Giocare col Terremoto

Data: 01/02/14

Rivista: febbraio 2014

Ore 3:30. Una brezza gelida turbava la notte primaverile. Due secondi e mezzo più tardi la città dell’Aquila crollò come un castello di carte. Era il 6 aprile 2009. Sotto il peso del calcestruzzo morivano 308 persone e 80 000 persero per sempre la propria casa. La terra tremò tanto da scuotere le coscienze, mentre il sangue si spargeva fra detriti e calcinacci. Come molte storie in Italia, il terremoto dell’Aquila fu una triste tragedia avvolta da menzogne.

Non si trattò di una catastrofe solo naturale. Il tremore mortale del sisma fu causato, senza ombra di dubbio, dalla forza della natura. Una scheggia di crosta terrestre, la placca Adria, sprofonda da milioni di anni sotto il continente europeo, incurante della fragile vita che accidentalmente ne occupa la superficie. Invece, le case, i palazzi, le chiese crollate e i cadaveri di bambini, donne e uomini intrappolati sotto di esse furono una tragedia umana. Una disgrazia umana non solo perché si trattava di una storia terribile di vite spezzate. Fu una catastrofe aggravata dall’uomo. I morti sono stati anche il frutto di decenni di speculazione edilizia e di criminali che hanno costruito mescolando sabbia marina al cemento. Interi palazzi costruiti fregandosene delle norme antisismiche, errori grossolani nella progettazione degli edifici, staffe di ferro nel cemento armato non a norma di legge per risparmiare sui materiali e ristrutturazioni abusive. Il parlamento italiano aveva fino allora continuamente rinviato con proroghe l’entrata in vigore di nuove normative antisismiche. A L’Aquila erano crollati il nuovo ospedale, la prefettura, la casa dello studente. Oltre alla sofferenza, la morte, le mutilazioni dei feriti, gli arti amputati, le colonne vertebrali spezzate, famiglie distrutte, cadaveri intrappolati, la devastazione, oltre i dieci miliardi di euro di danni stimati, quella notte di aprile fu anche la notte delle risate. Non le risate isteriche di chi perde il senno di fronte alle tragedie umane, né la gioia di chi nonostante avere perso tutto ritrova i propri cari. Niente di tutto questo. Risate ciniche, fredde, razionali, menti che si destarono dal sonno per fare conti, calcoli meticolosi di quanto quella calamità avrebbe fruttato. Ridevano gli imprenditori Francesco Maria De Vito Piscicelli, Gianfranco Gagliardi, Carlo Strassil, pensando ai soldi che il sisma avrebbe portato alle loro aziende immobiliari. Rideva il prefetto della città, Giovanna Iurato, al telefono con Francesco Gratteri, capo del Dipartimento Anticrimine, rimosso dopo una condanna di quattro anni per i fatti del G8 di Genova. Il prefetto ricordava divertita le finte lacrime durante i funerali delle vittime. Quelle risate indignarono l’intera nazione quando finirono sui giornali, ma molti altri risero di cui nessuno ha mai saputo: affaristi, speculatori, mafiosi, politici. Non posso non immaginarmi i ghigni di questi uomini, una gioia irrefrenabile per il regalo inaspettato che madre natura aveva fatto loro. L’emergenza avrebbe offerto la possibilità di saltare le procedure delle gare d’appalto, evitare fastidiosi vincoli burocratici, infiltrarsi nella Protezione Civile, maggiorare i prezzi su qualsiasi cosa ed avere accesso ad una vera e propria montagna d’oro: i soldi della ricostruzione di un’intera città. Ciò che pochi sanno è che quella notte ridevano anche le compagnie dell’azzardo. Quel terremoto nella primavera del 2009 cambiò la storia dell’azzardo in Italia.

