Nel microcosmo della disabilità e del disagio sociale, negli ultimi mesi una delle questioni più calde è quella dei caregivers. Di quelle persone, in gran parte donne, che gratuitamente prestano cura a familiari in condizioni di non autosufficienza, con disabilità o altri bisogni d’assistenza a lungo termine legati alla salute o all’avanzamento dell’età. Un tema che, sotto la morsa del Covid-19 e anche in questa fase di ripartenza, diventa ancor più cruciale e dirompente.
Diciamo intanto a che azioni è chiamato il caregiver. Questa figura ha il compito di assistere il malato preparandogli il cibo e all’occorrenza imboccandolo; di acquistare e somministrare i farmaci prescritti; deve eseguire eventuali terapie semplici (ad esempio, ginnastica o esercizi di logopedia), oppure prenotare – su indicazione di un medico – visite specialistiche; occuparsi dell’igiene personale del familiare. Oltre alle cure concrete, non meno importanti sono le cure psicologiche, quelle che permettono – a seconda delle patologie – la comunicazione e la vicinanza tra assistente e assistito.
Le persone più fragili, come disabili e anziani, hanno necessità fisiche e morali che se non adeguatamente seguite possono ripercuotersi anche nella loro interiorità. Quando un familiare è in condizioni di bisogno, chi se ne occupa non si pone il problema di sacrifici o rinunce: si dona volentieri, senza esitazioni. Ma se l’impegno si aggrava, o è costantemente gravoso, la situazione rischia di diventare stressante. Ecco allora che diventa fondamentale fornire adeguati strumenti di supporto per mettere chi si prende cura di una persona cara nelle condizioni di poterlo fare senza dover rinunciare al lavoro e al tempo per sé. E senza dover rischiare il proprio benessere psicofisico, la propria salute.
In un periodo che ci costringe all’isolamento e al distanziamento interpersonale, risalta con ancora più forza l’importanza decisiva delle relazioni umane. Specie quelle nei confronti di chi del contatto fisico e morale – di una carezza, di un abbraccio, di una parola affettuosa – ha bisogno vitale. I caregivers sono eroi silenziosi che la resilienza ce l’hanno nel DNA, ma necessitano di essere doverosamente ascoltati, riconosciuti, tutelati, sostenuti nella loro preziosissima opera d’assistenza.