In riferimento agli ultimi incidenti mortali accaduti a dei giovani base jumper stroncati in un volo mortale dal monte Brento, vorrei esporre alcune personali considerazioni.
Troppe le vittime causate da questo “sport” estremo. Questi tragici episodi fanno scaturisce in me un sentimento di rabbia. Raffronto la mia vita e quella di tanti altri disabili, vittime di incidenti stradali, a quella delle persone che cercano forti emozioni e scariche di adrenalina nella pratica di “sport” estremi. Stare in carrozzina da più di trent’anni ha fatto maturare in me un profondo senso di attaccamento e rispetto nei confronti della nostra esistenza, facendomi imparare ad apprezzare le piccole cose di ogni giorno, nonostante le notevoli difficoltà. Da anni incontro giovani studenti cercando di trasmettere loro il rispetto e la sacralità della vita. Superare il limite, sia correndo in macchina, sia lanciandosi da una montagna alta 1000 metri, fa emergere il vuoto spirituale che spesso banalizza la vita di oggi e spinge a deliri di onnipotenza da un lato e infelicità dall’altro. Non è necessario, a mio parere, vivere sempre “al massimo”, tra falso eroismo e incoscienza creando uno stile di vita che non è da imitare.
Un auspicio: che tutti coloro che vogliono mettersi veramente alla prova, si avvicinino a persone che nonostante impedimenti fisici, riescono a trasmettere la gioia di vivere ogni giorno, senza per questo ritenersi una categoria di serie “B”. Questa è la sfida “estrema”.