Noi siamo le persone che incontriamo. Sembra una specie di aforisma, ma non lo è. L’ho sentito dire da qualcuno, qualcuno che certamente avrà detto e fatto cose grandi, me lo immagino. È questa, secondo me, una frase molto filosofica, e ha a che vedere con l’identità di ciascuno. È dagli incontri che facciamo ogni giorno che scaturisce una consapevolezza di una parte di noi che prima non c’era: e se sono incontri belli o brutti poco importa. Incontri rimangono.
Proprio l’altro giorno la mia scalzista compagna di stanza, dopo aver vomitato tutto il pomeriggio con gli occhi a forma di cuore, mi ha chiesto lungo il Fersina di tirarla fuori dai guai invocando il mio presunto e pretestuoso “status” di filosofa. «Tu che sei filosofa – mi ha detto – fai qualcosa, agisci!». Da morirci. Io che sono filosofa, agire? Ma per chi mi ha preso? La gentilissima signorina non comprende infatti che il mio essere al mondo dipende sì da ciò che studio (anzi io sono ciò che studio, ciò che penso, ciò che credo, sennò cosa mi resta di ciò che sono? Un involucro) ma principalmente dagli incontri che faccio, dalle conversazioni che intrattengo, dai discorsi in cui vengo coinvolta, dai piccoli pezzetti del mio insulso corpo che quotidianamente si scontrano interfacciandosi con altri pezzetti dai contorni sfumati delle persone che vedo, tocco, sento.
Il mio essere al mondo dipende dai confini labili che la mia anima quotidianamente ridefinisce. Sole, terra, cielo, mare. Battiti del cuore e pulsazioni accelerate. Sospiri e respiri. Ovunque si volga lo sguardo qualcosa batte all’uscio del nostro essere, qualcosa smania dalla voglia di entrare in noi, attraverso piccoli spiragli che inconsciamente lasciamo aperti. «Agisci – dice lei – fai così: “Bum. Potere di Sara!”, ecco.» Bum. Potere di Sara? In un flash poco opportuno mi sono vista in salsa Sailor Moon, con la gonnellina e tutto il resto. Visione orrenda, ma che mi ha messo il germe dell’insofferenza addosso. In effetti, la filosofia va all’agire. Deve andare all’agire. Certo, non può risolvere i problemi con un tocco di bacchetta magica (ora non ricordo che cosa usasse Sailor Moon, io sono demodé, ricorro alla Fata Turchina), ma non può nemmeno lasciare che essi marciscano al sole senza nulla fare. Filosofare è essere cittadini attivi (potrebbe essere un nuovo slogan, voglio i diritti d’autore) nel senso che è un modo di essere dinamico, un atto di miglioramento del mondo che ha molto della mistica ebraica. Un cambiamento in nome di un incontro: quello che che ho fatto con lei, Filosofia, la donna dai mille volti e dall’assennato mistero.