Lamentele isolate di familiari di disabili se ne sentono, e spesso qualcuna ha avuto spazio sui giornali. Mai però era successo che insegnanti, genitori di ragazzi portatori di handicap, promuovessero in prima persona la costituzione di un gruppo “Genitori in prima linea” con il dichiarato obiettivo di «cambiare realmente le cose» nella scuola. Dunque non una presa di posizione dei “soliti” padre o madre esasperati, ma di soggetti che vivono una condizione di disagio sia come genitori di ragazzi disabili sia come insegnanti ben addentro ai meccanismi della scuola.
Tutto era iniziato nell’agosto scorso quando i genitori di un ragazzo autistico residente in Val di Non avevano denunciato l’abbandono in cui il loro figlio era lasciato sotto l’aspetto educativo-terapeutico. Gravi le loro accuse al sistema sanitario e scolastico: mancanza di responsabilità professionale; scivolamento progressivo dell’apparato in cascate infinite di competenze e di incarichi che via via sfumano le responsabilità individuali delle inefficienze; la scuola si limita a far la guardia al ragazzo e molti medici esauriscono il proprio intervento nella compilazione di documenti, nell’aggiornare cartelle e prescrivere nuovi esami per emettere altre diagnosi cui non fa seguito alcunché. Accuse molto pesanti.
Immediatamente alcuni genitori – insegnanti con figli disabili hanno fatto propria la denuncia dando vita al gruppo “Genitori in prima linea” e invitando chi avesse un problema simile a far sentire la propria voce contro un modo di affrontare l’handicap ritenuto «inadeguato e dai protocolli terapeutici superati». Accusano «Siamo costretti a prenderci carico di competenze di cui non abbiamo cognizione e che spettano ad altre ben pagate figure professionali».
Descrivono una situazione “sul campo” ben diversa da quella ufficializzata in tanti propositi di comodo: il responsabile medico della riabilitazione non si vede quasi mai a scuola e non bastano certo tre riunioni durante l’anno scolastico per mettere a punto un piano educativo individualizzato e un percorso di integrazione valido.
Gli insegnanti di sostegno devono fare da sé, abbandonati dai vari specialisti di turno e i ragazzi sono lasciati quasi sempre soli, seppure la legge prevede per loro una permanenza continua tra i compagni fatta eccezione per momenti di insegnamento individualizzato, programmato nei tempi e modi dagli insegnanti di classe.
Esprimono poi perplessità sul numero di allievi per classe in presenza di un alunno con handicap: contro i 10 -12 previsti dalle circolari ministeriali, si sale fino a 25 e più, un numero eccessivo che frammenta gli studenti in gruppi omogenei e giri di amicizie in cui è più difficile inserire il ragazzo disabile.
Il tutto reso vischioso da una burocrazia capace di regolare ogni particolare dell’intervento, dalla mansione, alla competenza, dal rispetto di orari millimetrici ai formalismi più esasperati. In tal modo l’obbligo burocratico di aver fatto comunque “qualcosa” ne esce soddisfatto a pieno: che poi esso si traduca in dimostrazione di efficienza degli uffici competenti ed in occasioni di lavoro per insegnanti permanentemente in graduatoria invece di opportunità di normalizzazione per il giovane disabile è un’altra faccenda.
Che dire? Se i termini della situazione sono questi, c’è da dubitare di tutte le intenzioni, gli studi e le sperimentazioni portati avanti in tema di superamento del handicap e mostrano brutalmente a quali impedimenti vadano incontro anche le intenzioni più innovative, come quelle di De Mauro, e le proposte più moderne, come quelle di Ianes (vedi articolo a fianco).
Gira poi voce che la Provincia intenda diminuire i fondi in trasferimento ai Comprensori per spese di servizio nelle scuole previsti nella Legge provinciale n° 30 sul diritto allo studio. Conseguenze: tagli un po’ dappertutto, dalle attività integrative alla fornitura di sussidi didattici, fino al numero di ore di insegnamento d’appoggio a ragazzi in difficoltà.
Staremo a vedere.
Ci riserviamo, esclusivamente per una pura questione di spazio, di contattare questi “Genitori in prima linea” per saperne e farvene sapere di più. In questo numero ci limitiamo a fornirvi dei numeri telefonici da contattare:
Genitori in prima linea:
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