Interpretato e, in parte, scritto da Heather Rose, “Balla la mia canzone” è un film che racconta la disabilità in modo energico e disincantato. Heather Rose è una donna australiana nata con una grave paralisi cerebrale che le impedisce di muoversi e di parlare. Heather è anche una persona dotata di grande carisma. La sua disabilità, muta e immobile, la costringe a dipendere dagli altri, ma alla vita Heather chiede più della compassione. Grazie ad un regista anticonformista come Rolf de Heer, questa donna può raccontare ad un grande pubblico una storia dai tratti evidentemente autobiografici.
Da poco uscita da un centro psichiatrico, in cui ha vissuto praticamente tutta la vita, Julia vive in un appartamento messo a disposizione dai servizi sociali. Non essendo autosufficiente le è stata affidata un’assistente che sta con lei dalla mattina alla sera. Ciò ovviamente non significa che quando Juilia si sveglia ci sia qualcuno che l’aiuti, l’assistente ha infatti un orario di “inizio turno”! Al contempo Julia non viene messa a letto quando è stanca, ma al momento in cui l’assistente “stacca”. La vita quindi non è tanto facile, “ma sempre meglio di stare in quell’istituto dove mi picchiavano e mi lasciavano legata al letto per giorni” sembra dire ad un certo momento la protagonista spinta all’esasperazione dai maltrattamenti subiti dall’assistente.
Prendersi cura di un diversabile richiede una vocazione e una sensibilità che l’assistente di Julia non possiede: i ritardi della mattina fanno sì che non riesca a trattenere i propri bisogni prima di poter arrivare al bagno, le prolungate assenze la costringono ad interminabili ore di solitudine, la sottrazione della tastiera elettrica che le permette di dialogare con l’esterno è la punizione per qualsiasi sgarro o semplicemente la conseguenza del malumore dell’assistente.
Abbandonata per l’ennesima volta, la protagonista decide così di ribellarsi uscendo di casa da sola e fermando un passante. Nella sfortuna Julia conosce un uomo dall’animo gentile che le rivolgerà tutte quelle attenzioni di cui ogni persona ha bisogno. Tra lei e il bell’Eddie si instaura un rapporto di reciproca simpatia e stima che si sviluppa in qualcosa di più che una semplice amicizia.
Un film crudo che non esita a mettere in risalto le deformi nudità di Heather Rose. Il regista non indugia nemmeno di fronte ad una scena di violenza contro la protagonista, né al momento del pianto soffocato e agonizzante, ostacolato dalle difficoltà respiratorie legate alla paralisi.
Il grande pregio di lavori come questo è il dipingere la vita della protagonista senza falsità né fronzoli, nella difficoltà di non potersi rapportare al mondo esterno senza una prima mossa di prepotenza: è infatti sempre Heather/Julia a cercare il contatto e il “dialogo” con le persone che la circondano. Una pellicola non troppo datata (1998) che mostra anche i passi avanti che la società contemporanea occidentale ha fatto per aiutare le persone in difficoltà. Splendida l’interpretazione di questa donna disabile che esaspera i suoi movimenti seppure siano molto difficoltosi e le richiedano molta fatica.
“Balla la mia canzone” è comunque e soprattutto un modo per riflettere: il progresso tecnico può risolvere alcuni aspetti pratici, ma con le persone, qualsiasi tipo di essere umano, la prima cosa fondamentale era e rimane l’amore.