Ben sappiamo che basta qualche chilo di troppo per qualificare qualcuno fin da piccolo con termini poco graditi tipo “ciccio”, “cicciobomba” (localmente anche “bandòn”) e per le femmine “balena”, “barca”, ”mongolfiera” (localmente “bòndola”) con strascico di piccoli e grandi patimenti che possono finire per condizionare lo sviluppo psicofisico della vittima.
Ora un gruppo di scienziati ha annunciato la scoperta di un ormone capace di ridurre l’appetito: alla fine di un pasto completo, il tratto intestinale rilascia in maniera naturale l’ormone in questione, conosciuto come PYY3-36. Esso invia un segnale al cervello, comunicando il senso di sazietà e spingendo l’individuo a “mollare sul tavolo” le posate. Una volta prodotto sinteticamente e messo a disposizione dei “fuori forma”, il PPY-36 potrebbe rivelarsi estremamente utile nel combattere l’obesità.
Nel dramma di chi viene infettato dall’AIDS, quasi quotidianamente viene resa nota la scoperta di nuovi farmaci e terapie. L’ultima riguarda le mucose, il rivestimento della superficie interna delle cavità dell’organismo comunicanti con l’esterno tramite orifizi naturali: pare che in esse si trovino anticorpi in grado di proteggere contro il virus dell’Aids. La scoperta ha già aperto la strada allo studio di un vaccino di nuova generazione, uno spray nasale, che in laboratorio è riuscito a indurre nelle mucose la sintesi dello stesso anticorpo, del tipo IgA (Immunoglobuline A).
Confortevoli i primi risultati della sperimentazione sull’uomo di un vaccino contro il morbo di Alzheimer (circa 500 mila i colpiti in Italia) condotto su un gruppo di pazienti dell’università di Zurigo: ha indotto la formazione e l’accumulo di anticorpi diretti contro le placche di beta-amiloide responsabili della malattia.
Gli anticorpi prodotti sono inoltre “intelligenti” perché si dirigono esclusivamente contro gli accumuli della sostanza nei vasi sanguigni del cervello, senza interferire con la stessa sostanza fisiologicamente presente nel tessuto nervoso in condizioni normali.
Per ulteriori informazioni ciccate sul sito dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer www.alzheimer-aima.it.
Uno studio inglese su medicinali a base di cannabis, meglio noto come “marijuana” attesta la sua effettiva capacità di ridurre il dolore. Il più recente di questi studi ha dimostrato che su 34 pazienti affetti da sclerosi multipla, danni alla spina dorsale ed altri problemi e sofferenti a causa loro di forti dolori ma insensibili ai trattamenti antidolorifici tradizionali, ben 28 hanno dichiarato di avere avuto una notevole diminuzione dei sintomi, di riuscire a dormire meglio che in passato e di aver ottenuto un buon miglioramento della qualità della propria vita.
Legalizzato in alcuni paesi, Svizzera, Canada, Olanda e alcuni stati Usa, l’uso terapeutico della cannabis è ancora assolutamente proibito di Italia, uno dei paesi in cui la chiusura è più rigida nonostante una regione come la Lombardia abbia richiesto di autorizzarne l’impiego come medicinale.
Le persone che devono quantità moderate di vino (non più di 21 bicchieri a settimana) paiono presentare un rischio minore di soffrire del morbo di Alzheimer e di altre forme di demenza. È il risultato di uno studio portata avanti da ricercatori danesi dell’istituto di medicina preventiva di un ospedale di Copenhagen, secondo i quali nel vino ci sono altri composti capaci di dare vari benefici alla salute.
Addirittura sorprendente l’ultima affermazione: le persone che bevono uno – due bicchieri di vino al giorno corrono meno rischi di demenza rispetto a chi non ne beve neanche uno.