“Autonomia” un obiettivo indispensabile per il futuro

Data: 01/12/03

Rivista: dicembre 2003

In quest’anno dedicato alle diverse abilità c’è qualcuno che non si è accontentato di adagiarsi sugli allori, ma ha voluto volgere lo sguardo avanti verso le prospettive che questa nostra società offre ai propri figli. Su questa scia sabato 25 ottobre 2003, presso la sala Don Guetti della Cassa Centrale delle Casse Rurali Trentine, si è svolto il convegno dal titolo: Crescere con la Sindrome di Down: percorsi e progetti. La manifestazione è nata per tenere a battesimo l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) sezione del Trentino. Alla presenza dei rappresentanti del Comune (assessore Letizia De Torre) e della giunta provinciale (Mario Cristoforini) si sono susseguiti diversi oratori che hanno puntualizzato che i nostri piccoli down cresceranno e i problemi aumenteranno, ma possiamo prepararli ad affrontare la vita a testa alta e senza troppa paura.

La prima a parlare, introdotta dal moderatore del convegno Walter Liber, è Roberta Pizzinini, presidente della neonata associazione, la quale dice che il traguardo è “creare conoscenza”, “abbandonare i pregiudizi”.

La parola passa poi a Giuseppe Cutrera, presidente nazionale dell’AIPD, nata nel 1979, ma riconosciuta giuridicamente solo nel ‘83. Gli scopi dell’ente sono l’aiuto e il sostegno alle famiglie. L’efficacia degli interventi è dovuta dal fatto che l’associazione è costituita in gran parte dalle famiglie ed offre molti servizi: L’assistenza nel percorso di vita offerta va dall’accettazione del neonato portatore della sindrome, al suo inserimento nel mondo scolastico. Inoltre stiamo dando sempre più importanza ai problemi relativi alla residenzialità e a quelli dell’occupazione.

Viene poi presentato Pierpaolo Mastroiacovo, pediatra, direttore del Center of Birth Defect di Roma e tra i fondatori dell’AIPD. In principio l’ente si chiamava Associazione Bambini Down, ma col tempo le cose sono cambiate. I bambini di una volta sono diventati adulti. Questo accade perché non consideriamo più i piccoli affetti dalla sindrome come mostri da nascondere.

Spiega in seguito l’origine genetica della malattia, sottolineando che non ci sono colpe da attribuire. Solo l’analisi precoce è uno strumento affidabile, ma non si può considerare una terapia. In più si assiste ad una notevole inflessione della vita media: Nove bambini su dieci che nascono con la sindrome di Down superano i 5 anni d’età. Dopo questo scoglio la curva della speranza di vita si normalizza. L’età di vita mediana è attualmente 58 anni!

I nuovi progetti – conclude il dottore – sono indirizzati verso l’autostima e la residenzialità, li si può trovare nel sito www.casaloro.it (a questo scopo è nata una vera e propria associazione chiamata Fondazione Verso il Futuro n.d.r.).

Segue un contributo filmato del professor Andrea Canevaro, docente di pedagogia speciale presso l’Università di Bologna, sul tema Identità: prigione o liberazione. Egli afferma che non esiste più il mondo dei Down, ma il mondo. I mass media creano il caso, ma è la pluralità il punto d’arrivo. Continua è fondamentale insegnare ai propri bambini a chiedere aiuto. Si deve spingere affinché la persona Down abbia consapevolezza della propria identità e dei propri limiti.

Sul discorso del lavoro dice: La legge 68 sul collocamento mirato, quella che deve portare alla soddisfazione sia del disabile che dell’azienda, è valida, ma la 30 di Biagi riporterà agli stereotipi, legando le “categorie protette” con accordi cooperativi di categoria.

Dopo il filmato viene data la parola al professor Dario Ianes, docente universitario di didattica speciale e rappresentante del Centro Studi Erickson. Il suo intervento valuta l’integrazione scolastica e la qualità della scuola. Egli dice che la meta a cui l’insegnamento dovrebbe pervenire è quella della “speciale normalità”. Esemplifica questo punto in cinque percorsi a tappe in cui focalizza i passaggi dalla considerazione della persona Down come elemento speciale al tentativo di farla entrare nella normalità.

Seguono poi le riflessioni, soprattutto su base personale, di Daria Santoni, coordinatrice psicopedagogica degli asili nido. La presenza di un bambino speciale è un’opportunità per gli altri utenti (bambini e famiglie) e per la struttura educativa, afferma. Ciò che impariamo grazie a questi piccoli ci può servire anche per gli altri. Di seguito intervengono due maestre della scuola materna del polo di San Martino, Morena Quardi e Lorenza Nardelli. La loro esperienza con un bambino Down è toccante e straordinaria. Raccontano di come per gioco i suoi compagni si sono affezionati al suo modo ciondolante di camminare, alle sue stranezze e alla bavetta che fa, “come uno piccolo”.

Conclude l’incontro Anna Contradi, coordinatrice dell’AIPD. Scopo del suo intervento è approfondire quanto riguarda il mondo del lavoro. La parola chiave nel passaggio dal bambino all’adulto, dice, è autonomia. Gli ostacoli si trovano sia nel deficit intrinseco della persona Down che nell’ambiente che la circonda.

Prima che uno dei nostri ragazzi lavori è necessario raggiungere alcuni obiettivi: l’autonomia, la formazione di situazione e il collocamento mirato. Racconta il caso delle collaborazioni fatte a Roma con una grande multinazionale impegnata nel campo della ristorazione. L’inserimento dei soggetti Down nella struttura dell’azienda è stata ottimale: una persona diversa migliora il gruppo. Lavorare aumenta l’autostima del soggetto portatore della sindrome. Per il buon operato della persona Down è importante che gli altri la considerino nel suo stato di lavoratore.

Al termine degli interventi in un breve dibattito intervengono l’architetto Elena Rebecchi Defant dell’ITEA e il consigliere provinciale Paola Conci e i famigliari di alcune persone Down.

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