Guardando la tv nell’autunno scorso e ancor più sotto Natale sarete stati travolti da martellanti richieste di denaro: qualcuno chiedeva nove euro, qualcun altro dieci o più, un altro il 5 per mille, chi si sarebbe accontentato di un lascito testamentario, chi offriva una guida alle donazioni, chi suggeriva un numero telefonico o altro, in favore della più nobile delle cause umane, quella di salvare vite di persone nate “peggio”, con malattie rare o difficilmente curabili.
Queste malattie (stimate tra le 6 e le 7 mila) colpiscono 2 milioni di persone in Italia: da chi non riesce a star seduto a chi non vede, sente o parla, da chi ha un dna difettoso a chi ha le ossa iperfragili al primo tocco, a chi si dimentica di respirare, a chi sta perdendo la vista e a chi condivide la sua malattia solo con altri venti in tutto il mondo. Uno su cinque è un bambino e ciò significa che in Italia ci sono da 80 mila a 150 mila minori con una malattia rara. Per rendersene ben conto basta entrare in qualche istituto apposito, qui da noi Lenzima, Aism, Povo ecc.
Uno dei problemi di questi malati è il loro esiguo numero. Per essere definita “rara” una malattia deve avere un’incidenza inferiore alle 5 persone ogni 10 mila: a Trento, fatti gli opportuni calcoli, ci sarebbero una sessantina di malati.
Anche le case farmaceutiche ci mettono del loro, escludendo le ricerche in quanto non riuscirebbero a rientrare dei costi delle medicine stesse. Un po’ di sicurezza, per fortuna, l’ha data il Parlamento approvando il disegno di legge sulle malattie rare. Tra i suoi obiettivi: sostenere la ricerca scientifica e sensibilizzare l’opinione pubblica affinché la ricerca stessa non si fermi.
Dal canto nostro, noi italiani siamo molto generosi e abbiamo “dato” in tanti e a tutti. Anche se, a volte, quella folla di questuanti lasciava dietro di sé non pochi dubbi.
Ok le donazioni, ok la pubblicità con bambini sfortunati e mamme affrante, ok la visita dell’inviato, il lascito nel testamento ma… a chi? Dietro tante realtà che lavorano con convinzione, ve ne sono altre che trattengono per sé parte del denaro o ne fanno un uso improprio.
Molti, infatti, coinvolti emotivamente, donano senza sapere a chi, oppure donano a siti web inventati lì per lì, si lasciano abbindolare dal fishing a strascico, da associazioni non registrate o dalle persone sbagliate ossia pronte a prendere il malloppo e fuggire.
Traspilot, un sito web di recensioni a livello globale, ha messo a punto una serie di consigli pratici per evitare giulive fregature: visitarlo sarebbe un buon primo passo. Sia chiaro, i furbacchioni “anca a Trent” pullulano: se a suo tempo ci caddero anche Apple, Google e Microsoft, cosa possiamo fare noi?
Tanto per dirvi di che parliamo e di “costi”, tante realtà consolidate anche a livello nazionale destinano alla ricerca (il fine per cui chiedono i soldi) – bilanci degli anni scorsi alla mano – un terzo dei ricavati, mentre due terzi vanno alla macchina (personale, servizi, acquisti, ammortamenti, oneri commerciali e finanziari, locazione, noleggio auto, viaggi aeri, hotel e ristoranti).
Quindi la premessa è solo una: attenzione a dove dirigete i soldi perché il “raggiro” risulta sempre uno dei modi più democratici e meno violenti di separare i soldi da chi ne dispone. Alcune accortezze pertanto per non passare da “allocchi molto generosi”: in via generale, cestinate la posta e le mail troppo fumose, piene di foto, di articoli incensatori, di auto-lodi, promesse mirabolanti, futuri radiosi, certezze.
Partiamo con una semplice domanda: queste organizzazioni operano “in regola”? Di solito sono in gran parte registrate presso le autorità fiscali locali e quindi facilmente verificabili. Poi la missione e le notizie di cui fanno sfoggio: sono troppo vaghe, assenti, esagerate o dubbie? Chiedete loro come pensano di spendere i soldi e se mai intendono pubblicare un rapporto finanziario dettagliato sul loro uso.
Altre volte si tratta di richieste di privati a favore di altri privati, di cure super specialistiche, ma immotivate, funerali in un altro Paese, intervento, acquisto o viaggi. Conosciamo qualcuno coinvolto nella raccolta fondi? L’obbiettivo è congruente (a volte esso appare scollegato rispetto allo scopo finale)? Il denaro viene girato a sua volta a una associazione più grande? In questo caso meglio dare direttamente a quella organizzazione. I metodi di pagamento sono sicuri e autorizzati? La maggior parte degli enti di beneficienza dispongono di un metodo sicuro per controllare i fondi direttamente sul loro sito web, oppure tramite carte di credito o con Paypal: la realtà con cui ci stiamo confrontando, garantisce questa opportunità? L’indirizzo appare chiaro? Avete ricevuto una chiamata di un operatore che vi sollecitava a consegnare una somma di denaro ad un loro prossimo delegato? Attenti perché gli unici beneficiari della donazione potrebbero essere lui, il telefonista dalla voce suadente come un decespugliatore, e l’inviato con faccia addolorata di circostanza: qualche anno fa un tale ben conosciuto dallo scrivente, riusciva a tenere per sé il 95% delle somme elargite in una certa valle (ci passa il fiume Noce) sommando ogni spesa anche minima e sottraendola alla somma donata: il 95% appunto!
Pertanto… su co’ le rece! Sta a voi impedire che le vostre donazioni diventino per qualcuno spiagge bianchissime alle Maldive e per qualcun altro (voi!) fonte di pianto sul latte versato.