Eluana i fatti

Data: 01/12/09

Rivista: dicembre 2009

Sicuramente ricorderete tutti il caso di Eluana Englaro, la ragazza in coma vegetativo a seguito di un grave incidente nel 1992 e lasciata morire nel febbraio 2009.

A settembre è uscito un nuovo libro su questa celebre vicenda (ma ce n’era proprio bisogno?).

I due autori-giornalisti di “Avvenire”, Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola, provano in 140 pagine di essere obiettivi e imparziali tramite una serie di testimonianze e documentazioni raccolte, evitando di collegare al testo argomentazioni di tipo politico o religioso e dando modo al lettore di farsi un’idea personale della situazione, riflettendo sulle grandi questioni etiche scaturite da questo tribolato episodio.

Diviso in 20 capitoli, il libro vuole dimostrare come nel caso Englaro esistessero molte contraddizioni e false testimonianze sulle reali condizioni della ragazza durante il ricovero nella clinica “Talamoni” di Lecco.

Il contributo maggiore per il raggiungimento della morte della ragazza la “battaglia per Eluana” così chiamata dal padre Beppino Englaro, è sicuramente stato quello dei partecipanti della “Consulta bioetica onlus”.

Di questa associazione fanno parte il Presidente Maurizio Mori e Carlo Alberto Defanti, neurologo di fiducia di Eluana. Quest’ultimo sostiene che un medico deve essere sempre disponibile nei confronti del paziente, anche quando la scelta è quella di lasciarlo morire.

Anche Gustavo Raffi, Gran Maestro della Massoneria, si schiera dalla parte di Defanti: ”su questo caso c’è stata una grave e pesante ingerenza della Chiesa – dice – a fronte di una vita vegetativa, resa possibile soltanto dalla tecnologia, ci dovrebbe essere umanità… l’essere umano deve avere il diritto di vivere una vita normale”.

Gli interrogativi etici a riguardo sono molti. Dare cibo ed acqua ad una persona che non è in grado di assumerli autonomamente e che non dà alcun segno di vita si può definire accanimento terapeutico?

Alcuni sostengono che alimentazione e idratazione forzate non siano paragonabili a terapie, ma ad elementi che permettono l’esistenza in vita di un essere ancora reattivo come lo era Eluana. “Accarezzatela sentirete che è ancora viva” così dicono le suore che l’hanno accudita per 15 anni. Altri contraddicono, come il padre, che pochi giorni dopo la morte della figlia afferma: ”negare la possibilità di sospendere nutrizione ed idratazione artificiali significa non conoscere le basi scientifiche. È solo una questione di ignoranza”.

Dopo vari scontri la Corte D’Appello autorizzò al così chiamato “Protocollo di morte” cioè l’interruzione di nutrizione ed idratazione fino al deperimento con somministrazione di antidolorifici, nonostante chi avesse redatto questo protocollo sostenesse che Eluana non provava niente, neppure dolore; un’affermazione su cui si basava principalmente la difesa dell’avvocato Campeis.

Il 2 febbraio 2009 Eluana viene trasportata dall’anestesista De Monte nella clinica “La Qiuete” di Udine dove muore il 9 febbraio.

Beppino Englaro, che non la vedeva da più di una settimana, si dichiara in pace con la sua coscienza ma autorizza la sepoltura religiosa a cui non sarà presente; “Su questo Eluana non ha lasciato alcuna disposizione” dichiara Englaro.

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