Intervista ad Aurelia Cipollini, co-fondatrice de L’arcolaio
In tempi di forzato distanziamento interpersonale, una fiaba raccontata al telefono da una voce calda e avvolgente può essere molto di conforto. Così in quarantena è sbocciato “Fiabe al telefono”, progetto ideato da Aurelia Cipollini e Marzia Quartini, attrici che due anni fa hanno dato vita a L’arcolaio. Ne abbiamo parlato con la prima.
Raccontaci qualcosa di voi e del vostro progetto.
Siamo due attrici residenti a Lecce. Io originaria di Ascoli Piceno, mentre Marzia è del posto. Il nostro progetto cerca di recuperare tutto ciò che riguarda la tradizione orale, di riscoprire il valore dei diversi sistemi di trasmissione, riproponendo narrazioni, fiabe, canti, leggende, miti. “Fiabe al telefono” fa parte di questo progetto. Pensato diversi mesi fa, per questioni lavorative non siamo mai riuscite ad avviarlo. L’abbiamo attivato in questo periodo di quarantena casalinga: ci sembrava una cosa bella da offrire. Il progetto in sé è molto semplice: abbiamo attivato un numero, le persone possono chiamarci il martedì e il giovedì dalle 17.00 alle 19.00, per ascoltare una fiaba. Sono fiabe tratte dalle tradizioni popolari di tutto il mondo, lette dal vivo dalle nostre voci. Abbiamo inoltre attivato un gruppo Whatsapp in modo da poter inviare le registrazioni delle fiabe, così che possano essere riascoltate.
Che obiettivi vi ponete?
Innanzitutto restituire la centralità e la cura delle persone, curando gli animi attraverso la bellezza e l’incanto che le fiabe possono donare. Coltivare rapporti autentici, riscoprendo la radice sociale che, come persona, ognuno di noi ha. Scoprire il bisogno che abbiamo degli altri, cercando di abbandonare la paura dell’altro e del diverso. E, non meno importante, educare l’ascolto e all’ascolto. Proprio per questo è per noi essenziale leggere queste fiabe dal vivo. Le chiamate si svolgono in maniera semplicissima: ci chiamano, rispondiamo, scambiamo mezzo minuto di chiacchiere presentandoci, per far sentire la vicinanza. Ascoltare queste voci dal vivo fa sentire partecipi le persone, che diventano custodi di quello che noi leggiamo. Anche il fatto di leggerle dal vivo senza l’aiuto delle immagini, di concentrarsi solo sull’ascolto, sul suono della voce e delle parole, sulla musicalità e sui colori che possiamo donare a un testo scritto, danno la possibilità di accedere immediatamente e in maniera privilegiata all’interiorità di chi ascolta, e viceversa. È questo scambio che ci fa emozionare.
I vostri utenti di che fasce d’età sono?
Per la maggior parte adulti con bambini, ma ci chiamano anche anziani e giovani. Le fiabe che proponiamo non sono solo per bambini. O meglio, sono per bambini da 0 a 99 anni.
Quali sono le reazioni?
Nel confronto con i bambini ci vuole grande impegno: sono abituatissimi a stare davanti a tv e video, quindi catturare il loro ascolto e mantenerlo vivo, per quei cinque minuti, è per noi una difficoltà in più. Non avendo l’immagine, dobbiamo colorare ancora di più la nostra voce e mettere in campo tutti i nostri saperi attorali. Quanto alla percezione del significato, penso i bambini ricevano in modo più puro, mentre negli adulti c’è più un ragionamento dietro all’ascolto. Una rielaborazione c’è anche nel bambino, più simbolica, interna e inconscia; nell’adulto lavora di più la parte razionale.
E negli anziani?
Gli anziani di oggi sono ancora più abituati a questo tipo di ascolto: sono i nostri nonni, quelli che ci leggevano le fiabe raccolti con i nipotini. Per loro è un valore in più, è come un ritorno a quella dimensione di focolare e di calore che hanno vissuto in prima persona, donandosi a figli e nipoti. Abbiamo fatto chiamate in centri per anziani e case famiglia. In tanti ci contattano per farci chiamare i nonni all’ospedale da soli; li chiamiamo e sono contenti.
Immagino che soprattutto in un periodo come questo sia un segno di vicinanza e conforto.
Una delle cose più belle di questo progetto è sicuramente vedere il bisogno che abbiamo tutti dell’altro, della persona, del contatto umano. Non possiamo stare da soli. Il coronavirus ha messo ancora più in luce questo nostro bisogno profondo. Penso che ce l’abbiamo in generale nella vita, ed è commovente vedere quanto ne abbiamo bisogno. È stato molto forte per noi vedere così tanta richiesta e voglia di partecipare.
Quante chiamate ricevete?
Centinaia, ogni giorno. Ma ricordiamo che riceviamo solo il martedì e il giovedì. Si può mandare un messaggino allo stesso numero per essere inseriti in un gruppo Whatsapp e ricevere le registrazioni. Riusciamo a rispondere ad un centinaio di persone ogni giornata lavorativa.
Fino a quando andrà avanti il progetto?
Speriamo per sempre.