Educa è la manifestazione culturale che rimette al centro della riflessione e dell’agire consapevole e responsabile il tema dell’educazione come leva fondamentale per costruire quotidianamente il benessere e la qualità della vita delle comunità e delle generazioni future. L’obiettivo è rimettere al centro delle riflessioni l’educazione che rende l’uomo competente e consapevole, la persona libera e creativa, il cittadino responsabile e dotato di senso civico, e la comunità accogliente e capace di futuro.
È una fortuna che il servizio civile sia presente tra i diversi mondi “educanti” rappresentati in questa manifestazione, assieme alla cooperazione sociale, l’amministrazione pubblica, la scuola, l’università, i centri di ricerca e formazione, gli editori, i media.
Vi è stato in particolare un seminario, venerdì 26 settembre, intitolato “Educare generazioni di cittadini: dall’obiezione di coscienza al servizio civile” i cui contenuti vertevano sostanzialmente sul rapporto dei giovani “in servizio” con l’educazione. Si è cercato di evidenziare come da oltre 30 anni centinaia di migliaia di giovani, investendo sul futuro, fanno esperienza di solidarietà, responsabilità, difesa della patria intesa anche come qualità del vivere. È stata sottolineata la valenza educativa del servizio civile allo scopo di rilanciarlo nelle politiche giovanili e costruirne le prospettive future. Noi di Prodigio, che abbiamo senz’altro partecipato, riportiamo qui la nostra testimonianza.
L’incontro era coordinato da Davide Drei, e si avvaleva della partecipazione di Guglielmo Minervini, Licio Palazzini, Don Giancarlo Perego e Sara Guelmi.
In estrema sintesi tutti i relatori intervenuti sono arrivati alla conclusione che è un legame molto stretto quello tra la oltre trentennale esperienza del servizio civile e il tema, sempre attuale, dell’educazione.
Da quando si parlava di obiezione di coscienza, nei primi anni settanta, le cose sono molto cambiate: è nato il servizio civile vero e proprio, si è ottenuto l’accesso delle ragazze a questa opportunità e si è arrivati ad affrontare problemi tipici dei nostri giorni, legati soprattutto alla ristrettezza di risorse e al reperimento di giovani dopo la fine dell’obbligatorietà del servizio di leva. Un filo conduttore in questi anni è stata proprio la stretta connessione con la funzione educativa.
La prima ad intervenire è stata Sara Guelmi, responsabile dell’Ufficio per il Servizio Civile della Provincia autonoma di Trento, la quale ha riconosciuto come uno dei fondamenti del Servizio Civile la volontà dei giovani di differenziarsi rispetto alla società e di realizzare i propri progetti. Questo dovrebbe contribuire a sfatare il pregiudizio che i giovani non hanno più valori e a superare i retaggi culturali che legherebbero i giovani alle tradizionali realizzazioni individualistiche.
La responsabilità verso i giovani è alta: tramite molti mezzi di informazione viene usualmente proposta come massima aspettativa una possibilità squallida di guadagno e di successo grazie all’immagine o in alternativa la stressante ricerca del classico “lavoro sicuro”, meglio se pubblico e a lungo termine. Qualunque sia invece la motivazione che spinge al servizio civile è comunque una scelta di impegno.
Molto del discorso di Sara Guelmi riguardava perciò i giovani e il modo migliore di rapportarsi con essi, cominciando con l’uso di un linguaggio comprensibile (saper tradurre i messaggi importanti è più importante che trasmetterne di nuovi). Si deve poi far sentire loro vicino l’istituto del servizio civile, in grado di coniugare il personale progetto di vita con il bene sociale, e nel fare questo è necessario essere “testimoni credibili” cioè dimostrarsi coerenti con i valori proposti.
L’intervento di Don Giancarlo Perego, responsabile del centro documentazione di Caritas Italiana, ha aggiunto la Chiesa come soggetto importante nel rapporto “servizio civile-educazione”. Da oltre 10 anni Perego si occupa di tenere aggiornato e vivo il senso profondo del servizio civile dentro l’esperienza ecclesiale. Egli ha rimarcato come il futuro del servizio civile ruota attorno al suo valore educativo. Nel farlo ha rievocato gli anni ‘70, durante i quali “in città” hanno trovato posto per la prima volta gli obbiettori di coscienza, i carcerati e i malati di mente. In quella stagione il servizio civile ha disegnato un rapporto nuovo tra i giovani e gli adulti. Il servizio civile, secondo don Perego, ha anche allargato i confini di quella che è sempre stata considerata la Patria. “La Patria”, ha detto, “non più intesa come nazione ma come mondo. Difendere la Patria diventa quindi difendere un mondo intero, con gli strumenti della mediazione, del dialogo, dello scambio, della non violenza”.
In sostanza:
e invece:
Daniele Drei (vicepresidente di Federsolidarietà Nazionale, con delega al servizio civile) ha aggiunto l’importante questione che il modello centralistico è più controllabile ma peggiore se non vengono valorizzate le diverse realtà, inoltre le organizzazioni di accoglienza possono essere migliorate dai giovani e non solo il contrario. A questo punto Licio Palazzini ha espresso soddisfazione per come il Servizio Civile si è sviluppato in Italia “per fatti”, cioè come espressione di storie individuali che però hanno riguardato l’intero impianto sociale del paese. Quello che manca è però una storia comune che dia conto dell’esperienza nel suo insieme. “Dobbiamo superare la logica dell’anno per anno e chiederci che servizio civile vogliamo nei prossimi trent’ anni”, ha detto Drei, “considerando ogni eventuale cambiamento della società”. C’è bisogno soprattutto di ridefinire il patto sociale tra istituzioni e cittadini. Maggiore attenzione va inoltre data all’operatore locale di progetto. Il servizio civile deve educare, non solo insegnare come fosse un corso pre-professionale. Alcuni enti infatti non si preoccupano di educare i giovani con determinati progetti ma si limitano a “pigliare” i volontari che gli servono.
Guglielmo Minervini, assessore alle politiche giovanili, alla trasparenza e cittadinanza della Regione Puglia, ha definito come il “fulcro dei problemi” lo spreco del capitale sociale. Secondo lui i giovani si stanno socialmente scomponendo. Si cerca di iper-responsabilizzarli ma il problema è negli adulti. La causa di sgretolamento di una società è la separazione e il Servizio Civile si offre come un ottimo antidoto perché è “unificante”, all’opposto di altre esperienze educative che sono spesso individualistiche. Un ostacolo sono gli enti che percepiscono il servizio civile come lavoro socialmente utile. In questi casi esso serve più agli enti che ai giovani. Ulteriore e più generale problema è quello del taglio al sistema del welfare (stato sociale) che sta interessando tutto il Paese. Si deve rilanciare, pensando anche a strutturare il servizio civile in modo diverso, come parte del percorso formativo ed educativo dei giovani.
Al termine degli interventi “ufficiosi” è il momento di domande e chiarimenti; tra le questioni più interessanti quella della limitazione del servizio civile a certe fasce di età e quella dell’errato senso comune che, non senza qualche sfumatura di realismo, continua a considerare il servizio civile come una mera prestazione lavorativa.