Odio le valigie, odio doverle fare ed odio l’idea di farle. Odio soprattutto le valigie che non si chiudono, quelle dove ti ci devi seder sopra, quelle che hanno bozze e spuntoni che emergono da tutte le parti e che per quanto premi non riesci a livellare, e la cerniera che s’inceppa ad ogni piè sospinto. Ma, in modo particolare, odio dover prendere un treno munita di valigia.
Tutto questo complicato ambaradàn, di cui sopra, per fare una valigia e poi può accadere che… il treno sia soppresso, ergo fulmini, saette e ovviamente la mia valigia da scagliare contro la personificazione delle ferrovie; che sia in partenza al binario 5, ergo fulmini, saette e l’immancabile valigia da scagliare contro le scale e i sottopassaggi affollatissimi; che il treno sia stracolmo di persone, ergo vorresti buttare, con l’aiuto di qualcuno, la valigia dal finestrino oppure lasciare che tutti pensino che la soluzione migliore sia che ti infili la valigia in bocca, tutta intera; il treno sia stracolmo di persone e valigie, valigie, valigie, ergo, i tuoi incubi futuri si popoleranno della loro forma, della loro dimensione, del loro colore, e rimarrai traumatizzata a vita; il treno parta ad un soffio dal tuo naso, e dalla tua valigia, in barba a te che hai fatto una faticaccia abnorme per trascinarla fin là, ergo, valigia + treno = vi odio; che il treno ti stia ad aspettare ed il conducente paziente attenda che tu salga, ergo, tutti i passeggeri ti fisseranno con odio perché con te porti un esemplare di valigia da infilare da qualche parte e ciò porterà anche te a fissare con odio la tua stessa valigia); g) la tua valigia si rompa prima che tu riesca a salire sul treno (ergo, proverai un irrefrenabile impulso a gettarla sotto il treno e l’istinto potrebbe all’istante tradursi in azione).
A parer mio, dunque, è sopportabile avere una valigia con sé e partire con la suddetta in treno solo se: a) fosse piena di stecche di cioccolata; b) fosse piccola, leggera, flessibile, veloce, poco ingombrante, morbida e, in sostanza, pieghevole come un fazzoletto; c) il treno ci fosse, fosse vuoto, fosse sempre al binario 1, e ti aspettasse (in caso, poi, che si rompesse la valigia, che un bel capotreno moro e con i muscoli d’acciaio scendesse in un battibaleno e, paziente, ti aiutasse con fervore); d) tu avessi un facchino alle tue dipendenze (anche un genitore/fidanzato/fratello/cugino/amico può andar bene) che ti portasse la valigia, te la sistemasse sul treno e ti facesse comodamente sedere su un posto accanto al finestrino mentre lui te la incastra perfettamente sul portabagagli (ciò naturalmente implica che, al termine della corsa, il suddetto facchino compaia di nuovo magicamente per eseguire le medesime operazioni nell’ordine inverso).
Quanto detto, per concludere, nulla o poco ha a che fare con la filosofia, eppure anche un “Angolo del Filosofo” come il nostro deve, talora, confrontarsi-scontrarsi con una realtà dei fatti – ahimè – costituita da treni e valigie. Duro, ma necessario, è farci i conti.