In fretta e furia fu varato il “Decreto Abruzzo”. Il governo, allora presieduto da Silvio Berlusconi doveva risolvere il problema dell’emergenza e trovare i fondi per la ricostruzione. La copertura economica di 1152 milioni di euro prevista dal decreto venne assicurata tagliando gli aiuti alle famiglie per 300 milioni, riducendo la spesa per sanità e farmaci di 380 milioni e soprattutto liberalizzando, estendendo, aumentando senza confini l’offerta dei giochi d’azzardo. Giornali e telegiornali annunciarono l’arrivo di un nuovo gratta e vinci per l’Abruzzo, il “Gratta Quiz”, nome orribile per un gioco altrettanto stupido. Secondo i trionfalistici annunci del governo avrebbe dovuto portare non meno di 500 milioni di euro all’anno da destinare interamente al restauro del capoluogo abruzzese. Naturalmente il “gratta quiz” era solamente lo specchietto per le allodole, fu un flop terribile e fu presto ritirato dal mercato. Nel frattempo vennero concesse ulteriori estrazioni del Lotto e nuove varianti, venne introdotto il WinForLife, nuove scommesse ippiche V7, la possibilità del cash game nel poker, i casinò online, venne legalizzata la possibilità delle scommesse tra giocatori, il betting exchange. La vera rivoluzione del decreto Abruzzo fu l’introduzione di una nuova tipologia di slot machine: le Video Lottery Terminal.

Le VLT sono monoliti tecnologici di 1,5 – 2 metri di altezza. Veri e propri totem. Inamovibili pietre consacrate all’azzardo. Le slot machine fino ad allora presenti in Italia erano le “New Slot”, le macchinette che possiamo trovare negli angoli di quasi ogni bar, edicola e tabaccaio. Delle dimensioni di un jukebox, le New Slot sono piccole e hanno limiti notevoli. Accettano solo spiccioli. Ogni new slot è costituita da un unico gioco, ma fondamentalmente sono tutte dei rulli elettronici, simili alle vecchie slot da far west. Ogni giocata ha il costo di un euro e la vincita massima è di cento euro. Il pay-out, ovvero la percentuale dei soldi immessi che ritorna ai giocatori sotto forma di vincite (dopo una media di trentamila giocate), è fissata al 75%. Ogni New Slot possiede una scheda elettronica che ne controlla il funzionamento. Modificarla non è impossibile e molti negozianti con una minima conoscenza di elettrotecnica sono stati in grado di alterarla senza difficoltà. Le vlt sono tutt’altra cosa. Non hanno schede manipolabili come le new slot. Sono tutte collegate tramite rete a server remoti. Si può effettuare una giocata a partire da 50 centesimi, ma si può introdurre fino a 2 000 euro in un colpo solo. Ogni videolottery può offrire decine di giochi diversi, selezionabili a inizio partita tramite il comodo touchscreen. I giochi vengono costantemente aggiornati, modificati a seconda delle preferenze dei giocatori. Piccole costanti migliorie al fine di indurre le persone a giocare sempre di più. Il fascino delle VLT non è dato solo dall’estetica: hanno moltiplicato a dismisura le possibilità di vincita. Il montepremi di ogni macchinetta raggiunge i 5 000 euro, ma è possibile partecipare al jackpot di sala di 100 000 euro e a quello nazionale di 500 000 euro. Tutto è scientificamente studiato nei minimi particolari. Le vlt accettano monete, banconote, schede prepagate, smartcard e ticket. Furono introdotte come “sperimentazione”, cosa che garantiva un prelievo fiscale ridicolo del 2%. Una tassazione incredibilmente bassa, considerato che le VLT, da sole, costituiscono quasi il 20% del fatturato dei giochi. Il decreto Abruzzo è stato l’ultimo pezzo del sistema che negli ultimi vent’anni ha trasformato l’Italia in uno dei più grandi motori mondiali dell’azzardo.

Fonti:

  • www.huffingtonpost.it
  • www.repubblica.it
  • www.ilfattoquotidiano.it
  • www.corriere.it

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