Educazione all’affettività a scuola: una necessità

Data: 01/02/06

Rivista: febbraio 2006

La tematica scelta dai ragazzi della 4a A ha sollevato un po’ di clamore all’interno dell’istituto. Inevitabile, ogni volta che si tenta di parlare di sessualità e affettività in ambiente scolastico.

Eppure dal 2003 l’educazione sessuale è entrata a far parte dei programmi scolastici approvati dal ministro dell’istruzione Letizia Moratti. Assieme all’educazione stradale, alimentare, alla salute e alla convivenza civile, anche l’educazione sessuale dovrebbe essere obbligatoria dalla prima elementare all’ultimo anno delle superiori. Il nome è, però, cambiato: adesso si chiama “educazione all’affettività”. L’obiettivo che si propone è non solo quello di rendere i ragazzi consapevoli delle relazioni nella sfera sessuale, ma soprattutto di far crescere in loro un’attenzione per lo sviluppo personale e sociale proprio e altrui, oltre che quello di promuovere l’autostima e il sentirsi bene nella propria pelle. L’educazione affettiva privilegia, inoltre, la dimensione interpersonale e riconosce che lo sviluppo di capacità sociali e interpersonali è centrale per avere un buon rapporto con se stessi e con gli altri. Secondo gli esperti che hanno elaborato i nuovi programmi i giovani devono essere obbligatoriamente educati sulle relazioni sessuali, compresi i metodi contraccettivi, i temi della lotta all’Aids e della pedofilia per essere in grado di difendere la loro salute e la loro vita nell’interesse di tutta la collettività.

Con questa riforma la scuola potrebbe davvero rispondere ad un bisogno forte e reale dei ragazzi riuscendo ad incidere sulla società in maniera positiva. Numerose indagini hanno dimostrato, nel corso degli anni, come l’informazione che gli adolescenti hanno in materia sessuale sia spesso imprecisa e scorretta e come essa sia all’origine di comportamenti a rischio per la salute. Da una recente ricerca della Società italiana di ginecologia e ostetricia condotta su un campione di 1000 studentesse delle superiori tra i 14 e i 16 anni, si evince che le ragazze sono poco informate sulle malattie che si trasmettono per via sessuale. Le principali fonti di informazione rimangono le riviste e le amiche; solo il 20% delle adolescenti è ricorsa al ginecologo e il 12% afferma di avere rapporti sessuali senza contraccettivi.

Da questa ricerca in particolare è anche emerso che il 90% delle ragazze vorrebbe più informazione a scuola; il dato non fa che confermare come la necessità di una chiara informazione ed educazione sessuale sia sentita in maniera molto forte dagli adolescenti italiani. Le risposte che la scuola statale ha tentato di dare fino ad ora sono state in molti casi disorganiche e insufficienti; spesso l’argomento è stato trattato in maniera esclusivamente fisiologica dai docenti di scienze, o secondo una prospettiva etico-religiosa dai docenti di religione cattolica. Proprio in considerazione del fatto che l’educazione sessuale non può essere limitata ad interventi sporadici, come spesso è stato, e che non va trattata solo in maniera medica è nata l’educazione all’affettività: educazione dei sentimenti e delle relazioni affettive attraverso l’intervento di esperti esterni: psicologi, sessuologi, ginecologi…con l’obiettivo di formare e di orientare gli adolescenti a comportamenti e scelte di vita responsabili verso se stessi e verso gli altri.

Si può dire che la scuola italiana abbia recuperato, almeno nell’impianto teorico, il ritardo che aveva nei confronti di altra Paesi in questa materia. In Svezia l’educazione sessuale è, infatti, obbligatoria per tutti dai 7 ai 19 anni e dal 1976 verte anche su questioni di etica sociale e personale; negli USA è materia curricolare dal 1965, mentre nel Canada è obbligatoria dal 1984. In Francia lo è dal 1973, ma solo come “informazione”. Anche in Germania si riconosce una grande importanza all’educazione sessuale e si è consapevoli della sua rilevanza per la società; lo si può cogliere chiaramente da una sentenza del gennaio 2004 della Corte amministrativa di Amburgo. Essa ha stabilito che anche le allieve musulmane non possono essere esentate dalle lezioni di educazione sessuale a scuola. I giudici hanno rifiutato l’appello di una madre di religione musulmana che chiedeva l’esenzione dalle lezioni di educazione sessuale per le figlie adducendo, tra le altre motivazioni, il fatto che l’argomento ha una rilevanza sociale “sopra e oltre la sfera riservata delle famiglie”.

La stessa consapevolezza è alla base dell’educazione all’affettività recentemente introdotta nella scuola italiana: sviluppare negli alunni capacità di ascolto e espressione dei propri sentimenti, della propria interiorità nel rispetto degli altri è fondamentale per avere un buon rapporto con se stessi e saper intrattenere delle buone relazioni con gli altri. Con ovvi risvolti positivi sulla società: meno violenza e più dialogo. D’altra parte rendere consapevoli i ragazzi alle scelte affettive e sessuali è fondamentale per la difesa della salute e della vita di ognuno.

È sì, l’era degli imbarazzi dei poveri professori di scienze -le “vittime” a più alta vocazione di “educatori sessuali”- davanti a diapositive “ginecologiche” sembra davvero finita… professori e studenti ringraziano!

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