Dislessia, i segnali che identificano il disturbo

Autori:Bugan

Data: 01/10/02

Rivista: ottobre 2002

Settembre, tempo di libri, quaderni e penne e di patemi per milioni di scolari. Poi con il passar dei mesi le cose si normalizzano, i ragazzi imparano i ritmi delle lezioni e dei compiti, si fanno dentro insomma… Ma le difficoltà possono essere anche altre e più insidiose. Tra queste la dislessia ed i disturbi del comportamento: dalla prima, secondo alcune stime, in Italia sarebbero colpite un milione e mezzo di persone, vale a dire ben un italiano su quaranta (a Trento sarebbero 2.500!!).

Le origini della dislessia sono senza dubbio di natura biologica, e probabilmente genetica, legata ad un’alterazione delle strutture cerebrali. In tutti i soggetti dislessici sono state registrate le stesse piccolissime anormalità del cervello e lo stesso grado di riduzione dell’attività in una particolare regione dell’emisfero cerebrale sinistro.

Si manifesta con indicatori verbali o non verbali che, pur comparendo nel bambino fin da piccolissimo, si evidenziano in modo manifesto al momento dell’ingresso a scuola quando al ragazzo vengono chieste determiinate prsestazioni intellettuali quali leggere e far di conto. Individuare precocemente i campanelli di allarme offre dunque la possibilità di aiuti immediati adeguati a garantire al bambino un futuro migliore.

Alcuni indicatori di dislessia nei bambini in età scolare: omissione o inversione di lettere e di numeri; difficoltà nell’imparare l’alfabeto, tabelline e formule; difficoltà nella lettura, nella scrittura e nella compitazione (spelling); uso delle dita per fare semplici calcoli; scarsa concentrazione; difficoltà nell’elaborazione veloce del linguaggio; moderato senso dell’orientamento e confusione tra destra e sinistra; difficoltà nell’allacciare lacci delle scarpe, cravatte e vestiti, scarsa fiducia e stima di se stesso.

Riconosciuta già negli anni ’60 divenne nei primi anni ’70 quasi di moda: a lei veniva addebitato quasi ogni insuccesso scolastico. Nella nostra provincia ad esempio molti ragazzi, oggi classificabili come dislessici, provenienti dalle valli furono costretti ad abbandonare le scuole per insufficiente profitto attribuito di volta in volta alla poca dimestichezza con l’italiano, all’introversione tipica dei ragazzi dei piccoli paesi, all’insufficente preparazione conseguita nelle scuole di periferia del Trentino. Sulla dislessia furono girati anche dei film come “Mio figlio è dislessico”, la storia di un padre che solo contro tutti lotta perchè la malattia venga riconosciuta dalle istituzioni e curata. Una storia mielosa e fuorviante come spesso accade quando il cinema si occupa per motivi di cassetta di problematiche legate al handicap, si pensi al celebratissimo “Rain Man” contro il quale gli psicologi americani ingaggiarono una lunga e purtroppo perdente battaglia.

Nei fatti le cose stanno ben diversamente. Nei primi anni ’70 la dislessia veniva essenzialmente definita come La manifestazione di una perturbazione nella relazione dell’Io, perturbazione che ha invaso selettivamente i campi dell’espressione e della comunicazione. La relazione dell’Io con l’ambiente circostante si è costituita sul modello dell’ambiguità e dell’instabilità. Ciò blocca il passaggio all’intelligenza analitica e con questo al simbolismo, necessario per l’acquisizione del linguaggio letto-scritto.

Tuttavia oggi con le nuove conoscenze neurologiche, questa definizione va ricondotta tra “altre” cause che possono influire sul manifestarsi aperto del disturbo in particolari condizioni sociali e familiari.

Più che parlare di “dislessia” si preferisce pertanto oggi parlare di “dislessie”, distinguendo così la patologia partendo dall’origine del disturbo. Per illustrare meglio cosa può essere alla base di questo specifico disturbo dell’apprendimento è necessario, dunque, puntualizzare come avviene il processo di acquisizione del linguaggio letto – scritto, che si “costruisce” lentamente, partendo dalle prime esperienze senso – motorie per giungere ad acquisizioni simboliche e comunicative più complesse (verso i 17 – 19 anni).

La lettura è un processo di doppia astrazione dalla realtà: una prima esperienza consiste nel tradurre l’esperienza visiva (oggetto visto e precedentemente toccato) in un simbolo uditivo (una parola); una seconda astrazione consiste nel “tradurre” quest’esperienza simbolica uditiva (la parola) in un’altra esperienza simbolica visiva (la parola scritta)”.

Il processo di acquisizione di lettura e scrittura implica, quindi, il coinvolgimento di una componente “uditiva” e di una componente “visiva” ma soprattutto di una componente “linguistica” (che permette al bambino di cogliere il significato di ciò che sta leggendo).

Sono state individuate cinque aree nelle quali può essere collocato il deficit, e solo attraverso un lavoro specifico che stimoli l’area deficitaria, vi può essere un miglioramento della capacità di leggere e scrivere.

Le cinque aree identificate sono:

1. Analisi Visiva (AV)

2. Lavoro Seriale Sinistra Destra (SD)

3. Discriminazione Uditiva e Ritmo (DUR)

4. Memoria Sequenziale Uditiva e Fusione Uditiva (MUSFU)

5. Integrazione Visivo – Uditiva (IUV).

È chiaro quindi, che un bambino con difficoltà in una delle cinque aree identificate potrà avere problemi acquisizione di lettura e scrittura anche se in verità questo non basta ancora a spiegare l’insorgere di disturbi di lettura e scrittura quando problemi evidenti in tali aree non ce ne sono.

Secondo gli ultimi orientamenti dalla dislessia non si guarisce. Quest’affermazione non deve tuttavia demotivare il dislessico, i suoi genitori e gli insegnanti. Con specifici interventi è possibile, infatti, migliorare le capacità di lettura e scrittura attraverso strategie sostitutive. Numerose ricerche anche di tipo statistico hanno infatti mostrato che nonostante le difficoltà, non è infrequente per un dislessico raggiungere buoni livelli di istruzione.

Può peraltro capitare che un ragazzo cui viene riconosciuta la dislessia, cada in un circolo vizioso fatto di trattamenti con il logopedista ed insuccessi: pur seguito da specialisti, non vede segni di miglioramento e si accorge che il suo svantaggio rimane tale. L’incapacità di mettersi al passo con gli altri, nonostante il proseguire degli studi, danneggiano in lui lo strutturarsi di una buona autostima, facendone un insicuro, pur se dotato di potenzialità cognitive talvolta superiori alla media.

In conclusione la dislessia è una “disfunzionalità” in una delle aree indicate sopra correggibile fortunatamente con l’utilizzo di metodiche calibrate caso per caso.

Un trattamento logopedico mirato o l’impiego di software specifici (come quelli della cooperativa Anastasis di Bologna) possono aiutare i bambini con difficoltà specifiche di apprendimento ad affrontare la scuola senza trovarsi davanti ostacoli che li svantaggino troppo nell’apprendere quanto è proprio della loro specifica età.

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