Cure palliative

Data: 01/06/05

Rivista: giugno 2005

“Cure palliative”: tutti ne hanno sentito parlare, ma attorno a questo termine sembra esserci ancora della confusione dovuta in primis all’aggettivo “palliativo”. In effetti, in italiano esso ha un’accezione negativa ed è usato per riferirsi a qualcosa d’inutile o inefficace. Per capire il corretto significato da dare al termine “palliativo” bisogna ritornare alla sua radice etimologica: dal latino tardo palliare «coprire con il pallio, con il mantello». In questo significato ci si deve riferire alle cure palliative per indicare tutte quelle cure destinate a lenire le sofferenze della persona morente avvolgendola in un caldo mantello (pallio) di dolcezza, assistenza medica, comprensione e conforto.

Le cure palliative si possono definire come la cura attiva, complessiva e multidisciplinare di pazienti la cui malattia di base non risponde più a trattamenti specifici e in cui la morte è prossima; in esse il controllo del dolore e degli altri sintomi e in generale dei problemi psicologici, sociali e spirituali è fondamentale. L’ambito d’applicazione riguarda la fase terminale di patologie evolutive e irreversibili: malati di tumori in fase terminale (ultimi novanta giorni di vita) malati d’AIDS in fase avanzata e terminale di malattia, malattie del sistema cardiovascolare, dell’apparato respiratorio e malattie neurologiche degenerative (morbo di Parkinson e di Alzheimer…).

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sintetizza così le loro prerogative:

  • affermare la vita e considerare il morire come evento naturale;
  • non accelerare né ritardare la morte;
  • provvedere al sollievo del dolore e degli altri sintomi;
  • integrare gli aspetti psicologici, sociali e spirituali dell’assistenza;
  • offrire un sistema di supporto per aiutare i pazienti a vivere il più attivamente possibile fino alla morte;
  • offrire un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia e il lutto.

L’obiettivo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie. Per questo il luogo privilegiato rimane la casa del malato o un centro residenziale in cui sia possibile ritrovare un ambiente familiare e confortante.
Alla base c’è un nuovo approccio culturale alla morte, considerata non più come antagonista da combattere, ma come ultimo attimo di vita. La morte è accettata come fatto naturale e inevitabile per ogni uomo; ne consegue una pratica clinica che mette al centro non la malattia, ma l’uomo nella sua globalità, da far star bene per il tempo residuo di vita che gli rimane. La consapevolezza della morte comporta un’attenzione più acuta alla qualità della vita ed alla sofferenza di chi sta per morire.

Attenzione, però: le cure palliative non sono sinonimo di eutanasia. Esse sono definite come “l’espressione di un approccio medico-assistenziale basato su conoscenze scientifiche e sull’attenzione continua alla loro applicazione”. La medicina delle cure palliative non va intesa come una medicina per morenti e per aiutare a morire, ma una medicina per l’uomo che rimane un vivente fino al momento della morte.
Il loro intento non è medicalizzare la morte, ma rivestire di umanità situazioni di disumana sofferenza attraverso:

  • la globalità dell’intervento terapeutico che non si limita al controllo del dolore e dei sintomi fisici, ma si estende al supporto psicologico, relazionale, sociale e spirituale;
  • la valorizzazione delle risorse del paziente e della sua famiglia;
  • il rispetto dell’autonomia e dei valori della persona malata;
  • la molteplicità delle figure professionali e non professionali coinvolte nel piano di cura;
  • il pieno inserimento e forte integrazione nella rete dei servizi sociali e sanitari;
  • la continuità della cura fino all’ultimo momento di vita;
  • la qualità delle prestazioni erogate che devono essere in grado di dare risposte specifiche, tempestive, efficaci e adeguate al mutare dei bisogni del malato.

La medicina palliativa ha il suo fondamento nel concetto del “curare quando non si può guarire” messo in pratica per la prima volta a Londra, negli anni Sessanta del Novecento da Cicely Saunders fondatrice del St. Christopher’s Hospice, la prima struttura di accoglienza per malati terminali.. Tale esperienza si è diffusa dapprima nei Paesi anglosassoni e poi nel resto d’Europa con l’affermazione della Medicina Palliativa come specialità autonoma e con la fondazione, nel 1988, dell’Associazione Europea di Cure Palliative (EACP).

In Italia sono i centri di terapia del dolore ad avere avuto un ruolo fondamentale, dalla fine degli anni Settanta, nello sviluppo delle cure palliative, in primis la Fondazione Floriani di Milano e il Servizio di terapia del dolore dell’Istituto nazionale tumori Milano. Nel 1987 è stata fondata la Società italiana di cure palliative (SICP) e nel 1989 è nata la Scuola italiana di medicina e cure palliative (SIMPA). Nel 1997 il Comitato Etico Fondazione Floriani ha steso un documento importantissimo, la Carta dei diritti dei morenti, che definisce in 12 punti i diritti di chi sta morendo. Attualmente in Italia i servizi di Cure palliative, la cui regolamentazione è affidata a tre recenti provvedimenti, sono più di cinquanta, ma il loro numero è destinato a crescere; si stima, infatti, che in Italia ci siano oltre 330.000 malati cronici che accusano un dolore più o meno grave e circa 170.000 malati terminali di cancro.

Carta dei diritti dei morenti

Tratta dal Comitato Etico Fondazione Floriani.

Chi sta morendo ha diritto:

  1. A essere considerato come persona sino alla morte
  2. A essere informato sulle sue condizioni, se lo vuole
  3. A non essere ingannato e a ricevere risposte veritiere
  4. A partecipare alle decisioni che lo riguardano e al rispetto della sua volontà
  5. Al sollievo del dolore e della sofferenza
  6. A cure di assistenza continue nell’ambiente desiderato
  7. A non subire interventi che prolunghino il morire
  8. A esprimere le sue emozioni
  9. All’aiuto psicologico e al confronto spirituale, secondo le sue convinzioni e la sua fede
  10. Alla vicinanza dei suoi cari
  11. A non morire nell’isolamento e in solitudine
  12. A morire in pace e con dignità.

Cure palliative in Trentino

In questo momento in Trentino è attivo un sistema d’assistenza domiciliare integrata di cure palliative sia a Trento che a Rovereto. È rivolto a malati di tumore in fase avanzata e prevede il mantenimento del paziente in casa propria sostenendone la migliore qualità di vita possibile mediante il controllo del dolore e degli altri sintomi legati alla malattia, nonché il sostegno alla famiglia. Il servizio prevede interventi domiciliari del medico di famiglia, dello specialista palliativista, dell’infermiere e, se richiesti dalla famiglia, di assistenti domiciliari coordinate dall’ assistente sociale. Per dare supporto al paziente o ai familiari è possibile attivare lo psicologo e richiedere la presenza di un volontario coordinato dalla Lega Trentina Tumori. Secondo le diverse necessità, è prevista la fornitura di materiali di medicazione, di ausili necessari per l’assistenza e di farmaci per trattamenti urgenti.

Una volta inoltrata la richiesta per questo servizio, i tempi di risposta variano da 3 a 7 giorni lavorativi in dipendenza dell’urgenza e della disponibilità della famiglia e del medico di medicina generale.

Chi ne avesse la necessità può rivolgersi alla sede di Trento in Corso Tre Novembre, 36, tel. 0461/902484 o alla sede di Rovereto in via S.G. Bovo, tel. 0464/453250. Oltre a questo servizio è prevista a breve l’attivazione di un hospice presso l’ospedale di Mezzolombardo.

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