Sappiamo tutti che, nonostante il progresso e la civiltà, la povertà è ancora molto diffusa sul nostro Pianeta. Eppure, e senza destare particolare clamore, negli ultimi 22 anni la povertà estrema nel mondo era in diminuzione. Questa tendenza è stata però ribaltata con l’arrivo del Covid-19, che ha portato con sé un’enorme perdita di posti di lavoro, in particolare per le donne. A parlare di questa inversione di rotta è Ginette Azcona, relatrice del recente report internazionale di UnWoman (ente delle Nazioni Unite) sull’impatto del Covid-19 sulle donne nel mondo. “L’indebolimento dei sistemi di protezione sociale” sostiene la ricercatrice, ha lasciato molti dei più poveri della società senza protezione, senza garanzie per resistere alla tempesta”.
Lo studio, intitolato “Dalla Comprensione all’Azione: Uguaglianza di Genere in seguito al COVID-19”, evidenzia il rischio che con l’aumento della povertà portata dalla pandemia ci possa essere un aumento del divario della “povertà di genere”. Questo significa che sempre più donne rispetto agli uomini saranno spinte nella povertà estrema. Antra Bhatt, specialista in statistica, afferma che “ le donne, in genere, guadagnano meno e svolgono lavori meno sicuri rispetto agli uomini. Con il crollo dell’attività economica, le donne sono particolarmente vulnerabili ai licenziamenti e alla perdita dei mezzi di sussistenza”.
Una categoria particolarmente colpita è stata quella dei lavoratori domestici retribuiti, composti per l’80% da donne. Quasi 3/4 di tutti i lavoratori domestici nel mondo hanno perso il lavoro senza godere di protezioni di base come ferie retribuite, periodo di preavviso o indennità di licenziamento.
Molte donne sostenevano la propria famiglia come domestiche, come nel caso di Ana Paula Soares che vive a Timor Est, nel Sud Est asiatico. Con l’arrivo del Covid-19 ha perso il lavoro e con esso l’unico mezzo di sussistenza per lei e per la sua famiglia. La sua storia è la stessa di milioni di donne lavoratrici nell’“economia informale”.
“È difficile fare soldi in questo momento, dice Ana Paula, “le persone che lavorano in ufficio continuano a lavorare da casa e a ricevere lo stipendio, ma i lavoratori domestici no”. A questo bisogna aggiungere che la chiusura di scuole e asili nido, insieme alla poca disponibilità di aiuti esterni, hanno portato a mesi di lavoro aggiuntivo per le donne (cura dei figli, dei familiari malati e anziani e altri lavori domestici non retribuiti).
Anche prima del Covid-19, le donne trascorrevano in media 4,1 ore al giorno in queste attività “non retribuite”, mentre gli uomini 1,7 ore.
Queste donne rimangono nascoste dietro ai grandi titoli dei giornali. Eppure sono proprio le persone più colpite dalla crisi economica derivata dalla pandemia. Se non verranno adottate politiche e misure di soccorso economico mirato, il divario economico tra uomini e donne non potrà che peggiorare.