Jacopo da Selva, nel tomo 2 del suo trattato Les illusions du Autism, individua le radici del complessivo fallimento delle proposte sull’Autismo, realizzate in Trentino Alto Adige sino a tutto il 2005, in un reiterato atto di “conquista di potere per edificare immobilità” espresso da responsabili politici ed amministrativi, da sanitari, da specialisti ed operatori vari, a cui le istituzioni consentono accessi e fattualità (ruoli, mansionari e strutture, sovvenzioni) nel nome e per conto del cittadino in difficoltà.
A differenza del resto del genere umano che costruisce la propria identità nel confronto continuo con gli altri, i nostri figli (con difficoltà cognitive e comportamentali) non sono alla ricerca di “testimoni” del loro esistere, non costruiscono la loro identità nel confronto con l’altro da sé; a causa di questa patologica difficoltà a “condividersi”, si ritirano nei pochi spazi concessi loro. Nessuno biasima l’isolamento a cui la comunità li condanna e tutti fanno a gara per non testimoniare lo scempio che si fa delle loro vite.
Jacopo da Selva, XXI sec. D.C.
Alcuni episodi significativi del 2005
- ricovero in ospedale di un ragazzo autistico (D.F. anni 26), costretto a letto in un reparto di alta specializzazione psichiatrica, legato per 60 giorni consecutivi, non per la sua pericolosità ma per incompetenza del personale nel gestirlo diversamente.
- amputazione della gamba di un ragazzo autistico (J.R. anni 18) successiva a “cancrena” per un “trascurato” gambaletto ortopedico, prescritto per una banale distorsione della caviglia. I lamenti del ragazzo venivano interpretati come normale opposizione alla contenzione gessata e le preoccupazione della madre per stress genitoriale. E i medici ortopedici, pediatri e di famiglia, “espertissimi” per legge, non hanno ritenuto di dover monitorare un soggetto con gravissime problematiche cognitivo -comportamentali sottoposto alla banalità di un gambaletto gessato.
- esordio di grave epilessia, probabilmente iatrogena (leggere: a causa della terapia prescritta), in un ragazzino (C.R. di 18 anni) con autismo, trattato (monitoraggio farmacologico risibile) con farmaci sperimentali (ed epilettogeni) per un’aggressività, altrimenti mai gestita diversamente (e aggiungo più opportunamente), con metodi educativo comportamentali sicuramente mai epilettogeni.
- domiciliazione scolastica a totale carico educativo sulla famiglia, con risultati sorprendenti per positività ed efficacia, di un ragazzino (J.G. di anni 9) che a scuola evidenziava regressioni significative a causa della gestione pedagogica effettuata, nonostante un nugolo di esperti resi disponibili a spese della famiglia.
Quattro degli episodi che hanno costituito l’apice “provinciale” di una realtà parallela ma purtroppo reale, alla soluzione istituzionale, questa sì “fittizia” ma costosissima per la comunità intera, delle problematiche inerenti lo “spettro dei disturbi pervasivi dello sviluppo” (frequenza due casi e mezzo, ogni mille abitanti).