Giovedì 5 ottobre il Consiglio provinciale ha approvato il disegno di legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche: entro il 31 dicembre 2001 andranno eliminati dagli edifici pubblici oppure privati ma aperti al pubblico quegli impedimenti, scale, rampe oltre l’8%, porte ed ascensori stretti, ecc. che ostacolano l’accesso alle persone con handicap motori. Voto quasi all’unanimità, 23 si, un no e due astenuti, anche se le riserve sollevate da più parti sono state numerose.
I primi passi per rimuovere le barriere architettoniche in provincia risalgono a 7 gennaio ’91 quando il legislatore recepisce a livello locale una normativa nazionale in materia, la legge n° 118 varata nel ’71.
Era prevista la totale eliminazione entro il 31 dicembre ’98 di ogni impedimento ma di fronte ai ritardi, ecco una prima richiesta di dilazione di due anni netti, fino al 31 dicembre 2000 seguita, la scorsa estate, dalla richiesta di un’altra fino al 31 dicembre 2002!
Immediatamente associazioni di disabili come Anglat, Handicrea, Tribunale del malato e comuni cittadini esprimono il loro disappunto preannunciando manifestazioni, marce di protesta, conferenze stampa e raccolte di firme di sostegno.
A fine settembre si incontrano con la terza Commissione ed il presidente del Consiglio provinciale Cristofolini per consegnare 5.500 firme sottoscritte da cittadini contrari alla nuova proroga: ironia della sorte, il recapito viene effettuato nell’atrio del palazzo della Regione perché i piani superiori non sono accessibili ai consegnatari!
Di giovedì 5 ottobre, come detto, in Consiglio la conclusione della vicenda con un compromesso: non più il 31 dicembre 2002 bensì 2001. Un passo indietro gradito quasi a tutti.
È questa la cifra assegnata all’Agenzia Provinciale per l’Assistenza e la Previdenza integrativa. Si tratta dell’assegno provinciale per invalidità del 100% previsto con legge dal settembre ’93 e seguenti.
Tempi lunghi a Trento per accedere alla visita di accertamento dell’invalidità civile: anche sette mesi, davvero troppi! Come mai? A fine agosto un consigliere provinciale aveva presentato un’interrogazione all’Assessore alla salute Magnani per sapere se queste lungaggini corrispondessero al vero e se ci fosse una responsabilità di qualcuno. La risposta arriva a fine settembre e il titolare conferma i tempi definendo la situazione “critica”. Si assolve in parte ordinando all’azienda sanitaria di superare gli intoppi.
Nella risposta scritta, il titolare della sanità ammette che «risultano certamente situazioni di sofferenza. Le cause della lunghezza delle procedure non sono dovute alla mancanza di impegno dell’amministrazione ma a ragioni eccezionali ed oggettive». Questo è vero perché dal ’98 non bastano più le cartelle cliniche per attestare l’invalidità ma è indispensabile la visita medica.
Le richieste hanno subito un notevole aumento ed il carico di lavoro per i medici preposti agli accertamenti è andato oltre la possibilità di farvi fronte.
Ecco la spiegazione: a fronte di ben 8.915 domande operano solo 5 medici a 40 ore settimanali per un totale di 8.133 ore in un anno. Ammette Magnani: Di tale situazione critica sono consapevoli sia la Provincia che l’Azienda sanitaria.
Si sarebbe potuto rimediare in tempi brevi con il reperimento di medici specialisti in medicina legale disponibili ad assumere un incarico libero professionale con l’azienda sanitaria provinciale ma le offerte di collaborazione non sono state sufficienti. L’assessore si impegna a superare in tempi brevi l’emergenza e a garantire per il futuro tempi di accertamento accettabili.
Esprimiamo i più sentiti auguri a Magnani e successo ai suoi propositi perché al riconoscimento dell’invalidità sono collegati benefici economici e sociali indispensabili a chi è nato con un handicap o lo ha acquisito nel tempo.
Scoppia uno scontro sui malati terminali abbandonati a loro stessi nel momento più difficile. Tutto era iniziato con la morte di un malato terminale di tumore spostato negli attimi finali della sua esistenza dalla sua camera in corridoio per permettere la riparazione di una presa elettrica. Segue il rito delle polemiche, delle accuse e contraccuse.
Magnani, assessore alla sanità, parla di necessità di umanizzare la sanità e di riportare la persona al centro dell’attività assistenziale. Si dichiara soddisfatto per la partenza dell’attività di cure palliative per pazienti terminali che prevede due medici e sei infermieri a tempo pieno che dovranno lavorare in collaborazione con gli 87 medici di medicina generale che operano a Trento.
Ogni medico si occuperà di 5 – 6 pazienti al giorno per un totale di 140 all’anno.