Cranmus, alla ricerca dell’origine della musica

Data: 01/06/10

Rivista: giugno 2010

Già in un articolo dello scorso aprile abbiamo parlato del Cranmus che, ricordiamo, si tratta di un progetto di ricerca e di didattica organizzato dal conservatorio di Trento. Tale progetto (l’acronimo sta per: “Centro Ricerche Antropologia della Musica”) prevede, oltre a diversi corsi di preparazione qualificanti, delle vere proprie spedizioni di rivelamento sul campo.

Già si era parlato della prima concreta iniziativa del CRANMUS, di durata biennale (a.a. 2008/09 e 2009/10), intitolata: Il Kalòjeros: un carnevale balcanico. Ricerca “sul campo” e campo-scuola di etnomusicologia. Esso prevedeva due spedizioni: la prima, in Macedonia greca (febbraio 2009); la seconda, in Bulgaria (febbraio 2010).

Ora che si è conclusa anche la seconda spedizione è tempo di raggruppare e ben disporre il lavoro effettuato e di concretizzarlo con una pubblicazione.

Due parole sul Kalòjeros: esso è una sorta di drammatizzazione collettiva itinerante, mimata e danzata, di origine tracia; si svolge in Macedonia greca, negli stessi villaggi dell’Anastenarismo, il lunedì prima del Katharadeftèra (Lunedì Santo) e, pur essendo legata alle confraternite degli Anastenaria, coinvolge l’intera comunità paesana in un “rito di passaggio” che compenetra interessanti simbologie antiturche con gli elementi propiziatori di più antichi culti agrari balcanici. La stessa festa sopravvive nella “patria culturale” degli Anastenaridi – la Bulgaria dalla quale essi provengono (regione dello Strandzha, a ridosso del Mar Nero) – con un volto in parte diverso, dovuto a più profondi processi trasformativi.

Sono stati proprio questi processi trasformativi il nostro principale oggetto di interesse. Abbiamo potuto tra l’altro constatare che un fenomeno culturale non deve per forza essere vincolato all’antichità la quale, eventualmente, lo valorizza ma non gli conferisce esclusiva autenticità. Nel contesto bulgaro della celebrazione del Kalojeros abbiamo osservato delle inedite manifestazioni (introduzione di nuovi elementi, personaggi, simbologie, promiscuità…) da parte dei giovani che venivano forse ignorate dai vecchi (memori della loro antichissima e più definita tradizione) ma non rifiutate o disdegnate.

Questo avvalora tali manifestazioni più delle discutibili “rivitalizzazioni” dovute alla moda neo-etnica o all’influsso deviante di supponenti studiosi fissati con teorie approssimative o sbagliate. Inoltre ci permette di giungere ad una costruttiva conclusione utile anche ai lettori di Prodigio: non ci si areni sul vecchio, che va senz’altro compreso e ricordato, ma si cerchi un’ innovazione compatibile e rispettosa. Non è più giusto l’appropriarsi pregiudizievolmente del passato del cercare di esserne all’ altezza.

Contatto per informazioni sul Cranmus o sul Kalòjeros: prof.ssa Jania Sarno: janiasarno@alice.it

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