Le reazioni al dolore posso essere le più svariate. C’è chi si chiude in se stesso, chi esterna il suo disagio con moti di rabbia, chi si isola dalla società.
Due anni fa Paolo Simoncelli venne balzato, suo malgrado, agli onori della cronaca per la tragica morte del figlio Marco, pilota motociclistico, che nell’ottobre 2011 fu protagonista di un incidente mortale sul circuito di Sepang in Malesia.
Il pilota perse il controllo della moto, tagliò trasversalmente la pista e fu investito da due compagni di gara: l’impatto fu così violento che perse il casco, le sue condizioni apparvero subito gravi e, a causa dei gravi traumi subiti, morì il giorno stesso.
I genitori e la fidanzata quel 23 ottobre si trovavano a bordo pista a fare il tifo per Marco. Lo sconcerto e il dolore del momento non sono riusciti ad abbatterli, hanno scelto di perpetuare la memoria del ragazzo con un’azione concreta e che potesse onorare in modo duraturo l’impegno nel sociale di Marco, istituendo un’organizzazione a scopo umanitario che potesse promuovere e sostenere progetti umanitari e solidali.
La Marco Simoncelli Fondazione O.n.l.u.s. ha sede a Riccione ma opera a livello internazionale riservando grande attenzione alle fasce sociali svantaggiate: promuove la scolarizzazione, assistenza sociale e sanitaria ai disabili e ai soggetti deboli cercando di favorire la partecipazione e l’inclusione.

Tra i promotori emerge il papà Paolo, a cui abbiamo posto alcune domande.
- Ci parli un po’dello scopo della Fondazione. Innanzitutto come mai avete sentito il bisogno di commemorare Marco istituendo un’organizzazione con scopi umanitari? Non è scontato che in un momento particolare, invece che rinchiudersi nel dolore, si decida di mettersi in gioco promuovendo progetti di solidarietà.
- “Quando Carlo Pernat mi suggerì d’intraprendere questa direzione nel ricordo di Marco accettai, pur senza ben sapere cosa significasse né come sarebbe andata, oggi invece sono convinto e consapevole che fosse la cosa giusta, come le continue proposte di supporto ai nostri progetti umanitari ci confermano: grazie a fans, supporters, piccole e grandi iniziative in dodici mesi abbiamo potuto già aiutare tanti bambini ed ora abbiamo un progetto tutto italiano nella terra dove Marco era di casa.”
- Com’era nato in Marco Simoncelli l’impegno a favore delle persone disabili e perché il suo figliolo, nonostante la giovane età che solitamente è associata al “disimpegno”, aveva scelto di dedicarsi al campo del sociale?
- “Sapendo che alcuni ragazzi diversamente abili ospitati da una comunità nei pressi di Coriano erano suoi fans, è capitato nel tempo libero che si recasse a trovarli. Non si trattava esattamente di un vero e proprio impegno nel sociale, più forse di generosità interiore, scattata dentro di lui dopo averli conosciuti e aver visto che anche solo un ora con quei ragazzi ti lascia tanto.”
- Lei, che è involontariamente balzato agli onori della cronaca, ora che è diventato una fonte autorevole per i giovani, ma anche per i più stagionati dall’animo sbarazzino, cosa direbbe loro sull’importanza di rispettare il codice della strada?
- “Senz’altro è importante rispettare le regole anche quando sono poco gradevoli, come mettere i 70km/h in superstrada, sono limiti ridicoli concepiti ai tempi della “topolino”, ora i mezzi e i tempi sono cambiati, tenere quei limiti ai comuni serve solo per fare cassetta. Comunque nel caso delle due ruote ci sono poi accorgimenti da tenere sempre ben presenti per la sicurezza del singolo, tra questi senz’altro il paraschiena e il casco integrale ben allacciato.”
- E sull’uso di bevande alcoliche prima di mettersi alla guida?
- “Su questo non ci sono dubbi, guida e alcol non sono compatibili.”
- Avendo tanto viaggiato per seguire le trasferte di Marco avrà potuto incontrare gente da tutto il mondo appassionata di motori. L’ha colpita qualche atteggiamento in particolare, rispetto a quelli comunemente adottati dai connazionali, per quanto riguarda il rispetto del codice della strada e della sicurezza alcol-correlata?
- “Mi ha colpito l’intransigenza assoluta dell’Australia, i paradossi americani, tutti rispettano i limiti ma nessuno indossa il casco, e condivido lo stile dei tedeschi, limiti bassi e severissimi nei centri abitati e altrove nessun limite”.
- Cosa risponderebbe ai ragazzi che, informati sui problemi della sicurezza alla guida e sull’abuso di alcol, rispondono adducendo motivazioni fatalistiche? (“Se proprio deve succedere…”, “Si vede che era destino”…).
- “Il destino esiste quanto il libero arbitrio.”
- Ed infine che consiglio si sente di dare per migliorare la sicurezza sulle nostre strade (guardrail, organizzazione dei controlli…)?
- “A mio parere nelle strade a percorrenza veloce i guardrail attuali non sono ideali per le moto, anche i new jersey potrebbero essere migliorati. In centro abitato, invece, i dossi necessiterebbero di una migliore segnaletica e buone condizioni dell’asfalto sono essenziali.”