“Con i loro occhi, con la loro voce, per parlare di immigrazione in modo diverso”

Data: 01/06/16

Rivista: giugno 2016

Ciao Lucio, come prima domanda mi viene da chiederti quanto sia secondo te importante testimoniare oggi le esperienze di persone migranti che per vari motivi e in vari modi transitano o si stabiliscono nel nostro paese. Hai cercato di dare uno sguardo al di là del pregiudizio?

Innanzitutto il mio grazie a Prodigio onlus per il gradito invito, al Presidente per la gentile partecipazione al nostro incontro, a te Lorenzo che mi dedichi impegno e spazio per questa intervista. Parti forte con questa domanda, cogli il senso del mio scrivere e mi fa piacere. Capita a tutti di essere giudicati per ciò che appare di noi, l’aspetto, il vestito, il taglio di capelli, ancor prima ci sia data la possibilità di parlare. E questo ci dispiace profondamente e ci rende più difficile essere noi stessi, ciò che siamo, persone che hanno pregi, difetti, doti e limiti. Ancor più facilmente capita alle persone immigrate, giudicate, e purtroppo mal giudicate ancor prima possano dire qualcosa. Spesso pensiamo di saper già tutto avendo visto il colore della loro pelle o il loro vestire variopinto, immaginiamo già chi sono da dove vengono e cosa vogliono prima ancora che aprano bocca. Ho pubblicato il mio libro due anni fa, da allora il libro è stato letto, e diverse persone mi hanno chiesto di parlarne. Alcune lo hanno definito un libro di ricerca, un viaggio dentro la persona, un mosaico variopinto dalle tante sfaccettature. Tu implicitamente lo definisci una testimonianza e volentieri concordo, speravo anche questo quando l’ho immaginato nella testa e nel cuore prima ancora di cominciare a scrivere.

 

Cosa ha significato per te cimentarti in quest’opera di scrittura? E perché hai scelto la forma dell’ intervista?

Giornali, Media, il nostro quotidiano e la cultura stessa ci propinano immagini di immigrazione che condizionano il nostro pensare, io desideravo riportare l’attenzione al centro, alla persona prima che al tema. Nel libro non scrivo mai la parola “immigrato” ma sempre scrivo della “persona immigrata” perché questo è importante per me, ricordare prima di tutto che stiamo parlando di persone, persone immigrate mentre spesso ci fermiamo a dati, numeri e tabelle che ci sviano. Ho sempre avuto passione per la scrittura anche se questa è la prima volta che mi cimento con un libro, il mio primo libro. L’idea, il tema, il sogno lo cullavo da tempo come pure il fine che mi proponevo mi era chiaro. Ma non volevo scrivere semplicemente il mio pensiero, sarebbe stato possibile ma, temevo, sarebbe stato il mio pensiero e non avrebbe avuto il valore della testimonianza, dell’esperienza. Piuttosto avevo constatato che l’ascolto, la conoscenza, l’incontro dell’altro possono illuminare con una luce nuova la realtà e farci capire di più e toccarci il cuore. Dopo aver studiato il tema e i dati ufficiali disponibili, ho approfondito anche il metodo e le diverse forme di intervista, ho letto gli esempi e valutata la miglior modalità per quello che voleva essere il mio contributo. Riservando al mio pensiero la parte introduttiva e le conclusioni, ho raccolto le interviste in una sezione a sé. Senza interruzioni e commenti, ho presentato ogni singola intervista introducendola solamente con una mia presentazione che la contestualizzasse. Ho scelto di intervistare liberamente secondo i criteri dell’intervista qualitativa destrutturata, libera da schemi rigidi. In particolare nell’introduzione spiego i motivi del libro e della mia scelta di raccogliere interviste sul campo, direttamente, garantendo l’anonimato e chiedendo a tutti la possibilità di registrare per poi essere fedele nella trascrizione letterale convinto che questo sia di aiuto al lettore. Il riascolto dell’intervista poi, mi ha poi consentito di cogliere anche le parole dette a mezza voce e tanti particolari che, durante, potevano essermi sfuggiti.

