La notizia la conoscete già: troppe armi, troppi ragazzini con le armi, pochi controlli, qualche problema di comunicazione e un pugno di morti.
Si, certo, una storia vecchia come il mondo, che tutti avete sentito almeno una volta: sta di fatto che siamo nel 2007 e ne stiamo ancora parlando. E questo, a parere mio, è grave.
Ora non voglio soffermarmi molto sulle stragi – che pure meritano una riflessione – ma, piuttosto, sul fatto che in molti Paesi tutti si possano armare, senza porto d’armi e senza essere sottoposti a serio esame psicologico.
Certo la sicurezza e tutte le migliaia di giustificazioni che a tal proposito esistono, possono insinuare un dubbio, un “ma forse” o un “però”, che spingono verso questa direzione, verso questa soluzione.
L’unico motivo per il quale nelle scuole, nei bar e per la strada, in Italia, ci prendiamo a botte invece che spararci, è che non abbiamo la pistola ad immediata portata di mano.
E, fermo restando che neppure le botte sono un gran metodo di comunicazione, anche ammesso che non accada niente e non uccidiamo nessuno… Mi chiedo che senso abbia questo “diritto di autodifesa”.
Per che cosa, poi? Vogliamo che le raccomandazioni ai nostri figli prima di andare a lavorare siano “non guardare troppa tv, non stare incollato al computer e non prendere la mia pistola”?! O che cominciamo a leggere sulle pagine di nera “banale lite fra adolescenti, una parola di troppo, un colpo di pistola ed il giovane ha raggiunto la pace eterna”?
È questo quello che vogliamo?
Vogliamo che i bambini crescano in un mondo dove sia normale amministrazione avere una pistola? Prendere fazzoletti di carta, penna, quaderni e fucile per uscire in strada? Dove è la sicurezza, in tutto questo? Nella canna di un’arma da fuoco? Beh, scusatemi, ma io preferisco stare nella mia disarmata insicurezza piuttosto che nella vostra disarmante realtà.