Sono arrivati solo da qualche mese Tony e i suoi tre figlioli, di recente accolti alle pendici del Bondone.
Il filo conduttore di questa storia è il legame di Miriam con Tony che ha fatto sì che lui lasciasse le Galapagos per raggiungerla a Trento.
Il viaggio in Italia è partito dall’intraprendenza di Miriam: ecuadoriana, è arrivata nel Bel Paese dodici anni fa per ricongiungersi con un suo caro. Agli esordi della sua avventura si trovò a Milano, come molti migranti: all’estero il capoluogo lombardo è una città di cui si favoleggia il grande potenziale occupazionale, pregna di opportunità da sfruttare e su cui aleggia un alone di democratica opulenza. Anche in questo caso le aspettative erano elevate.
La realtà le ha però presentato un altro paesaggio: traffico, inquinamento, caoticità, un ambiente saturo sotto ogni punto di vista…quasi quanto Guayaquil, dice, la città adagiata sul fiume Guayas che tende ai 4 milioni di abitanti ed elevata a capoluogo di provincia dell’omonima regione dell’Ecuador.
Poco tempo dopo s’è spostata verso est, arrivando così a stabilirsi a Trento.
Sotto alcuni aspetti Quito, la capitale dell’Ecuador, le sembrerebbe più avvicinabile a Trento… per le montagne, non per altro però! Sono mondi opposti se si considera la dilagante violenza che imperversa nelle strade della metropoli sudamericana.
Tony sorride mentre Miriam racconta delle città d’origine confrontandole con le nostrane: lui, con i figlioli, è arrivato solo da qualche mese ma ha ancora ben nitido il ricordo del suo paese d’origine, le Galapagos.
Non provengono dal “continente” ma da Santa Cruz, che fa parte di un arcipelago formato da quattordici isole che distano a quasi mille chilometri dalle coste dell’America del Sud: nell’Oceano Pacifico.
Più piccole, naturalistiche e anche ampiamente più tranquille del “continente” sono nominate anche Las Islas Encantadas per la bellezza incontaminata e per la varietà di specie naturali che le popolano, raramente visibili altrove.
Un’opportunità con lo studio. La faticosa continuazione di un percorso accademico
Miriam arrivò in Italia a fine gennaio del 2001 accompagnata da un gran freddo: ed è proprio il gelo penetrante la prima impressione che affiora dai suoi ricordi.
Nella mia città ero un’insegnante, appena arrivai trovai un impiego come baby-sitter ma guadagnavo proprio poco. Solo successivamente, grazie al passaparola di un’amica, sono passata ad assistere anziani. Nonostante mi piacesse di più lavorare con i bambini ho proseguito con quell’attività per un po’di tempo per trarne maggiori benefici economici.
Arrivata in Italia oltre ad adoperarmi per cercare lavoro volevo però studiare: ho impiegato due anni per richiedere e organizzare le carte necessarie: ho dovuto fare la dichiarazione dei “valori”, procurarmi tutti i certificati chiedendone attestati ad ogni istituto che ho frequentato in Ecuador ed, infine, ho tradotto tutta la documentazione. Il sistema scolastico lì, in Ecuador, è diverso ma con il percorso di studi che avevo intrapreso già ero in possesso della qualifica per insegnare.
In Italia tali conseguimenti non erano sufficienti: nel 2006 sono riuscita ad iscrivermi all’università di Trento frequentando la specialistica in “Letterature euro-americane, traduzione e critica letteraria”; ho incontrato tante difficoltà per il riconoscimento degli esami sostenuti all’estero e i maggiori ostacoli sono derivati soprattutto dalla disinformazione, dalla poca preparazione e dal limitato scambio d’informazioni a riguardo.
L’ente che m’ha davvero aiutato in tutto il percorso, dal reperimento dei certificati fino all’assistenza universitaria nell’ateneo trentino, è stato il Welcome Office e una dottoressa dell’ATAS: non sono pratiche semplici da sbrigare per un privato. Riuscire a far comunicare ambasciate di diversi paesi per farsi inoltrare attestati può diventare un’avventura senza esito. Con l’intervento di questi uffici, invece, l’iter burocratico si è considerevolmente agevolato!
La fatica iniziale è stata proprio il riferimento iniziale: a chi chiedere? Ho dovuto scoprire da sola, tramite voci, passaparola, tentativi…al Welcome Office hanno saputo darmi un aiuto concreto sia per dubbi concettuali che pratici.
