“Il movimento paralimpico italiano è esploso”, ci ha raccontato nello scorso numero Luca Pancalli. Il nuoto è tra le discipline che ne hanno giovato di più. Tra le nuove protagoniste di questo sport, Xenia Francesca Palazzo, due titoli e due argenti europei a Dublino 2018 e argento mondiale nei 400 stile libero a Londra 2019. L’abbiamo incontrata a fine gennaio, quando è passata per Trento per condividere la sua storia. Una testimonianza di determinazione, coraggio, sfida ai propri limiti.
Xenia, presentati.
Mi chiamo Xenia Francesca Palazzo. Ho 21 anni e vivo a Verona, dove mi sono trasferita – da Palermo – nel 2008 per trovare nuove opportunità nella scuola e nello sport. Qui, nel 2012, ho scoperto il nuoto paralimpico. Sono nata con una vasta emorragia cerebrale a causa di una CID (coagulazione intravasale disseminata), una patologia incompatibile con la vita. I medici dicevano che non sarei sopravvissuta. Poi…
Qui il primo nodo di svolta: il tuo avvicinamento al nuoto ha una storia particolare.
Mia mamma ha avuto il coraggio di portarmi in piscina a tre mesi, come riabilitazione. All’inizio non c’erano successi, il mio corpicino era molto duro, una pietra; invece dopo i suoi massaggi speciali e la terapia dell’acqua, pian piano diventava più sciolto. Così ha voluto continuare questa terapia. Voleva portarmi a vivere, non sopravvivere. Grazie al nuoto sono riuscita, dopo tanti anni, a prendermi belle soddisfazioni.
Così hai cominciato a gareggiare.
Dal 2013 in competizioni internazionali, ma già dagli 8 anni in agonistica. All’inizio avevo tante difficoltà: per imparare un movimento tecnico, rispetto ai miei compagni, ci mettevo non tre mesi, ma tre anni se non di più. Questo negli anni si è ribaltato a favore mio, perché mi ha portato dove sono oggi.
Quanto è cresciuto il nuoto paralimpico italiano negli ultimi anni?
La FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico) è nata il 25 settembre 2010. Una federazione giovanissima, creata da Luca Pancalli, Roberto Valori, Riccardo Vernole e Franco Riccobello. Nel 2009 Vernole, tornato da un’esperienza mondiale da tre medaglie con Cecilia Camellini e Federico Morlacchi, ha deciso di creare un progetto a lungo termine. Da allora il movimento è cresciuto sempre di più, finché il 15 settembre 2019 l’Italia è diventata campione del mondo per la prima volta. Un exploit che nessuno avrebbe pensato, neanche il Comitato Internazionale. Che spettacolo è riuscita a fare la FINP! 50 medaglie, 20 ori, 18 argenti, 12 bronzi: non è mai successo in nessuna federazione. Grazie a questo lavoro, poi, tanti ragazzi stanno migliorando sempre di più, e ne arrivano di nuovi, anche bambini. E pure i genitori si stanno avvicinando sempre di più al mondo paralimpico senza timore.
Andiamo oltre il nuoto. Sei testimonial della campagna per la donazione di sangue “Libera la mente e il cuore, vinci ogni ostacolo”. Ce ne parli?
È un progetto partito dopo i mondiali di Londra. Collaboro con un’associazione di Verona, Il Sorriso di Mavi onlus, che mi aiuta con tante donazioni che mi consentono di pagare spese mediche, trasferte, tutto ciò che mi serve. Si parlava di fare qualcosa sulla donazione del sangue, visto che a Verona e non solo ci sono carenze di sangue di ogni tipo; ho accettato subito perché donare il sangue significa donare una parte di sé a qualcuno che ne ha più bisogno. Questo il messaggio della campagna: tuffarsi nella solidarietà, senza pensarci due volte.
A chi vive quotidianamente la disabilità, ma non ha mezzi per poter essere un esempio come voi, che messaggio vorresti mandare?
Non abbattersi. Non è la fine del mondo. Anch’io ho avuto momenti di grandi difficoltà, sono stata presa in giro per anni perché diversa, ma non mi sono lasciata abbattere. Sapevo di avere una famiglia forte, i miei fratelli che mi spingevano ogni giorno, tutti i miei compagni di Nazionale, il mio allenatore, i miei medici… Se ci riescono Zanardi o Bebe Vio, se ci riesco io, perché non ce la dovete fare voi? Basta andare dritti per la propria strada, mettendoci tanto impegno e coraggio, senza interruzioni e senza perdere lo stato d’animo giusto. Così anche la cosa che sembra più impossibile sarà possibile.