Di recente mi è capitato di assistere alla messa in scena di uno spettacolo che mai mi sarei aspettato di vedere. Al teatro Cuminetti di Trento domenica 21 marzo con il nome di Beresheet La’Shalom (traduzione ebraica per “Un inizio per la pace”) da parte dell’omonima associazione, è stato presentato una toccante, benché incredibilmente semplice, rappresentazione teatrale.
Un progetto importante si pone l’associazione cappeggiata da Angelica Edna Calo’ Livne (nata a Roma, candidata al Premio Nobel per la Pace 2005); riuscire ad unire sotto un segno di comunione e fratellanza le tante differenze che caratterizzano il paese, volendo in particolare far cessare l’infinita faida tra ebrei ed arabi.
Inizia così lo spettacolo. Giovani che danzano sul palco vestiti di tunica bianca e di un’inespressiva maschera facciale, intenti ad intrecciarsi in spensierate coreografie di gioco e spensieratezza. Ma accade che le tuniche si lacerano e si rivelano le prime differenze. Il gruppo di giovani prima vestiti di colore uniforme ora si rivela diviso in due categorie. Gli arancioni ed i viola. Nasce la confusione, lo smarrimento, la paura del diverso e con essa i primi scontri. Il conflitto. La guerra ed i caduti. Ma poi una speranza, una mano si protende verso una tunica di un colore diverso, arrivando a stringerla a sè. Avanza l’idea di una fratellanza possibile, si svelano volti uguali sotto le inespressive maschere teatrali, concludendo la serata con una simbolica offerta di pane al pubblico ed una sfrenata danza improvvisata con tutti i presenti.
Finisce lo spettacolo, si alzano le luci in sala mentre i presenti applaudiscono commossi. Iniziano le domande, e tra le tante riflessioni che i ragazzi della compagnia fanno, una in particolare riassume tutto il senso di quanto appena visto:
Spettatore: “Per quale motivo pensate insorgano questi conflitti? Perché tanta difficoltà a comunicare?”
Risposta: “Perché ognuno di noi è una persona con un proprio bagaglio culturale unico ed inimitabile, e farà di tutto pur di preservare il proprio io, arriverà a lottare, a difendersi e purtroppo, ad attaccare per non permettere a persone con vissuti diversi di privarlo della sua essenza. Un semplice esempio: questa cosa accade anche in cucina quando due amici di diversa origine preparano un pasto: ognuno di loro vorrà cucinare nel modo in cui gli è stato insegnato e si arriverà a litigare per quanto olio mettere, o quanto far cuocere la carne.”
Esempio di disarmante chiarezza che in un attimo ci mostra come questi ragazzi abbiamo imparato tantissimo da questa esperienza di teatro e vita comunitaria, e permette a noi di comprendere quanto poco sappiamo di queste persone, la maggior parte delle quali desidererebbe poter vivere in pace come le tuniche bianche dell’inizio dello spettacolo. Ma è un vero peccato che l’uomo debba perdere la sua identità celata ed uniformarsi ad un’unica maschera bianca per poter essere esente dal conflitto che la differenza multietnica reca con sé. Forse dover rinunciare ad una società policulturale, è un piccolo prezzo da pagare per il più alto bene di una vita serena ed esente da lotte, ma è un terribile peccato e spreco di possibilità di arricchimento che non si possa arrivare a goder di queste differenze anziché dimenticarle ed uniformarsi al costume dominante.