Finalmente (forse) si potrà salire sul bus

Data: 01/12/00

Rivista: dicembre 2000

Da anni si fa un gran parlare di trasporto disabili, dell’impegno di metterli in condizione di spostarsi in modo autonomo costruendo mezzi pubblici adatti.

In verità, dal 1990 funziona in provincia un servizio trasporto apposito gestito da cooperative sociali come la Ruota, la Strada, la Casa ma, a loro discapito, c’è il fatto di funzionare come dei trasporti speciali, di “spostare” i disabili più che trasportarli.

La vera soluzione finale del problema per i disabili è sempre quella di viaggiare come tutti gli altri cittadini: sosta alla fermata, arrivo del bus, coda, salita, percorso e discesa. Svariati i tentativi di attuare il proposito ma nonostante le esperienze di alcune città estere come quelle di Berlino, Amsterdam, Stoccolma, Sydney ormai quasi entrate nel mito nulla di concretamente valido per ogni situazione è stato messo a punto.

Ognuno va per la sua strada nella ricerca della soluzione, condizionato in ciò da molti fattori, strade piane o in salita, centri storici o grandi viali, e così è stato qui da noi.

Anche a Trento, sotto la spinta di una richiesta sempre più pressante, si è cercato di affrontare il problema incaricando già qualche anno fa l’Atesina di cercare la soluzione.

La svolta, una “svoltina” per la verità, il 5 ottobre scorso: viene presentato un autobus sbarrierato. Al test di prova sulla sua funzionalità ed uso vengono invitati vari disabili in carrozzina: Carlo, Clara, Graziella, Giuseppe.

Punto di ritrovo piazza Dante, lato stazione ferroviaria. La linea predisposta in precedenza con piazzole apposite è la 13, dalla stazione ferroviaria a Villazzano con 5 fermate annunciate. Sono presenti autorità varie, i vertici dell’Atesina con l’ingegner Masini, Loss dell’Anmic (Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili) ed alcuni tecnici.

Ecco il bus: grande ed arancione si accosta come tutti gli altri al marciapiede. Mentre le porte centrali si aprono, da sotto il pianale scivola fuori un lucente scivolo zigrinato e bordato di rosso chiamato dagli addetti “lama” che si poggia sul marciapiede. La pendenza della pedana dipende all’altezza del marciapiede rispetto al piano stradale anche se, grazie ad un sistema di sospensioni pneumatiche, il bus può regolare la propria distanza dal suolo.

Arriva il momento del “Signori in carrozza!”: si percorre la pedana e si è sul bus. Si viene incarrozzati, cioè alloggiati, a destra salendo, spalle all’autista. La carrozzina viene bloccata spingendo le ruote posteriori contro delle sbarre e un poggiatesta ferma la testa in caso di frenate brusche mentre le partenze sono bloccate da una cintura di sicurezza. Sul corrimano un pulsante per chiamare la fermata all’autista. Sbrigate queste operazioni si parte: il viaggio è comodo, senza scossoni o altri problemi.

Subito una sorpresa: le fermate attrezzate sono scese per motivi “tecnici-amministrativi-burocratici” da 5 a 4 ma, nonostante il gran spreco di termini, impossibile capire il perché.

Alle 15 si parte: onori e rischi del primo imbarco a Clara, seguita da Graziella. Si infila sicura, gira, viene ancorata e si può partire. All’arrivo esprime una quieta soddisfazione.

Tocca a Pino. Sentiamolo appena sceso dal giretto: «La pedana sembra sicura anche se in certe fermate è troppo ripida. Per fortuna mi accompagnava un amico e non ho avuto alcuna difficoltà particolare perché lui con le sue mani ha fatto alcune operazioni ma se fossi stato solo le cose sarebbero state ben diverse! Ho fatto un giro per la Bolghera piano piano, senza scosse, il bus appare molleggiato e ben comodo.

All’arrivo la prima difficoltà: farmi sbloccare. Poi mi avvio alla pedana che mi appare ben ripida. I responsabili mi invitano a scendere ma a guardare la pedana mi vengono i brividi.

Chiedo al mio accompagnatore di tenermi e lentamente scivolo sul marciapiede. Lì c’è già pronta in attesa un’altra disabile cui lascio il passo. Che dire? Emozionante e normalizzante il viaggiare in autobus dopo tante promesse… per chi è totalmente non autosufficiente è indispensabile farsi accompagnare da qualcuno anche se ci va con la carrozzina elettrica… è chiaro che questo non è spostarsi in modo autonomo. La pedana è troppo ripida ed il sistema di blocco della carrozzina, non offre il massimo della sicurezza. Per me è solo l’inizio e da qualche parte bisogna pur partire nell’ottica di scegliere le modalità più idonee di trasporto e diversificare i vari servizi offerti.»

Parla anche Carlo, un po’ in disparte ma dal cui viso traspaiono evidenti le perplessità: allora Carlo come è andata? Piccola smorfia e: «Mah… la prima impressione è che il bus non sia così accessibile come il termine usato per qualificarlo vuol lasciar intendere.

Per salire bisogna avere una carrozzina con pedaline poggiapiedi alte e forti motori elettrici per superare lo scalino tra la pedana ed il piano passeggeri del bus; non mi convince… se arrivi troppo veloce rischi di ribaltarti.

Al tecnico presente sul bus ho fatto alcune osservazione e ho suggerito alcuni cambiamenti per migliorare la situazione ma lui mi ha risposto che non era possibile apportare modifiche perché la pedana ormai era stata omologata così ed eventuali varianti avrebbero dovuto rifare l’omologazione con una lunga trafila…

Gli ho ripetuto chiaro che così non va e gli ho chiesto cosa fossimo venuti a fare, se a fare un test e dire la nostra opinione oppure a prendere atto di come erano le cose e a far la recita dei disabili accontentati per voi?

Mi ha risposto: Cercheremo di apportare migliorie e più avanti faremo una nuova prova nel piazzale dell’Atesina.»

La prova-gita è finita e tutti riprendono la loro strada, chi con l’auto del padre, chi con il servizio della Ruota, chi spinto da un amico, chi s’arrangia… tutto come prima ma con una speranza in più!

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