 

Cosa si può sperimentare leggendo le parole delle persone che hai intervistato?

Non era facile parlare di immigrazione in modo diverso, come recita il sottotitolo, sapendo di non avere niente di nuovo da scoprire e nessun colombo da far uscire dal cilindro. Solo desideravo che il lettore potesse riflettere come me incontrando persone che la vita ha portato a percorrere le nostre stesse strade, a lavorare con noi, a faticare con noi per la crisi economica, a gioire con noi per le cose belle della vita. Chi legge incontra persone, non parole scritte e basta. Spesso mi viene detto “mi hai fatto incontrare le persone, dopo aver letto mi è sembrato di conoscerle”, e questo mi fa tanto piacere. Anche gli esperti del settore, chi lavora per le persone immigrate, mi dice “ho capito cose che, per abitudine, non avevo mai considerato”. A rischio di sembrare presuntuoso ho la consapevolezza, provata anche dai tanti bei riscontri che avuto, che chi mi legge non legge un romanzo o una raccolta di tanti romanzi, un saggio critico o una ricerca solamente, chi legge incontra le persone e, se tiene aperti la mente e il cuore, può trovare anche tante utili risposte. Una signora, senza che io le avessi mai parlato del libro, mi ha fermato per strada e mi ha detto: da quando l’ho letto, se qualcuno suona alla mia porta, non faccio più finta di non essere in casa ma scendo, gli apro e lo faccio entrare”. Il mio libro non mi farà diventare ricco e famoso, ovvio, ma se riuscirà a scalfire il muro del pregiudizio sarò felice, quello sarà il mio successo.

 

Ci potresti raccontare l’aneddoto che ti ha colpito maggiormente?

Questa domanda mi viene fatta spesso e sempre rispondo allo stesso modo non per evitare uno sforzo di memoria ma cogliendo l’occasione per spiegare ancora qualcosa. Ho raccolto e trascritto trentadue interviste, ho incontrato trentadue persone diverse che si sono raccontate senza avere niente in cambio, nessuna promessa di premio, rimborso o altro. Anche questo mi ha fatto riflettere, noi abituati a condizionare tutto in base al prezzo. Nessuno mi ha detto “non ho tempo, ripassa, chiama la mia segretaria e fissa un appuntamento”, tutti mi hanno regalato il loro tempo anzi, spesso, mi hanno ringraziato per l’ascolto! Ognuno di loro, chi con linguaggio stentato chi con buon uso della lingua italiana, si è raccontato parlandomi di difficoltà, di successi, di ordinarietà ma sempre con cuore. Come potrei scegliere uno rispetto all’altro, vorrebbe dire scegliere una persona rispetto ad un’altra e non lo riterrei bello anche perché tutti sono/siamo speciali, unici per qualche motivo. Per questo ho voluto concludere il libro “ringraziando di cuore tutti coloro che si sono lasciati intervistare, o meglio, si sono raccontati a me con disponibilità e senza imbarazzo, senza ipocrisia. A tutti dico il mio grazie sincero, grazie per ogni parola che mi hanno regalato”. Ho scritto un libro e ne parlo volentieri, faccio quanto posso con la speranza che chi avrà la pazienza di leggermi riconosca in tutti loro persone, persone che sono anagraficamente straniere ma prima di tutto sono, come noi, cittadini di questo mondo.

 

Prendendo in mano il tuo libro una delle cose che salta di più all’occhio è la copertina, con la sua semplicità e chiarezza comunicativa. Ci racconteresti il percorso che ha portato alla sua realizzazione e scelta?

