“bisogna essere capaci di scorgere la bellezza della vita in ogni individuo”

Data: 01/04/02

Rivista: aprile 2002

Continua l’impegno di Pino in giro per le scuole a fare opera di sensibilizzazione su handicap, disabilità e sicurezza stradale. Nel maggio dello scorso anno era stato ospite dell’Istituto Magistrale di Rovereto, nel febbraio di questo dell’IPC di Trento, del polo scolastico di Borgo Valsugana e del Liceo Psicopedagogico Rosmini di Trento dove, come sempre, ha trovato un pubblico di studenti e professori ben attenti alle sue parole, alla sua storia, al modo con cui egli affronta il suo handicap, ai suoi suggerimenti per vivere una vita serena anche nella sorte avversa. Anche qui, come dopo ogni altro appuntamento, i ragazzi sono stati invitati dagli insegnanti a mettere, nero su bianco, le loro impressioni sull’incontro. Per darvi un’idea dell’impatto psicologico di Pino sul suo “pubblico”, trascriviamo qui il tema svolto da un’alunna della quarta sD, segnalatoci per la sua completezza dall’insegnante di lettere ed ampi stralci di altri scritti di studenti della quinta bF e presi qua e là tra i più significativi.

Classe 4° sD Nardin Sabrina.
Tema: L’incontro con Pino avrà suscitato sicuramente nella tua persona delle riflessioni in merito al problema del handicap e della disabilità: parlane…

«Ci sappiamo rapportare a ciò che ci differisce? In che maniera ci accostiamo alla diversità? Siamo esseri che temono la vita, fortificati, segregati entro le ferree prigioni della nostra mente, della consuetudine oppure siamo cittadini del mondo, figli di un’unica madre, appartenenti ad una sola natura umana? Spesso sguazziamo nel mare dell’omologazione e dell’uniformità, nascondiamo la testa entro la nostra rassicurante (quanto indefinibile) normalità; in tal modo ci proteggiamo dall’ansia, dall’angoscia, dalla paura per ciò che è diverso.

Eppure la normalità si gioca proprio sulle differenze presenti tra tutti gli individui; lei, tanto venerata, altro non si fonda che sull’unicità, l’irripetibilità di ogni singolo. Questi ed altri pensieri hanno preso sostanza nella mia mente durante e dopo l’incontro con Pino. Mi sono proiettata al suo posto: io stessa, incapace di accettarmi pur essendo “catalogata” come “normale”; intollerante verso i miei limiti; rigida e rigorosa nelle categorie e nelle selezioni mentali. “Il primo passo per essere accettati e accettarsi!”, ha predicato Pino con il sorriso stampato in volto e l’armonia penetrata fino alle viscere del suo corpo. “Al seguito di tutto ciò che ha vissuto, come può quell’uomo riflettere l’immagine della serenità, della piena accettazione di sé stessi?” mi sono repentinamente chiesta durante l’arco dell’incontro. Pino raccontava il dolore fisico sopportato, la perdita di quelli che riteneva amici, l’addio all’indipendenza. “Dove ha trovato la forza, dove l’ha cercata?” sibilava alle orecchie la mia lingua di serpe.

Pino intanto procedeva nel descrivere la sua rinascita, il suo impegno attivo nel servizio, la fondazione di organizzazioni di aiuto. Agghiacciata, impietrita dall’assordante silenzio che si espandeva nella mia mente; mi sono sentita piccola, infinitamente minuscola, barricata entro i miei schemi, troppo spesso sprezzante per il dono della vita. È facile porsi ben pensanti verso chi è disabile solamente ad un livello teorico ed astratto; è elementare celarsi dietro a falsi, ipocriti atteggiamenti di pietismo e compassione; è semplice fuggire dal riscontro pratico con ciò che è inconsueto. Viviamo nel tempo del falso perbenismo, magistralmente condito e presentato in tutte le salse? In un mondo che proietta un futuro adatto ai soli uomini-androidi? Siamo bombardati da una cultura che ci impone la perfezione fisica come dogma da seguire, come pre-requisito fondamentale per vivere oppure sappiamo andare oltre, siamo capaci di cercare e scorgere la bellezza della vita in ogni individuo? Per accettare ciò che va al di fuori dei canoni della regolarità è fondamentale uscire da un preconfezionato modo di pensare radicatosi nella nostra società. Troppe sono ancora le barriere mentali (in primo luogo) fisiche ed architettoniche che demarcano la “normalità” e la disabilità. Tanti i nostri timori anche se è fondamentale constatare che ci si sta incamminando, avvicinando alla conquista di equi diritti e pari possibilità per ognuno.

Le problematiche dell’handicap, della disabilità sono poste alla luce del giorno e non occultate, ghettizzate o addirittura come avveniva non più di cinquant’anni fa reputate come un castigo divino. Le persone affette dalla sindrome di Down hanno in sé una carica disarmante di affetto, di semplicità con un gratuito abbraccio sanno donare tutto l’amore che noi “normali” smarriti nel vortice frenetico della vita, speso accantoniamo. I veri handicappati siamo noi! Noi che stentiamo ad uscire dalla regolarità, che non osiamo e temiamo a lanciarci nel gioco del mondo, ad abbracciare le moltitudini di volti ed espressioni della vita.»

Istituto magistrale Liceo psicopedagogico 5° bF – Trento

Z.I. «L’esperienza fatta è stata molto interessante e positiva soprattutto quando Pino ha portato la sua esperienza personale. È molto più incisivo se qualcuno parla delle proprie esperienze e porta degli esempi concreti perché fanno riflettere e pensare hai propri comportamenti e alla propria vita.Credo che siano molto utili questi incontri soprattutto nelle scuole, a contatto con i giovani.»

B. «È molto bello sentir parlare persone come lui che, nonostante i mille problemi e difficoltà ben più grandi dei nostri, ti infondono una gran voglia di vivere e una grande serenità. Le frasi che più mi hanno colpito del suo discorso sono: “la vita è un dono prezioso che va accolto e rispettato”; “la diversità è una ricchezza”; “è necessario valorizzare le risorse dell’individuo disagiato”. La prima frase scuote un po’ l’interiorità di chi si lamenta per ogni piccola difficoltà e non si rende conto di quanto sia fortunato ad essere sano e libero di fare ogni cosa lui scelga; in secondo luogo stimola le persone ad accettarsi per come sono e a rispettare se stessi e coloro che lo circondano perché tutti siamo nati per vivere e la vita ci è stata donata per costruire e non per distruggere.La seconda frase sottolinea il rispetto per gli altri e l’accettazione completa e priva di pregiudizi, perché ciò che è diverso non è da considerarsi negativo. Se tutti facessero propria questa frase il mondo sarebbe senza dubbio migliore e privo di emarginazione, razzismo e ingiustizie. La terza, infine, auspica ad una completa integrazione del disagiato, promuovendo attività che lo coinvolgono e ne mettano in risalto le migliori qualità e abilità.»

A.L. «È stato molto interessante anche per la puntualizzazione di alcuni termini che apparentemente sembrano avere lo stesso significato come ad esempio autonomia-indipendenza e handicap-disabilità, e inoltre mi ha fornito molti spunti di riflessione sull’accettazione della condizione in cui si trova, sulle barriere culturali ed architettoniche.»

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