Dall’8 al 10 marzo scorsi ho partecipato ad un seminario di formazione organizzato dalla CEI, Ufficio Catechistico, avente per tema “L’handicap sfida la famiglia e la comunità: proposte operative verso una rigenerazione della vita di fede”. È la terza tappa dopo Fiuggi e Pescara del progetto di valorizzazione della persona disabile attraverso la catechesi. Durante il seminario, la coordinatrice mi ha chiesto di fare una chiacchierata con un giornalista, Vincenzo Orienti de “L’Avvenire”. Ne è venuta fuori un’intervista pubblicata il giorno seguente sul quotidiano dei cattolici. Ne riportiamo qui ampi stralci perché durante l’intervista si è affrontato il tema del handicap da ogni punto di vista e si è parlato anche del nostro giornale!
Roma. “La persona disabile è un valore, una risorsa e una ricchezza per la comunità, che è chiamata ad aprirsi e farsi carico di questi soggetti”. É seduto su una carrozzina, Giuseppe Melchionna, coordinatore della commissione disabili dell’Ufficio per la pastorale della catechesi di Trento, mentre racconta la sua esperienza: “Nel ‘98 mi sono presentato all’ufficio catechistico, volevo capire quali possibilità di inserimento nella mia diocesi potevano avere le persone disabili. Così – aggiunge Giuseppe – si è pensato di fare un’indagine conoscitiva attraverso una scheda che è stata inviata a tutte le parrocchie della diocesi per capire le tipologie delle disabilità esistenti e l’effettivo inserimento dei ragazzi disabili nella catechesi”. Le risposte non sono mancate e da lì è iniziato un percorso fatto di incontri e momenti di riflessione sull’handicap. Un’esperienza, quella di Giuseppe, che si aggiunge a quella delle quasi sessanta persone, impegnate nelle diocesi e nelle associazioni, che partecipano al seminario formativo sul tema Limite e progetto. L’handicap sfida la famiglia e la comunità, promosso dal settore catechesi per i disabili dell’Ufficio catechistico nazionale della CEI. […]
“L’impegno – ha detto Annamaria Zaramella, coordinatrice del Settore catechesi dei disabili della CEI – è quello di far circolare una nuova mentalità, che stimoli le comunità ad aprirsi ad una vera accoglienza di questi soggetti”.
Una via, quella dell’accoglienza, che parte innanzitutto all’interno del nucleo familiare: “La sfida è quella di ritrovare l’equilibrio disturbato da un evento non solo non previsto, ma anche non voluto. – ha spiegato tra l’altro Carmela Martino, psicologa e psicoterapeuta – A questo punto aprirsi e accettare di far entrare altri soggetti, come le associazioni e le parrocchie, per la famiglia diventa un test importante nel cammino verso la ricerca di eventuali soluzioni”. […]
Sul fronte della comunità, invece, “accogliere significa prima di tutto rendersi conto che esiste un problema di relazione comunitaria – ha sottolineato don Giuseppe Morante, docente di catechetica presso l’Università salesiana di Roma – compreso questo, il passo da fare è quello di cercare di conoscere i bisogni della gente e predisporre nelle comunità operatori capaci di preparare la comunità all’accoglienza, nonché di dialogare con i genitori dei disabili per stabilire un rapporto di collaborazione”. […]
Partecipare a un seminario formativo come questo “è anche un momento – ha commentato Silva Stefanetti, catechista e insegnante della diocesi di Vicenza – di confronto e di scambio con altre realtà diocesane”.
É il caso dall’esperienza di Rosa Foti Buzzi del Centro pastorale disabili di Palermo: “Il nostro centro è nato circa tre anni fa dopo aver constatato che nelle comunità parrocchiali mancava in maniera continuativa la presenza attiva di persone disabili. Attraverso il nostro centro pastorale andiamo a sostegno degli altri centri pastorali affinché nelle loro iniziative si possano anche accogliere delle persone disabili. Per esempio nel Duemila, grazie alla collaborazione fra centro pastorale giovanile e centro pastorale disabili siamo riusciti a far vivere a 20 ragazzi disabili l’esperienza della GMG di Roma”.