“Fatta la legge trovato l’inganno”

Data: 01/12/00

Rivista: dicembre 2000

Questo giornale va in stampa ogni due mesi circa e quindi certe notizie apparse appena dopo la sua chiusura in redazione vengono trascurate nel numero seguente per “vecchiaia” salvo non abbiano un interesse particolare. Nell’ottobre scorso è stato il caso di una di queste. Ecco alcuni titoli e commenti della stampa: «Assunzioni per i disabili solo nell’ente pubblico»; «Nuovo ghetto dove non è necessario»; «Handicappato = ente pubblico come al tempo dei falsi invalidi»; «Rifiuto del disabile nel privato perché c’è il pubblico: lì non ti rompono».

Ma cosa era successo?

Tutta la vicenda prende il via in Umbria. RM, un invalido affetto da epilessia, vistasi rifiutare l’assunzione come operaio generico in una ditta meccanica, si rivolge al pretore del lavoro di Spoleto chiedendo la tutela del suo diritto ad essere assunto in quota invalidi e la condanna dell’azienda al risarcimento dei danni morali e materiali.

La sentenza pretoriale gli è però sfavorevole ed RM decide allora di fare ricorso in secondo grado presso il Tribunale di Spoleto. Il giudice nondimeno la conferma in pieno affermando che la legge di tutela non contiene alcun principio volto ad assicurare, in ogni caso ed indipendentemente dalla compatibilità, l’inserimento del lavoratore nell’impresa.

Osserva nelle sue motivazioni: «La puntuale verifica delle condizioni di lavoro, effettuata a suo tempo dal pretore ed integrata dalle prove testimoniali assunte nel grado, in relazione all’attività per la quale l’invalido era stato avviato, giustificava il rifiuto di assunzione della [..], presso cui non era stato possibile rinvenire una mansione compatibile con le caratteristiche psico-fisiche del M. affetto da epilessia».

Le indagini infatti avevano escluso la possibilità di un proficuo impiego di RM in quanto la pulizia degli uffici era stata appaltata ad una ditta esterna, quella dei reparti era eseguita con l’uso di macchinari non praticabili dal ricorrente e quella del piazzale, animato da un continuo e intenso via vai di veicoli, da un addetto munito di motoscopa, parimenti non gestibile da RM.

RM non si da per vinto ed impugna la sentenza in terzo grado ma perde ancora: la Cassazione nel confermare in pieno lo spirito della legge che impone l’assunzione del lavoratore appartenente a categorie protette, afferma che «l’obbligo di assunzione non è assoluto ed incondizionato, ma il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione qualora emerga l’impossibilità di un utile collocamento dell’invalido nella struttura dell’impresa».

In altre parole, il datore di lavoro (cui spetta l’onere della prova esimente) è esonerato dall’obbligo di assunzione qualora emerga, attraverso una verifica rigorosa, l’impossibilità di un utile collocamento dell’invalido nella struttura operativa complessiva dell’impresa: la natura ed il grado di invalidità non possono però essere di pregiudizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro ed alla sicurezza degli impianti.

Conclude la Cassazione: «Dall’esame della sentenza impugnata risulta che il Tribunale di secondo grado ha rispettato questi principi, per cui la sentenza merita di essere confermata».

La Corte pertanto rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali che quantifica in 47mila lire per spese, oltre 3 milioni 500mila lire per onorari di avvocato in favore di controparte. Conseguenza pratiche: l’impresa può rifiutarsi di assumere invalidi.

Che dire? Un disabile non può certo essere impiegato in mansioni cui non è in grado di far fronte, né essere di danno all’attività dell’azienda né un pericolo per sé e per gli altri. Non ci sono dubbi su questo, tutti d’accordo ma parliamoci chiaro: chi verificherà che un’azienda non si impegni in una snervante (per il disabile) attività di interpretazione dell’invalidità per evitare di assumerlo (ricordiamo un caso qui a Trento 6 anni fa)? Che farà costui?

Dovrà affrontare processi, controprocessi, perizie, contro perizie, nuove visite da specialisti per vedersi dichiarato all’altezza del lavoro offerto? E se avrà torto, sarà anche chiamato a pagarne le spese?

C’è una legge, la 68, definita “legge per il collocamento mirato” che avrebbe dovuto superare queste contrasti, mettendo d’accordo invalidi, datori di lavoro e sindacati: dov’è? A che serve?

Oppure qualcuno pensa che le 401 mila e rotte lire di pensione concesse all’invalido dallo Stato siano un danno minore rispetto a quello che questi può arrecare alla produttività di un’azienda?

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