Come funziona il Servizio Inclusione dell’Università di Trento?

Carla Gubert insegna Letteratura Italiana Contemporanea presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. Dal 2005 svolge anche il ruolo di Delegata di Dipartimento per il supporto alle disabilità e DSA e si occupa di aiutare gli studenti con bisogni speciali durante il percorso di studio. Quello di Trento è stato uno dei primi atenei italiani a presentare un piano di assistenza di questo tipo, prima grazie alla collaborazione con l’Opera Universitaria e poi, dal 2017, con l’istituzione del Servizio Inclusione Comunità studentesca. Abbiamo incontrato la professoressa Gubert per parlare dei risultati ottenuti e di quelli ancora da raggiungere.

Professoressa Gubert, cosa è cambiato nel corso degli anni?

Innanzitutto, è aumentato il numero di studenti con bisogni speciali (disabilità, DSA) iscritti all’Università di Trento. Quest’anno, ad esempio, a Lettere sono sessantacinque. Quando abbiamo iniziato erano circa una decina. All’epoca avevo modo di gestire ogni studente singolarmente e le misure erano “personalizzate”. Aiutavo ogni singolo studente anche nella mediazione coi docenti per creare dei programmi specifici. C’era un rapporto molto stretto. Col tempo il numero degli iscritti è aumentato sensibilmente. L’Ateneo di Trento è stato uno dei primi ad attivarsi in modo concreto per il supporto alle disabilità. Molti si iscrivevano da noi proprio perché venivano a conoscenza di un sostegno effettivo e concreto. E posso affermare con un certo orgoglio che grazie al lavoro di tutti i soggetti coinvolti questo servizio è diventato via via più popolare.

Quali difficoltà può incontrare un ragazzo o una ragazza con BES durante il percorso di studi?
Questo, ovviamente, dipende molto dallo studente. Una delle difficoltà più sentite è la partecipazione attiva alle lezioni e il mio ruolo prevede di agevolare il percorso di studio stabilendo, in un colloquio iniziale insieme al Servizio inclusione, le misure compensative o dispensative che possono essere adattate nel tempo. In occasione degli esami, una delle misure più frequenti è garantire del tempo aggiuntivo per le prove scritte. Ci sono poi problematiche più particolari, come ad esempio le attività di laboratorio o scavo nell’ambito di Beni culturali. Perciò, con l’aumento degli iscritti, ho pensato di chiedere l’affiancamento di un docente specifico per ogni corso di studio.

Quanto ha influito la pandemia sugli studenti con disabilità?
Per molti ragazzi l’Università è un modo per uscire di casa e ritagliarsi un proprio spazio al di fuori delle famiglie, a volte comprensibilmente protettive. Ho assistito a delle crescite personali e umane straordinarie. Tutto questo, a causa del Covid, è venuto a mancare. Abbiamo notato un rallentamento nel sostenere gli esami, in generale in tutti gli studenti. Nel nostro caso specifico, però, abbiamo assistito ad alcuni ritardi e ad alcune pause nella carriera universitaria piuttosto significative, sintomo di un disagio maggiore.

Quali sono gli aspetti che il Servizio Inclusione potrebbe migliorare?
La formazione dei docenti potrebbe compiere qualche passo in avanti: per quanto tutti i colleghi siano estremamente collaborativi, è un aspetto fondamentale che va continuamente migliorato. Ci sarebbe, poi, da incentivare le possibilità per gli studenti con disabilità di recarsi all’estero. Questo comporta un certo lavoro, perché bisogna individuare un’università che sia in grado di accoglierli e fornire lo stesso ambiente inclusivo. Ciò richiede convenzioni e accordi molto precisi con le istituzioni straniere.

 

Per saperne di più: inclusione.studente@unitn.it

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