Nei giorni 25-27 Maggio 2011 si è tenuta in numerose città italiane una manifestazione di protesta dell’Ente Nazionale Sordi che ha avuto pochissimo spazio sui canali nazionali e sulla carta stampata.
Ci si attendeva infatti che il legislatore italiano riconoscesse la lingua nativa dei segni recependo sia la normativa europea, sia l’invito della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità attraverso un adeguamento normativo nazionale. Il testo era passato a marzo senza problemi al Senato ma ha incontrato insospettabili resistenze alla Camera, la cui commissione Affari Sociali avrebbe sostituito la dicitura “Lingua Italiana dei Segni” con “Linguaggio Mimico Gestuale”.Migliaia di persone si sono dunque riunite per far sentire la loro voce contro tale decisione che, facendo perdere ogni peculiarità a questo sistema di espressione, andrebbe a minare la già precaria situazione italiana in cui l’integrazione tra l’audioleso e la società è fortemente condizionata dall’assenza di interpreti pubblici che aiutino il cittadino in situazione di difficoltà (ospedali, uffici pubblici). Tale cambiamento di dicitura potrebbe costituire, nei timori degli oppositori, un precedente legislativo che consenta un ulteriore disinvestimento da parte delle istituzioni con un danno significativo per coloro che di questa lingua si avvalgono quotidianamente.
Ad una prima analisi la questione sembra riguardare semplicemente la filosofia e la scienza della comunicazione e parrebbe capziosa per i più, ma in realtà è di importanza radicale per la comprensione del genere umano: la scienza dice che esistono linguaggi in grado di comunicare anche in assenza di suoni udibili e che l’essenza di un linguaggio non deve essere confusa con le modalità della sua trasmissione. Nella nostra epoca fatta di internet e di informatica questi concetti dovrebbero essere abbastanza d’uso comune se pensiamo alle opportunità odierne di comunicare di cui disponiamo senza l’uso di parole, ma evidentemente non in tutti campi è palese questa opportunità. Perchè possa avvenire la trasmissione è tuttavia essenziale che ci sia un codice condiviso, ossia un sistema di segni che veicoli un significato così da permettere al destinatario di decifrare correttamente il messaggio. La Lingua Italiana dei Segni possiede queste caratteristiche morfosintattiche ed è dunque di diritto da annoverarsi tra le lingue utilizzate su suolo italiano. La modifica proposta sembra invece fare appello ad una naturale e innata capacità espressiva di fatto priva di codificazione condivisa ed in questo sembra misconoscere la teoria linguistica alla base della LIS, generando la protesta.
Accanto a questo c’è però un’altra ragione, che, benché non venga mai esplicitata, costituisce un punto di disaccordo ancora maggiore. Sto parlando del dibattito sugli impianti cocleari e sulle tecnologie di aiuto in generale, che se da un lato offrono una sensibile possibilità di integrazione per gli audiolesi, dall’altro non fugano ancora tutte le perplessità esistenti sul loro utilizzo e sulle possibilità di soddisfare tutte le aspettative. In conclusione dunque promuovendo la LIS si difende la possibilità etica che il disabile scelga la propria modalità di integrazione sociale, partendo da considerazioni di carattere personale in base alla propria filosofia di vita e lasciando che quella tecnologico chirurgica resti solo una delle offerte di un panorama più ampio, adattabile alle esigenze più diverse, senza che ragioni pratico economiche obblighino a una integrazione forzata.