“Faremo gli occhiali così”

Anno 2017, giorno primo. Mi siedo davanti la TV per il consueto rito del caffè con news, consuetudine che, peraltro, ogni cittadino dovrebbe avere. Le mie news sono però un po’ diverse, in quanto io sono una ragazza non vedente. È proprio la trasmissione di informazione ai disabili il punto focale del mio articolo. La tecnologia dei media sta compiendo passi da gigante: telecamere nei posti di guerra, telecamere a tutto campo negli stadi e sui caschi dei piloti di formula uno o del moto GP. I telecronisti sono sempre più attenti ai dettagli estetici e sempre meno a quelli etici. Molti giornali hanno le piattaforme online, ma poche sono accessibili ai programmi di lettura per non vedenti. Un cieco può anche “arrangiarsi” ed usare la radio – mezzo tra l’altro eccezionale – ma un sordocieco come fa?

La soluzione per me è semplice. In Italia esistono dei master eccezionali (e altrettanto costosi) per la preparazione alla professione del giornalista. Ecco, il grande sforzo che i professori dovrebbero compiere sta nell’insegnare ai nuovi giornalisti i linguaggi per parlare ai disabili, tra cui ciechi e sordociechi.

Ecco due brevi testimonianze:

“Emozioni radio-stadio. Ricordo che era il primo giorno d’inverno, lo stesso del mio compleanno. Avevo atteso questo giorno da sempre. Finalmente per la prima volta potevo vedere la mia squadra allo stadio! La partenza, l’arrivo allo stadio, mani che si stringono l’una all’altra, centomila voci che intonano l’inno, il tic tic dei tacchetti del portiere che battono sul palo… poi il nulla. La mia squadra segnava un gol e poi un altro ancora, ma io percepivo tutto questo solo grazie ad un improvvisato cronista seduto accanto a me. Oggi sono nella mia cameretta; a giocare è sempre la mia squadra. L’adrenalina è altissima e le mani mi sudano. Non c’è gente intorno a me, solo una voce magistrale che esce da una radiolina. Colori, cori, azioni, dribbling e schieramenti descritti magistralmente. Mi piace sempre ricordare le parole di un grande speaker radiofonico che ho sentito ad un convegno: «Quando si parla alla radio, si parla sempre ad un pubblico di non vedenti»”

“Io sono Carlos, un ragazzo brasiliano sordocieco. Sono molto appassionato di calcio e quest’anno nel mio Paese ci sono i mondiali, ma io non posso né vederli né sentirli. Per questo i miei amici hanno costruito un piccolo campo a rilievo e tramite il Malossi, la lingua dei sordociechi, sono riusciti a descrivermi la partita. «Peccato aver perso»”

Ogni giornalista panestetico dovrebbe essere come il mio improvvisato cronista o come gli amici di Carlos. Ogni stadio dovrebbe avere la sua piattaforma panestetica.

Affido la conclusione di questo pezzo alle parole di una splendida canzone di Fabrizio De Andrè, riadattandola un po’ per l’occasione: “Daltonici, presbiti: mendicanti di vista. Il cliente di luci, il vostro giornalista. Ora vuole soltanto tifosi speciali che non sanno che farne di occhi normali”.

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