Nel mio sogno di libro, dalla prima fantasia di scrivere alla realizzazione e fino alla ricerca di una Casa Editrice, avevo immaginato una copertina. Una mia vecchia passione, la fotografia, mi aveva fatto pensare alla foto di due persone, una straniera e una italiana che si guardavano negli occhi. Alla fine del cammino la Cleup (Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova) mi ha proposto di sottoporre il mio libro ad un Istituto grafico di Siena. Gli studenti, sensibilizzati al tema e ai contenuti del libro, hanno realizzato alcuni bozzetti ed io ho scelto quello che poi è stato utilizzato, mi è sembrato bello e incisivo. Due persone, distinte da due colori, che si guardano negli occhi e parlano tra loro, e le loro parole come un filo si intrecciano a mezz’aria e si incontrano. Mi ha colpito, mi è sembrata un’immagine semplice ma di forte espressività. Io credo nel dialogo, credo nell’incontro e nell’ascolto quali mezzi fondamentali per abbattere i muri della diffidenza che ostacolano tutte le relazioni.

 

Leggendo le esperienze impresse nelle pagine, è facile individuare alcuni temi ricorrenti, il viaggio, la speranza, il senso di sopravvivenza, l’importanza della famiglia. Cosa invece non ti aspettavi emergesse parlando di migrazioni?

Scegliendo il metodo di cui ti accennavo, l’intervista, avevo implicitamente scelto di non legare le persone ad una rigida griglia di domande lasciandole più libere nel rispondere. Così facendo, avrei lasciato più libero anche me stesso, in base ai temi emersi avrei potuto chiedere eventuali approfondimenti o spiegazioni nel caso la risposta fosse stata poco chiara. Alcuni temi, sinceramente, me li aspettavo, per farti un esempio il tema del viaggio ricorre spesso, d’altra parte per molti è un’esperienza forte, a volte drammatica, come pure altri temi (la famiglia di origine, il lavoro, ecc.). Ma dare libertà di esprimersi alle persone, e l’ascolto partecipato aggiungo io, ha permesso loro di toccare anche tanti temi che stavano loro a cuore arrivando talvolta ad un’intimità che davvero non mi aspettavo. Mi hanno parlato della famiglia, della donna nel suo essere mamma o pilastro della famiglia, dei bambini e della scuola, del velo, delle tradizioni, dei cibi, della cultura del paese d’origine e di tanto altro. Per questo, a chi mi chiede cos’è per me il libro, a volte rispondo “un tesoro, un forziere” tanto mi sembra ricco.

 

Cosa vorresti lasciasse nelle persone la lettura di questo libro?

Rispondo con presunzione a questa domanda, mi scuso anticipatamente ma io sono convinto che sia un buon libro, un libro ricco come ti dicevo sopra. Ed io vorrei che chi lo legge facesse la bella esperienza di conoscere un po’ meglio il tema dell’immigrazione da un altro punto di vista, non il mio che pure è dichiarato, ma quello delle persone che lo vivono. E se leggere il mio libro porterà a qualche porta in più che si apre, o se farà riflettere, io sarò contento e avrò raggiungo il mio scopo.

 

8. Immagino che il processo che ti ha portato ad avere in mano le prime copie, sia stato un percorso formativo e conoscitivo lungo e difficoltoso. Vuoi ringraziare chi ti ha sostenuto e ha reso possibile questa tua ambizione letteraria?

E’ stato un bel percorso, lungo sì ma non difficoltoso. Sai Lorenzo, le fatiche fatte per un motivo ci pesano meno! Ho ringraziato e ringrazio le persone che mi hanno rilasciato l’intervista, e le persone per avermi sostenuto, potrei ricordare la mia famiglia che per due anni mi ha visto tornare a casa col mio prezioso registratore e lavorare così spesso al computer, il Prof. Valter Zanin (Sociologo dell’Università di Padova) che mi ha consigliato e seguito, la Cleup che ha creduto nel mio libro, il Ministero, la Regione, i diversi Enti Pubblici e privati che mi hanno letto, recensito, invitato, ma vorrei ringraziare anche me stesso per la cocciutaggine che ha reso possibile un sogno, il mio libro.

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