Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Investigation, un piccolo numero di soggetti sieropositivi non sono attaccati dal virus dopo essere stati trattati con una proteina virale alterata chiamata Vpr. Essa renderebbe il virus dell’Aids più debole e quindi più facile da combattere. Secondo la ricerca condotta da un gruppo di studiosi canadesi e statunitensi è grazie a questa proteina modificata che un certo numero di soggetti HIV- positivi dopo anni dal contagio risultano sani.
Un dato già conosciuto è quello secondo il quale il 25-30% degli HIV-positivi in cui la malattia non progredisce (chiamati ‘nonprogressors’) non possiede il bersaglio che il virus usa per entrare nelle cellule immunitarie che solitamente infetta. Questo nuovo studio dimostra che esiste un’altra faccia del problema: una parte del virus variata conferisce una protezione nei confronti dell’individuo infettato. È stato così individuato un tipo di virus Hiv con una proteina modificata nel sangue dei ‘nonprogressors’ ed è stato testato il suo effetto su cellule cresciute in coltura.
La proteina coinvolta nel processo di evoluzione da infezione da Hiv a Aids, è la proteina virale R (Vpr). Quando Vpr è alterata o mancante, nei test condotti su colture cellulari diminuisce il numero di cellule immunitarie distrutte dall’HIV.
Si profila un nuovo orizzonte per la lotta alla sclerosi multipla grazie a un esperimento italiano che ha dato risultati positivi e senza precedenti. Lo studio ha evidenziato che topi colpiti da sclerosi multipla riprendono a camminare dopo un’iniezione di cellule staminali adulte. Il risultato accende la speranza di mettere a punto una nuova terapia contro la malattia che colpisce l’uomo. L’esperimento è stato annunciato a Milano in una conferenza stampa all’Istituto San Raffaele.
Il lavoro è il frutto della ricerca sulle cellule staminali progenitrici dei neuroni condotta da anni da Angelo Vescovi, del San Raffaele, e l’esperimento sui topi affetti da sclerosi multipla è stato condotto dallo stesso Vescovi e dal neurologo Gianvito Martino, anche lui del San Raffaele di Milano.
Le cellule staminali iniettate nei topi malati sono riuscite a ricostruire la mielina, ossia lo strato di cellule che riveste le cellule nervose (neuroni) e che permette di condurre gli impulsi elettrici.
Dopo una lunga battaglia,papà Jayson e mamma Michelle ce l’hanno fatta: sono riusciti a dare alla luce un bimbo geneticamente uguale al loro primo nato, Charlie, affetto da una grave e rarissima anemia.
Jamie, questo il nome del bebé, è nato per dare la possibilità al fratellino di guarire grazie all’uso delle sue cellule staminali. Jamie è quasi una copia genetica perfetta di Charlie che soffre della Diamond Blackfan Anemia (Dba), una malattiache gli impedisce di produrre sufficienti globuli rossi e lo costringe a sottoporsi a frequenti trasfusioni di sangue. L’unica cura possibile è un trapianto di cellule staminali da un fratello.
I medici hanno già prelevato le cellule necessarie all’operazione dal cordone ombelicale di Jamie e si preparano adesso a verificare che il neonato non abbia la stessa malattia del fratellino.
Nuove speranze per la ricerca e la cura della sordità. È stato identificato un nuovo gene che, se alterato, causa una forma di sordità ereditaria.
Uno degli autori della scoperta, pubblicata sulla rivista American Journal of Human Genetics, è l’italiano Paolo Gasparini, genetista della Seconda Università degli Studi di Napoli (Sun).
La ricerca, finanziata da Telethon e dall’Istituto Banco di Napoli – Fondazione, ha permesso l’identificazione di MY01A, uno dei 17 geni fino ad ora riconosciuti responsabili della sordità ereditaria, una malattia che colpisce un bambino su circa 1.500 nuovi nati. Il gene MY01A si trova sul cromosoma 12 in una regione recentemente identificata dagli stessi ricercatori come responsabile di alcune forme di sordità, quelle a eredità cosiddetta dominante, per cui in un individuo basta che una sola copia del gene sia alterata perché si manifesti la malattia.
I risultati ottenuti suggeriscono che, tra quelli fin ora scoperti, MY01A sia il gene più importante legato alla sordità a trasmissione dominante, una sordità di tipo medio-grave e progressiva.
Il gene identificato è della famiglia di geni produttori delle miosine, proteine fondamentali per il corretto funzionamento della parte più interna dell’orecchio e quindi dell’intero sistema uditivo.
Decine di migliaia di cellule staminali embrionali umane iniettate nel liquido spinale di 15 ratti paralizzati hanno permesso agli animali di ricominciare a muovere le zampe. L’esperimento, condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul Journal of Neuroscience, ha funzionato, anche se in un modo completamente imprevisto.
Nella ricerca, finanziata dall’associazione statunitense per la ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica, si è visto che l’azione delle cellule umane non permette ai topi di riprendere a muoversi in modo normale, ma rappresenta comunque un primo risultato molto incoraggiante, hanno osservato i ricercatori dell’università Johns Hopkins, che hanno condotto l’esperimento.
Le applicazioni di questa tecnica sull’uomo, rilevano, saranno tuttavia possibili soltanto fra molti anni.