Genetica: amica o nemica?

Data: 01/04/04

Rivista: aprile 2004

È giusto un aborto per evitare di dare alla luce un figlio in cui si sono individuati problemi di carattere genetico? Si può stabilire, in base ad una selezione tra embrioni fecondati, quali sono “degni” di svilupparsi e quali no? Queste sono solo alcune delle domande ipotizzabili alla luce delle nuove possibilità offerteci dalle biotecnologie e, in particolare, dai nuovi metodi di analisi prenatale. La possibilità di fare una selezione degli embrioni a seconda delle qualità genetiche suona ancora come qualcosa di strano. Eppure, i presupposti non mancano. La mappatura del genoma umano è stata dichiarata completata nel 2000 (ad opera della Celera Genomics) e i ricercatori hanno già individuato i singoli geni deputati all’insorgere di alcune malattie come la fibrosi cistica e la distrofia muscolare di Duchenne. Per ora, le nuove conoscenze genetiche hanno avuto un grande impatto più sulla ricerca stessa che sulle persone o sulla sanità pubblica. Questo non significa che il riscontro sulla realtà quotidiana non ci sia ancora stato. Nel febbraio del 2000 il Presidente Clinton ha firmato un ordine esecutivo che proibisce l’utilizzo dell’informazione genetica da parte dei datori di lavoro e delle agenzie assicurative. Questo perché negli U.S.A i test genetici sono ormai all’ordine del giorno tanto che si è parlato dell’eventualità di stilare una sorta di passaporto genetico per ogni cittadino. Il rischio che qualcuno possa fare discriminazioni in base alle probabilità di sviluppare malattie genetiche non è poi così remoto.

L’importanza del “carattere”

L’amniocentesi, così come altre forme di analisi intrauterine, consente ormai da diversi anni di evidenziare eventuali malformazioni genetiche e molte donne possono decidere sulla scorta dei risultati di interrompere o meno la gravidanza. Pratiche diffuse, ma non ancora universalmente accettate. Intanto però, nei laboratori, la ricerca fa passi da gigante, superando, di fatto, i tempi della discussione. E anche la pratica non è tanto indietro. Lo scorso anno, tre coppie australiane hanno ricevuto l’autorizzazione a dare alla luce dei bambini che potrebbero diventare donatori compatibili per i loro fratellini, colpiti da un tipo molto raro di anemia. Ancora, in Francia, grazie alla manipolazione genetica è stato possibile far nascere un bambino privo di una malformazione epatica che aveva già causato la morte di altri tre fratellini. E questo solo per fare degli esempi. Ma la notizia pervenutaci lo scorso anno dagli U.S.A ha dell’incredibile, almeno ,per chi è tradizionalmente convinto che “non sentire” sia un handicap. Una coppia di donne sorde omosessuali ha volontariamente scelto di generare ,grazie all’inseminazione artificiale, due figli non udenti come loro. E’ giusto? E’ sbagliato? Ognuno ha la sua idea a riguardo e sarebbe bello conoscere anche l’idea del nascituro al riguardo. Al pari di opportunità molto promettenti, come il trattamento di malattie finora incurabili, lo sviluppo biotecnologico potrebbe offrirci anche discutibili opzioni di “eugenetica”(branca della genetica, volta a migliorare le caratteristiche della specie umana). Come dice il filosofo e sociologo contemporaneo Jurgen Habermas: “(…) fare shopping in un supermarket genetico è uno scenario del futuro su cui si è a lungo incentrato il dibattito bioetico negli U.S.A. Se non siamo sicuri di volere davvero questo tipo di eugenetica personalizzata, dovremmo stare attenti agli sviluppi in questa direzione delle pratiche di cui oggi si discute”.

Quelle vite “indegne di essere vissute”

La genetica e la biotecnologia moderna permettono di utilizzare metodi di eugenetica completamente nuovi, come ,appunto, la selezione prenatale basata sulle qualità genetiche. L’eugenetica(dal greco: buona nascita) ossia lo sforzo di migliorare la razza umana attraverso il controllo della riproduzione, è stato ed è tuttora un aspetto controverso della ricerca biomedica.

La storia dell’eugenetica è segnata da terribili esempi di “lucidi” deliri collettivi come fu il programma di sterilizzazione e di eliminazione , Aktion T4 il suo nome , organizzato in Germania dal regime nazista. Un programma che mirava a “rendere puro il popolo tedesco” e ad “eliminare tutte le impurità , rappresentate da disabili fisici, malati mentali, persone con difetti congeniti. Il tutto per assecondare l’idea che una società non può essere gravata dal peso di individui non in grado di produrre, da “involucri vuoti le cui vite sono indegne di essere vissute”, come amava definirli Hitler. Pertanto, queste persone, non avevano il diritto di procreare né tantomeno di vivere. L’idea nazista di eugenetica è riassunta perfettamente nelle parole di H. W. Kranz (1897-1945) direttore dell’Istituto di Eugenetica dell’Università di Giessen: “Esiste un numero assai elevato di persone che, pur non essendo passibili di pena, sono da considerarsi veri e propri parassiti, scorie dell’umanità. Si tratta di una moltitudine di disadattati che può raggiungere il milione, la cui predisposizione ereditaria può essere debellata solo attraverso la loro eliminazione dal processo riproduttivo” Dal 1934 al 1939 vennero sterilizzate centinaia di migliaia di persone considerate non produttive. Non soddisfatta, la macchina nazista passò all’eliminazione fisica della sua “zavorra umana”. Negli anni 1940 e 1941 oltre 70.000 persone vennero uccise. Tutto all’insaputa dei famigliari a cui per altro si mandava una cortese lettera di condoglianze. Inoltre, non mancarono gli scienziati che approfittarono dell’ingente materiale umano per compiere esperimenti raccapriccianti e per testare le tecniche di sterminio che sarebbero cominciate su larga scala di lì a poco tempo. Ma purtroppo, l’esempio nazista è solo uno dei più lampanti. Anche Paesi insospettabilmente socialdemocratici attuarono una politica di eugenetica. Negli Stati Uniti, in Svezia, in Canada, nei paesi dell’area scandinava le sterilizzazioni coatte sono continuate fino agli anni ’70 ( si parla di centinaia di migliaia di persone sterilizzate perché considerate immorali e socialmente inadeguate). Questo, nonostante la sbandierata indignazione del mondo “civile” nei confronti della scoperta dei crimini dell’eugenetica nazista, nonostante che, nel 1948, molti di questi stessi Paesi avessero sottoscritto la “Convenzione sulla prevenzione e repressione dei crimini di genocidio” nella quale si equiparava esplicitamente la sterilizzazione alle altre forme di sterminio. Da questo, forse, si può desumere che l’eugenetica può attecchire anche nelle più “civili” democrazie occidentali. E’un rischio sempre presente in una società in cui è dominante la ricerca del profitto a tutti i costi e per cui l’ individuo vale più in termini di efficienza produttiva che di soggettiva capacità umana.

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