Dal 2002 lavoro in un’impresa di pulizie che opera all’Ospedale Santa Chiara: nonostante abbia conseguito una laurea in Ecuador, una a Trento e stia frequentando il corso per mediatori culturali, questo lavoro è l’unico che mi offra l’opportunità di usufruire dei diritti di un contratto regolare, sicurezze per il permesso di soggiorno e tale impiego mi consente di prendere ferie per tornare a far visita ai miei genitori. Il clima sul luogo di lavoro non è dei migliori: non manca qualche strigliata o persone che si permettono di trattarti male ed umiliarti ma, a parte aspetti negativi, sono maggiori le opzioni che ti permettono di vivere dignitosamente.
Ma come arrivarono qui Tony e i tre vispi ragazzini?
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse
Quattro anni fa Miriam stava cercando materiali riguardanti una scrittrice americana che si occupasse di viaggi per una ricerca all’università: la scelta cadde su Johanna Angermeyer che, per vicende biografiche personali, si trovò nell’isola di Santa Cruz, alle Galapagos, e si innamorò di tale paese tanto da scriverci un libro, My Father’s Land: a Galapagos Quest. Cercando in Internet informazioni a riguardo Miriam scoprì che tale autrice compariva tra gli amici di un suo ex compagno di classe: Tony. Approfittando della coincidenza ricontattò l’amico.
Miriam e Tony si conobbero sui banchi di scuola a Machala, città che s’affaccia sul golfo di Guayaquil, si ricontattarono poi grazie al libro e, soprattutto, grazie alla conoscenza della scrittrice Angermeyer. L’amicizia tra Johanna e Tony è molto forte e duratura: già in gioventù instaurarono un rapporto tanto profondo che lei lo considerava un figlio. Durante l’infanzia Tony era solito frequentare la sua casa, benvoluto ed accolto proprio come un parente molto stretto, e ancora oggi sono rimasti in buonissimi rapporti.
…quel giorno (più non) vi leggemmo avante
Ora Tony ed i tre figlioli hanno di recente raggiunto Miriam in Italia. Si stanno ancora ambientando. Lui alle Galapagos era un ispettore della bio-sicurezza di protezione ambientale all’aeroporto: ricopriva il ruolo di coloro che vegliano sull’inalterabilità della fauna e della flora locale, figurava quindi tra i guardiani che controllano che il paradiso del Pacifico rimanga tale, prevenendo l’introduzione di alterazioni delle tipologie degli esseri viventi locali. Fine lodevole se si pensa che proprio dall’osservazione delle specie endemiche animali e vegetali di queste terre Charles Darwin trasse ispirazione per formulare la teoria dell’evoluzione delle specie.
Tony, nonostante sia fresco d’Italia, ha le idee ben chiare su Trento.
È una piccola cittadina, pulita, la gente è riservata ma sono solidali. Hanno un cuore grande, c’è il rispetto, ad esempio in un contesto quotidiano come il condominio, è vero che sono titubanti a salutare, ma è anche vero che rispettano le regole di una civile convivenza.
Ho avuto modo di notare che qui ci sono anche delle leggi contraddittorie, come non poter fumare nei luoghi chiusi ma che sia lecito farlo alla fermata dell’autobus. Nonostante ciò ho trovato molti elementi positivi, soprattutto per i miei ragazzi: partendo dall’istruzione scolastica, nell’organizzazione dei servizi e anche nella solidarietà. A tal proposito sia io che Miriam stiamo anche seguendo un corso per volontariato della croce rossa per contribuire di persona a formare il tessuto sociale e metterci in gioco.
Abbiamo anche assistito ad episodi di razzismo tra migranti, non da parte d’italiani nei nostri confronti: li vediamo litigare in fila, c’è una vena di egoismo tra gli stranieri. Anche se hanno delle informazioni che potrebbero essere utili anche ad altri, che riguardano corsi, orari d’uffici… non te lo dicono, non sono uniti, cercano di contrastarsi: hanno paura che condividendo il loro sapere o la fonte di risorse siano loro sottratte delle opportunità.
Secondo me – interviene Miriam – lo spartiacque è la cultura: al corso di mediatori culturali siamo un bel gruppo eterogeneo di persone e l’affiatamento è palpabile! Non ci sono invidie o divisioni; nel gruppo c’è anche un peruviano e, in Sud America, tra Ecuador e Perù, solitamente c’è una certa antipatia derivante da un retaggio tradizionale: si dice che siamo come cane e gatto, anzi, come scimmia e gallina. È una bella esperienza quella del mediatore culturale, professione che funge da collante e da ponte tra le culture.