Dieci cose da non fare al volante

Data: 01/06/10

Rivista: giugno 2010

Le pubblicità progresso hanno a volte destato molto scalpore per i contenuti e per i messaggi trasmessi: molte volte, tramite immagini o filmati ai limiti della presentabilità, gli ideatori di questi spot hanno lanciato chiari segnali senza ottenere tuttavia i risultati sperati.

Ricordate, tra le prime pubblicità progresso, una che metteva in evidenza alcune sagome umane contornate da un improbabile neon fucsia che ne indicava la sieropositività? Col passare del tempo questi spot hanno cambiato forma e, in alcuni casi, hanno fatto storia.

Youtube, il più noto contenitore di video su Internet, riporta moltissimi esempi di pubblicità progresso provenienti da ogni angolo del mondo; alcuni di questi uniscono alla dura realtà dei fatti una leggera ironia che, a mio parere, trasmette con maggior efficacia il messaggio che si vuole diffondere.

In Germania, per esempio, impazza un video intitolato “Dieci droghe da non usare mentre si guida” (Titolo originale: 10 Drogen, die Sie nicht nehmen sollten wenn Sie Auto fahren). Attraverso la capacità interpretativa del protagonista vengono analizzati e mostrati gli effetti di dieci sostanze stupefacenti quando si è alla guida. I toni di tale sketch sono enfatizzati e a volte il protagonista vive situazioni grottesche, al limite della credibilità, ma proprio questo lo rende particolare perché ciò che fa sorridere resta più facilmente nella mente.

Dieci sostanze apparentemente differenti, con un unico fattore in comune: la possibilità di “uscire” dal proprio corpo per essere un’altra persona, dimostrando in tal modo una notevole mancanza di personalità.

Perché ci si droga?

Chi abusa di queste sostanze sono persone più o meno giovani che, svuotati dei propri ideali da modelli di riferimento quanto mai inopportuni, cercano l’avventura istantanea o vogliono dimenticare gli affanni di una vita che loro stessi si sono creati, non volendo ammettere che Homo faber fortunae suae; altri ancora lo fanno per sentirsi parte di un branco, ma destinato al proprio annientamento; altri per gioco; altri perché “bisogna provare tutto nella vita”.

Alcuni dicono che serve per attirare l’attenzione di amici o ragazze, altri perché non sanno divertirsi altrimenti.

Tutte queste affermazioni portano ad un’unica conclusione: la vita viene vista come un’avventura, come un insieme di elementi non concatenati, come un qualcosa che domani non potrebbe esserci più e pertanto è obbligatorio sballarsi oggi; non c’è rispetto per la vita e per il proprio corpo, si vive alla giornata in funzione dell’aperitivo del venerdì sera o dello sballo del sabato notte (anche se sarebbe più corretto definirlo domenica mattina). Ci siamo “aperitivizzati” il cervello, ci siamo lasciati trascinare nel vortice del finto divertimento per anni ripercorrendo le strade percorse da chi ci ha preceduti, talvolta i nostri stessi genitori, che hanno vissuto “intensamente” la fine degli anni ‘60 e che oggi hanno sguardi persi nel vuoto e non hanno dato forma ai propri pensieri, vivendo la vita come un gioco e pensando che Seneca, dicendo “Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l’ultimo”, intendesse che è necessario darsi alla dissacrazione del proprio essere.

Viviamo in una società decadente: i Romani, nostri lontani antenati, fecero propri i pensieri epicurei e furono annientati. Siamo i discendenti di questa popolazione e, pur conoscendo il risultato di questo stile di vita, li stiamo seguendo in toto. Per divertirsi non è necessario essere un’altro, né si può mettere a repentaglio la vita di chi è in auto o lungo la strada.

Fortunatamente non tutti abbiamo parcheggiato violentemente su un albero o ci siamo accostati in un fosso: noi, che non vogliamo entrare nel tunnel per superare la montagna ma preferiamo scalarla, abbiamo il dovere di far notare che ci si può divertire senza sballarsi.

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