingua, ma una cultura. Ad esempio, a dicembre abbiamo coinvolto studenti nell’evento “Ti invito a Fedora”, dove abbiamo fatto fare un’installazione ad un musicoterapeuta attraverso la nostra pedana sensoriale. Noi abbiamo acquistato questo strumento meraviglioso che prende il suono e lo trasforma in vibrazioni che permettono anche alle persone sorde di poter percepire la musica. È stato un modo per permettere alle persone di capire al meglio delle loro possibilità cosa significa non avere uno dei cinque sensi.
Come avete rivisto la vostra attività in seguito all’emergenza Covid-19?
Lo dico senza peli sulla lingua: siamo molto in difficoltà. La parte di sensibilizzazione possiamo farla solo stando a contatto con le persone. I corsi già iniziati li abbiamo spostati online, almeno quelli che era possibile, come i corsi di sensibilizzazione alla LIS. Abbiamo contribuito a sponsorizzare iniziative del mondo culturale milanese passate dal fisico al virtuale, in modo che chi era costretto a casa o comunque limitato nelle attività potesse fruirne. Stiamo progettando le attività che ricominceremo a proporre da settembre, in modo che possano essere fatte anche da casa. Inoltre stiamo iniziando tutta una serie di piccole videointerviste ad esperti di accessibilità e disabilità, per creare un piccolo centro informazioni che possa essere goduto anche dal proprio divano. Però stiamo facendo fatica perché parliamo di soggetti fragili, con i quali non avere il contatto fisico è un problema.
Tra i progetti sospesi, anche una collaborazione con Pergine Festival. Di cosa si tratta?
Da molti anni Pergine Festival porta avanti il progetto No Limits, tutta una serie di attività pensate per essere accessibili anche ad un pubblico di persone con disabilità sensoriali. Quest’anno c’è stata la possibilità di fare da referente di questo progetto. Abbiamo individuato all’interno del festival delle attività da poter rendere accessibili. Cinque progetti diversi tra loro, in modo da dare una proposta diversificata: due concerti, una passeggiata itinerante teatralizzata, un labirinto all’interno di una piazza, un’installazione già pensata per essere accessibile anche a persone cieche e sorde. Non tanti, sulla carta, ma è un lavoro che richiede molto tempo e molte energie. Una volta reso accessibile il prodotto, bisogna poi comunicarlo in un certo modo. Stiamo quindi progettando tutti i materiali, cartacei e online, in modo che possano essere fruibili a persone cieche e sorde. C’è tutto un lavoro di traduzione in LIS o in Braille, di preparazione di materiali cartacei che abbiano dimensioni, caratteri, colori che possano essere visti da persone ipovedenti. Abbiamo coinvolto tante realtà e associazioni di categoria, non solo di Pergine e Trento, ma anche di Milano. E abbiamo cominciato a capire insieme agli artisti come poter non adattare, ma rendere complementare l’accessibilità al loro lavoro. Adesso stiamo cercando di capire come ripensare il festival. Le persone con disabilità sensoriale, per diversi motivi, economici e sociali, fanno più fatica a muoversi, spostarsi, andare in vacanza. Stiamo lavorando anche su questo, coinvolgendo agenzie e associazioni che si occupano di turismo accessibile, spingendo una proposta di pacchetto viaggio per persone con disabilità sensoriali. Stiamo cercando di trovare tutti i mezzi possibili per fare il festival, fare No Limits, portare le persone a Pergine. Negli ultimi anni c’è un aumento di persone con disabilità sensoriali con forte desiderio di muoversi, di viaggiare. È una bella onda da seguire.
Che messaggio vorreste lasciare ai nostri lettori?
Credo l’accessibilità non sia solo un diritto, ma anche un dovere. Stare a contatto con le persone e creare questo tipo di iniziative dà delle soddisfazioni personali davvero impagabili. Lottare e continuare a lavorare perché davvero tutti possano fruire delle bellezze che abbiamo intorno. Soprattutto in questi giorni si dice che l’Italia è un Paese meraviglioso, che a livello culturale dà e può dare tanto: limitare la bellezza solo a un numero ristretto di persone non trovo sia giusto. Mi piacerebbe un giorno non dovermi porre il problema di andare a teatro con mio papà, di andare a vedere una mostra con lui, di portarmelo in giro per la Sicilia senza l’ansia, la paura o le difficoltà che ci sono adesso. Vorrei che tutto fosse il più possibile aperto e accessibile.