Due anni fa, la curiosità mi portò al “PoliMi” a conoscere dei ragazzi fantastici che al tempo davano vita ad un progetto all’insegna dell’inclusione. Enrica e Martina, insieme ad altri ragazzi realizzavano la trasmissione “Po.LIS”, una radio visual che abbatteva il silenzio di chi non può sentire, oltre che donare le emozioni delle canzoni attraverso l’interpretazione la LIS. Non per niente il loro slogan era “Sentire con gli occhi”.
Uno dei ricordi che mi sono portata di quel giorno è quello quando Martina provava “Logico #1” di Cremonini. Adesso quella canzone la ascolto sentendo le emozioni con un’altra magia, grazie alla LIS.
In questa intervista incontriamo Martina, che con le mani riusciva a trasmettere ogni emozione delle canzoni a “Po.LIS”. Questa volta l’ha fatto per tutta l’Italia, attraverso il festival musicale più celebre del Paese. Nella sua settantesima edizione, per la prima volta il Festival di Sanremo ha dato l’opportunità ai sordi di sentire e condividere le emozioni dell’evento, grazie a questa novità.
Ci siamo conosciute a Po.LIS, quando tu ed Enrica creavate un programma radio in LIS. Cos’è cambiato da quel momento? Cos’hai fatto nel frattempo?
È vero, è passato un bel po’ di tempo. Grazie ad Enrica ho potuto partecipare al bellissimo progetto “una radio visual”. L’esperienza mi ha insegnato a mettermi sempre in gioco, a non avere paura delle sfide. Sono cambiate tante cose da allora, ho finito gli esami, ho seguito un corso di Daniele Di Benedetti per acquisire altre competenze, ho fatto un’esperienza in un’agenzia pubblicitaria, la “TBWA”. Non mi sono mai fermata. Ora mi trovo alla fine del mio percorso universitario, a completare la tesi di laurea.
Com’è stata la tua esperienza a Sanremo? Che differenze hai notato rispetto a Po.LIS?
È stata una grande sfida, ho dovuto abbattere la mia timidezza e mettermi in gioco. Per esempio, attraverso la canzone di Elettra Lamborghini, per la quale oltre a segnare dovevo ballare.
Le differenze tra Po.LIS e Sanremo LIS sono tante. Per la radio eravamo in una stanza, tutto era programmato nel dettaglio, avevo un testo ed Enrica lo faceva scorrere, cosi da parlare e segnare in contemporanea. I brani li facevo a metà puntata, ma era quasi come essere in camera mia. Trovarmi in uno studio virtuale, con quattro telecamere, è stato molto diverso. Quando la lucina rossa si accendeva dovevo fissarla, guardare la regia per capire quando entrare e uscire in scena, e lo spazio attorno a me era completamente verde. Dato che eravamo in uno studio virtuale, l’immagine del palco è stata aggiunta tramite il montaggio e si vedeva online. Inoltre, dovevo osservare sia la coreografa, che suggeriva i movimenti, sia la mia interprete, che mi dava i tempi. Insomma, abbiamo solo due occhi ma me ne sarebbero serviti mille, e allo stesso tempo bisognava sorridere e concentrarsi sul brano. Il programma è in diretta e tutto può succedere, a volte si deve anche improvvisare.
Cosa senti di aver guadagnato da questa esperienza?
Tantissime cose. Per me è stata una grande scommessa personale, mettermi in gioco con il mondo della televisione e con me stessa. Non credevo ci fosse tanto lavoro dietro le quinte di un programma per il piccolo schermo. Ricorderò soprattutto il gruppo di performers, tutte bellissime persone: eravamo sempre pronti a sostenerci a vicenda, come una famiglia. È bello vedere la Rai pronta a fare questo salto di qualità, e per me essere parte di un cambiamento così importante è stato un onore.
Cosa ha significato per te partecipare a tale progetto?
Essere parte di un grande cambiamento della Rai, mostrare che indipendentemente dalla sordità tutto è possibile, per me ha significato molto. Ho tradotto ed interpretato il brano “8 marzo” di Tecla: mi piaceva l’idea di portare il suo messaggio anche alle donne sorde, che magari hanno subito o stanno subendo delle violenze, cercare di trasmettere loro forza e coraggio. E dire ancora una volta che non basta ricordare la festa con un fiore.
In quanti eravate?
Eravamo in tutto 15 performer, di cui due sordi e gli altri udenti. Ci hanno affiancati gli interpreti che normalmente collaborano con la Rai per la traduzione in LIS dei TG Rai.
In cosa consisteva la preparazione dei performer?
“LIS performer” non consiste solo nella traduzione delle canzoni, ma nel cercare di rendere interamente l’esperienza artistica multisensoriale, seguendo il più possibile il ritmo della canzone con i movimenti del corpo. Tutto questo avviene attraverso lo studio del brano, l’attenzione ai suoi messaggi e alle metafore da far emergere. Soprattutto servono tante, tante prove. Gli udenti erano facilitati, potendo sentire le parole, i sordi invece dovevano imparare tutto a memoria. Nel mio caso avevo davanti un’interprete, Moira, che mi dava i tempi musicali. La mole di lavoro era veramente tanta e quindi è stato difficile per tutti.
Questa novità ha dato l’opportunità ai sordi di seguire la trasmissione del festival nella sua interezza, quindi tutto sommato è stato un Sanremo all’insegna dell’inclusività. Secondo te, siamo sulla buona strada per realizzare una società più inclusiva nei confronti dei sordi? Con questo obiettivo in mente, cos’altro pensi si potrebbe fare?
Il fatto che alla Rai si inizi a cercare mezzi per una vera inclusione, non solo per i sordi, ma per tutti, è già un segnale molto positivo. È tanto ma si potrebbe fare di più, anche se so che si stanno muovendo in varie direzioni e con diversi progetti, come i programmi per bambini sordi. Per loro è una cosa nuova: durante Sanremo Live LIS i registi avevano difficoltà a riprendere le mani, o a concentrarsi sui dettagli importanti per i sordi. Si procede a piccoli passi, ma l’importante è farli.
Secondo te come potrebbe contribuire ognuno di noi perché questo lento cambiamento diventi una realtà?
L’unione fa la forza. Lottare per lo stesso obiettivo, insieme. Supportarci e venirci incontro a vicenda. In questo caso, parlando di Sanremo, se la Rai offrirà tutti servizi, nessuno escluso, allora sarà giusto che il canone lo paghino tutti.
Dopo questa bellissima esperienza hai qualche altro progetto in cantiere?
La Laurea! Sto per finire la specialistica in Marketing, consumi e comunicazione presso l’Università IULM di Milano. Poi chissà. Chi può dirlo? Mi sono sempre definita una ragazza che ha fame di vita e di esperienze.
Ti ringraziamo per la tua disponibilità. In conclusione, vorrei chiederti: quale messaggio vorresti lasciare ai nostri cari lettori?
Vorrei tanto che la Lingua dei Segni Italiana (LIS) venisse riconosciuta in Italia, per poter abbattere tutte le barriere comunicative. Senza di essa non sarei ciò che sono. Vorrei incitare i lettori a lottare sempre per i propri obiettivi, nonostante le difficoltà. L’unico vero limite è quello mentale.